3) Ava DuVernay – “I Will Follow”
Ava DuVernay, una delle voci più potenti e influenti nel panorama cinematografico contemporaneo, ha fatto il suo debutto registico con il film “I Will Follow” nel 2010. Questo film indipendente, intimo e profondamente emotivo, ha segnato l’inizio di una carriera brillante, caratterizzata da un’attenzione particolare alle storie umane, alle ingiustizie sociali e alla rappresentazione delle esperienze afroamericane.
“I Will Follow” racconta la storia di Maye, una donna che ha da poco perso la zia alla quale era profondamente legata, Amanda. La trama si svolge nell’arco di una sola giornata, mentre Maye raccoglie tutti gli effetti personali di Amanda e riflette sulle lezioni di vita apprese da donna. Attraverso una serie di incontri con amici, familiari e sconosciuti, il film esplora temi come il lutto, guarigione e resilienza. Si tratta di un racconto intimo, toccante ed emozionate che dimostra come i film possano davvero diventare delle finestre sull’anima.
Con pochissimo budget, la DuVernay-regista regala una delle migliori lezioni di cinema.
La regista ha continuato a infrangere barriere e a ridefinire, nel migliore dei modi, il ruolo delle donne nel cinema. Prima con Selma e poi con la serie tv When They See Us, la DuVernay continua a parlare della comunità afroamericana con passione e consapevolezza. In un panorama cinematografico forse ancora troppo legato a certe dinamiche e stereotipi, la regista sposta l’attenzione sui diritti degli afroamericani sena tanti giri di parole. Il debutto di DuVernay con I Will Follow non è solo un testamento del suo talento ma anche un punto di svolta nel cinema indipendente, dimostrando che storie intime e personali possono avere un impatto universale. Il film ha segnato l’inizio di una carriera straordinaria, che continua a ispirare e a sfidare le convenzioni del cinema tradizionale.
4) Dan Gilroy – “Lo sciacallo”
Nel cinema dell’ultimo decennio, uno dei registi migliori e sorprendenti è stato senza dubbio Dan Gilroy con Lo Sciacallo – Nightcrawler. Il thriller psicologico non solo ha messo in luce le straordinarie capacità narrative di Gilroy, ma ha anche offerto una riflessione inquietante sulla moralità, l’ambizione e l’ossessione per il successo nei media moderni.
Oltre a essere il grande Oscar mancato di Jake Gyllenhaal.
La storia ruota attorno a Louis Bloom, un uomo senza scrupoli disposto a tutto pur di sfondare nel mondo del giornalismo televisivo. Scopre così il mondo dei “nightcrawlers”, freelance che riprendono scene di crimini violenti e incidenti per venderle alle emittenti televisive. La sua ambizione e totale mancanza di etica lo portano, però, a superare ogni limite, non solo riprendendo l scene più scioccanti ma addirittura a crearne lui stesso. I grandi punti di forza della pellicola sono due. Il primo è il suo interprete. Gyllenhaal ha perso peso in modo significativo, contribuendo a creare un personaggio dall’aspetto emaciato e inquietante. La sua performance è intensa e magnetica, capace di catturare perfettamente la personalità manipolatrice e disturbata di Louis.
Il secondo punto è la sceneggiatura originale, valsa a Gilroy una nomination agli Oscar. Il regista esplora con maestria temi come l’ossessione per il successo, la manipolazione dei media e la desensibilizzazione della società di fronte alla violenza. Bloom è l’incarnazione vivente della fame per il successo che pervade la società contemporanea. Quel bisogno ferale di apparire e “essere”, persino a costo di vendersi l’anima. Lo sciacallo del titolo indica quindi non solo il ruolo interpretato dal protagonista ma un vero e proprio modo di esistere, di vivere all’interno della società nutrendosi delle sue carcasse e depredandola.