Ne Il talento di Mr. C, la domanda di Javi (Pedro Pascal) “Qual è il tuo film preferito?” lascia spiazzato e interdetto Nicolas Cage. La risposta, dopo un’agognata riflessione sulla storia del cinema, sulla regia, sulla recitazione, non può che non ricadere su un “filmone”: Il gabinetto del dottor Caligari di Robert Wiene del 1920. Risposta da secchioni? Forse, ma in ogni caso funziona perché Wiene si inserisce tranquillamente tra le schiera dei migliori registi del cinema. Invece, è la risposta di Javi che confonde veramente il povero Nic Cage. Il film preferito del milionario che ospita il protagonista di Face Off, infatti, è poco niente di meno che Paddingtone 2. Una risposta che lascia sbigottiti. Da un lato un Nicolas Cage sconvolto, dall’altro, fuori dallo schermo, uno spettatore divertito e contemporaneamente incuriosito.
Perché questo preambolo? Per dirvi che, a volte, sono proprio quei film snobbati dalla maggior parte di noi che, in realtà , sono veramente memorabili. E questo accade anche per i film dei migliori registi del cinema. Si, hanno sicuramente i loro cavalli di battaglia, che tutti hanno visto (si spera) e che rientrano tra i migliori film della storia (qui trovi quelli secondo IMDb). Tuttavia, anche tra i grandi, tra le leggende, parecchi film cadono ingiustamente nel dimenticatoio.
Anche tra i migliori registi del cinema esistono chicche dimenticate. Rivediamole!
1. Radio Days – Woody Allen
Tra i registi più prolifici, Mr. Allen è ben noto per il suo stile distintivo e i film che hanno segnato il modo di fare cinema. Da Manhattan (1979), Io e Annie (1977), Harry a pezzi (1997), fino a Midnight in Paris (2011), Blue Jasmine (2013) e Cafè Society (2016). Sono decine e decine i film che Woody Allen ha portato sul grande schermo (e nel 2016 ha pure tentato un debole approdo televisivo). Di molti ce ne ricordiamo, mentre altri sfuggono alla selezione dei film più memorabili del regista. Uno di questi è Radio Days (1987).
Infanzia, famiglia, legami sentimentali, etica: i temi “classici” in Allen accomunano Radio Days agli altri film del regista. Tuttavia, è la struttura del film a differenziarsi e rendere la pellicola, in questo modo, unica. Una serie di quadri comici ambientati negli anni ’30 e ’40 – anni di infanzia di Allen, nato nel ’35 – pone le basi per un confronto tra la vita di una famiglia ebrea del Queens newyorkese e il mondo dello show-biz. Il punto di incontro è proprio quello della radio. Il voice-over di Allen – che torna in Cafè Society, ben 29 anni dopo – è il filo rosso che unisce i diversi racconti, dando la vera sensazione di continuità al film.
Lo sfondo semi-autobiografico della famiglia di Allen/Joe (Seth Green) si incontra con le star proprio tramite il mezzo della radio. Allo stesso modo dei suoi eredi (cinema e tv), il media-radio è punto di incontro tra realtà e fantasia/mondo idealizzato. La musica e il sonoro, per forza di cose, la fanno da padroni. In questo film, l’immagine rinuncia al ruolo da protagonista, invece acquista la funzione di completamento al suono e alla sua funzione narrante.
2. Alice non abita più qui – Martin Scorsese
Tra le opere di Martin Scorsese, maestro del cinema noto per capolavori come Taxi Driver e Quei bravi ragazzi, c’è un film che spesso viene trascurato: Alice non abita più qui (1974). Questo film dimenticato merita di essere sicuramente ricordato e recuperato perché il machismo su cui la cinematografia firmata Scorsese si sofferma di solito viene abbandonato. Questa volta il dramma intenso e delicato ha il focus su un personaggio femminili nel ruolo da protagonista. La punto di vista al femminile si riflette anche sull’approccio alle difficoltà quotidiane affrontate dalla protagonista. Il modo si fa intimo e autentico.
Protagonista è Alice Hyatt (direttamente dal set de L’esorcista, Ellen Burstyn, premiata con l’Oscar per questa interpretazione), una donna che, rimasta vedova, intraprende un viaggio alla ricerca di una nuova vita con il figlio adolescente. Lontano dal mondo violento e maschile che spesso popola i film di Scorsese, Alice non abita più qui esplora temi come l’indipendenza, la resilienza e la lotta per la propria identità in un contesto di solitudine e precarietà . L’abilità registica si combina con una nuova ottica, quasi documentarista, e Scorsese consegna allo spettatore e alla spettatrice (a cui forse il film parla maggiormente) una storia tanto personale quanto universale.
Una sensibilità da one-shot?
La sensibilità del film, unita a dialoghi brillanti e personaggi profondi, lo rende una perla rara nel panorama del cinema degli anni ’70. È anche un’anticipazione di temi che diventano centrali nel cinema degli ultimi dieci/quindici anni, come il ruolo delle donne e la complessità delle relazioni familiari. Recuperare Alice non abita più qui significa riscoprire un lato diverso di Scorsese e un film che, nonostante sia meno celebrato, ha ancora molto da dire al pubblico di oggi. Un lato, questo di Scorsese, che meriterebbe di essere esplorato di più dallo stesso regista, dato che sembra essere lungi dall’andare in pensione.