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I 10 migliori debutti in regia nel cinema dal 2010 a oggi

7) Olivia Wilde – “Booksmart”

Kaitlyn Dever e Beanie Feldstein in una scena di Booksmart, appoggiate agli armadietti di scuola, con uno dei migliori registi del cinema

Un film rivelazione sia per la sua regista, Olivia Wilde, sia per le due giovanissimi interpreti, Kaitlyn Dever e Beanie Feldstein. Un trampolino di lancio per tre carriere che speriamo davvero possano brillare. Prima del chiacchierato Dont’ Worry Darling, conosciuto più per i suoi retroscena che per la validità stessa del film (qui la nostra recensione), la Wilde aveva già debuttato come regista con Booksmart. La pellicola del 2010 racconta la storia di Amy e Molly, due studentesse modello che, alla vigilia del diploma, si rendono conto di aver dedicato tutta la loro vita scolastica allo studio, trascurando completamente il divertimento. Determinate quindi a recuperare il tempo perso, decidono di vivere una notte di follie prima di laurearsi.

La trama è davvero molto semplice riprendendo una lunga tradizione di teen movie, il cui esempio più efficace è Superbad. Nonostante, però, la presenza massiccia di film che trattano dello stesso argomento, Booksmart riesce a distinguersi e a rappresentare un unicum. I meriti vanno alle diverse componenti che hanno contribuito al successo del film. Tra questi, spicca il talento naturale di Olivia Wilde dietro la macchina da presa. L’attrice adopera, infatti, una regia dinamica e creativa, con inquadrature innovative e sequenze che catturano perfettamente l’energia frenetica dell’adolescenza.

Emotività e comicità sono ben bilanciate e si intrecciano l’una all’altra senza mai prevalere. Uno dei migliori debutti al cinema del decennio per la regista Olivia Wilde.

Il film affronta poi temi come l’identità sessuale e l’autodeterminazione, rappresentando un faro di inclusione positività per la Gen Z. Senza mai risultare per questo predicatorio. Amy è una giovane ragazza apertamente gay, ma la sua sessualità non è mai il fulcro del suo personaggio ma semplicemente una parte di chi è. Anche per questo motivo Booksmart è stato accolto con entusiasmo dalla critica, ricevendo elogi per la sua freschezza e un impressionante 96% su Rotten Tomatoes.

8) Ari Aster – “Hereditary”

un'inquietante inquadratura della protagonista del film horror Hereditary, con uno dei migliori registi del cinema

Nel 2018, Ari Aster fa la sua comparsa sulla scena cinematografica distinguendosi da subito per il talento spaventoso quasi quanto i suoi film. Hereditary (considerato tra i film più disturbanti degli ultimi cinque anni) racconta la storia della famiglia Graham, che deve affrontare una serie di eventi inquietanti e tragici dopo la morte della matriarca, Ellen. La trama si sviluppa attraverso una serie di rivelazioni oscure e disturbanti, che coinvolgono segreti di famiglia e pratiche occulte. Quando l’ennesimo tragico lutto li colpisce, ecco che Anne e il resto del clan Graham vanno tragicamente a pezzi.

Il lutto e la malattia mentale diventano, nelle mani di Aster, tare genetiche dal sapore tragico. Non c’è possibilità di fuga, non si può sfuggire al destino che incombe su ogni membro della famiglia Graham. Nel vano tentativo di opporsi alla volontà delle Parche, non fanno altro che accelerare l’inevitabile taglio del filo. La narrazione di Aster è lenta e metodica, costruendo così la tensione in modo graduale fino a un climax devastante. Pur trattandosi del suo primo progetto al cinema, il regista ha dimostrato una notevole padronanza del mestiere migliorandosi poi con il tempo. Inquadrature statiche, movimenti di macchina fluidi e una colonna sonora dissonante si combinano insieme in maniera disturbante e affascinante.

Impossibile staccare gli occhi di dosso alla tragedia vivente che è Hereditary.

Una costante del lavoro di Aster, come anche avverrà nei prossimi lavori, è dunque quella di combinare insieme il dramma psicologico con l’orrore sovrannaturale. La domanda che lo spettatore si pone spesso e volentieri è se quello che sta accadendo sullo schermo stia effettivamente accadendo. O se forse si tratti solo delle turpe psichiche dei suoi protagonisti. La narrazione horror trova ulteriore realizzazione nella regia meticolosa e dettagliata. In Hereditary, per esempio, le miniature di Annie riflettono gli eventi della sua vita reale e diventano un simbolo potente della sua incapacità di controllare il proprio destino. Aster usa questi elementi visivi per sottolineare il tema dell’ineluttabilità del destino, un filo conduttore che permea l’intera pellicola.

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