7) La promessa dell’assassino (David Cronenberg, 2007)
Un Viggo al giorno toglie il medico di torno. Ah, non era così? Ma tornando seri, l’accoppiata Mortensen e Cronenberg (che, solo così, è uno scioglilingua) non smentisce mai. Il regista è maestro indiscusso del body horror e Viggo si presta più che volentieri ai complessi ruoli proposti dal collega canadese. I due hanno collaborato anche in A History of Violence (2005) e Crimes of the future (2022). Ne La promessa dell’assassino rientra tra i migliori film su Prime Video perché, qui, Cronenberg adotta un approccio diverso, più sottile allo studio del corpo. Si fa meno materiale e più psicologico.
La violenza è cruda, reale, brutale. Nulla è fine a sé stesso. Essa è, nelle mani del regista (e letteralmente in quelle di Nikolai Luzhin, il protagonista), strumento per analizzare la criminalità, come condizione della moralità umana. In un mix tra noir e thriller, il sensazionalismo e la spettacolarizzazione si annullano (guardate la scena nella sauna e capirete). Ciò che resta sono gli esiti sulla psiche dei personaggi. L’autista (Mortensen) incarna sia fascino, che minaccia. Allo stesso tempo è complesso e ambiguo, in una delle migliori interpretazioni dell’attore.
Identità, famiglia, lealtà e sacrificio sono alla base del codice d’onore dei membri della mafia russa, analizzata dal film. Il confine tra bene e male è sottilissimo e la tensione tra le aspirazioni personali e il mondo criminale è in costante equilibrio, sull’orlo di un dirupo. Il Body Horror viene esplorato nella sua dimensione concettuale. I tatuaggi-curriculum degli assassini sono marchi. Di appartenenza e di costrizione. Il corpo è parte integrante di noi, è simbolo della nostra identità. Il film, quindi, ci chiede: cosa significa fare del nostro corpo un’arma a disposizione per altri? Incarnare, interpretare questo ruolo per sopravvivere a che serve?
8) Fuga da Pretoria (Francis Annan, 2020)
Per concludere, vi proponiamo un film ispirato a una storia vera. Francis Annan ci racconta, in questo thriller carcerario, di Tim Jenkin (Daniel Radcliffe) e Stephen Lee (Daniel Webber), due attivisti anti-apartheid bianchi arrestati per aver distribuito volantini contro il regime sudafricano. La narrazione, quindi, è radicata in un contesto storico reale e significativo, offrendo uno spaccato delle lotte politiche e sociali degli anni ‘70 in Sudafrica. Ambientato all’interno del carcere di Pretoria, i due protagonisti pianificano la loro fuga, utilizzando abilità ingegnose e tattiche di sopravvivenza. La suspense e la tensione la fanno da padrone, accompagnate da un ritmo serrato e intenso. I tempi morti sono molto pochi e l’attenzione viene mantenuta sempre alle stelle.
Diritti umani, ideologia, giustizia. Il film celebra la resilienza e il desiderio di libertà umani, nonostante il caro prezzo da pagare per ottenerli. La fuga è simbolo di speranza. E nel contesto dell’apartheid, è speranza per un futuro migliore. Quello di Fuga da Pretoria è un cinema di denuncia sociale e politica. Sebbene il regime dell’apartheid sia terminato, non è così per tanti altri. Purtroppo, l’assoggettamento resta un tema universale e la fuga, in tutte le sue forme, da un carcere o da un Paese, è una promessa, una speranza, un auspicio per il futuro.
Nonostante la breve durata, Fuga da Pretoria riesce a raccontare una storia poco conosciuta di un momento storico delicato, che ha segnato la storia recente.. E lo fa mantenendo il ritmo e l’audacia di un racconto reale e crudo. Ecco perché vale la pena inserirlo nella lista dei migliori film presenti su Prime Video.