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ATTENZIONE: il seguente articolo contiene spoiler su Un film Minecraft.
Quando Markus Persson, meglio conosciuto come Notch, rilasciò la prima versione alpha di Minecraft nel 2009, probabilmente non immaginava che quel piccolo progetto nato quasi per caso sarebbe diventato uno dei fenomeni culturali più influenti del XXI secolo.
Con oltre 300 milioni di copie vendute in tutto il mondo, Minecraft non è solo un videogioco. È un linguaggio universale, un laboratorio creativo infinito, un rifugio per sognatori e costruttori di ogni età.
È il luogo dove chi vi scrive, dopo innumerevoli tentativi, ha imparato a mettere insieme i blocchi giusti per creare accostamenti cromatici almeno accettabili. Qui ha passato notti virtuali, e reali, esplorando biomi sempre diversi, cercando quel posto perfetto per costruire la propria base. Dove ha progettato farm automatiche, affrontato dungeon e mineshaft pieni di pericoli. Dove ha combattuto contro creeper, zombie, enderman e boss di ogni tipo, a volte con successo, a volte meno. E dove, infine, si è emozionato come un bambino davanti ai primi diamanti, trovati scavando nelle profondità della terra, proprio alla giusta altezza.
Il sogno (complicato) di un film
Perché Minecraft è un mondo che evolve con chi ci gioca. Che permette di essere architetto, esploratore, agricoltore, allevatore. Ma anche guerriero. O semplicemente un sognatore che vuole solo lasciare il segno.
Per anni, i fan hanno atteso con trepidazione l’annuncio di un adattamento cinematografico. Quando finalmente, nel 2014, Mojang Studios e Warner Bros. Pictures confermarono lo sviluppo di un film, il mondo dei giocatori fu invaso da un misto di emozioni contrastanti. C’era chi era entusiasta all’idea di vedere trasposto sul grande schermo il proprio mondo virtuale preferito. Chi era scettico su come si potesse tradurre un gioco sandbox , sostanzialmente privo di una storia lineare e con infinite possibilità creative, in una narrazione filmica. E chi oscillava tra curiosità e timore. Poteva un film davvero catturare l’essenza di Minecraft, quella sensazione di libertà assoluta che spinge a costruire, distruggere e reinventarsi senza limiti? E soprattutto, poteva farlo senza tradire lo spirito del gioco?
Dalla speranza al grande schermo

Le sfide erano enormi. Come si racconta una storia in un mondo dove non esiste una trama predefinita? Come si rappresenta visivamente l’estetica pixelata e minimalista del gioco senza perderne la magia? E come si coinvolge un pubblico così vasto e diversificato, che include bambini che hanno appena scoperto il gioco e adulti che vi hanno dedicato migliaia di ore? Le risposte a queste domande sono rimaste incerte per oltre un decennio. Durante il quale il progetto ha attraversato cambi di regia, sceneggiature riscritte e ritardi infiniti. A un certo punto, sembrava che il film fosse destinato a rimanere bloccato nel limbo dello sviluppo, proprio come una build incompiuta in Creative Mode.
Ma poi è arrivato Jared Hess, il regista dietro Napoleon Dynamite (2004). La scelta di Hess, con il suo stile bizzarro e dal sapore retrò, ha acceso una scintilla di speranza. Se qualcuno poteva trovare un modo originale di portare Minecraft sul grande schermo, forse era lui. Dopotutto, Napoleon Dynamite è un film che celebra gli outsider, i sognatori e i ribelli gentili – qualità che risuonano profondamente con lo spirito di Minecraft. Ma anche con questa fiducia, le domande rimanevano. Sarebbe stato possibile trasformare un gioco che è essenzialmente un atto di pura creatività individuale in un prodotto cinematografico mainstream? O ci saremmo ritrovati con un altro adattamento superficiale, più interessato a capitalizzare sul marchio che a onorarne il cuore?
Un viaggio a blocchi… un po’ piatto
Ora che A Minecraft Movie è finalmente arrivato nelle sale, dopo un’attesa che sembrava infinita, è tempo di scoprire se il risultato è all’altezza delle aspettative. O se, invece, è destinato a diventare una delle tante delusioni hollywoodiane basate su franchise amati.
Se Minecraft è un gioco che celebra la libertà creativa, il suo adattamento cinematografico sembra aver preso una strada più prevedibile. La trama di A Minecraft Movie segue la classica struttura in tre atti, ma lo fa con una certa fretta. Così facendo i momenti narrativi appaiono quasi come semplici passaggi obbligati per arrivare alla battaglia finale. Per fare un paragone con il gioco è come se avessero deciso di costruire una casa utilizzando un unico materiale. Funziona, certo, ma manca di personalizzazione.
A Minecraft Movie: Personaggi in cerca di sviluppo

La storia inizia si svolge in una piccola città dell’Idaho dove Natalie (Emma Myers) e suo fratello Henry (Sebastian Hansen), segnati dalla perdita della madre, cercano di ricominciare una nuova vita. Natalie ha appena ottenuto un lavoro per gestire i social media di una fabbrica di chips, mentre Henry, creativo e sognatore, si ritrova alle prese con la scuola e l’esplorazione della nuova città. I due fratelli prendono casa grazie all’eccentrica agente immobiliare Dawn (Danielle Brooks), che tiene un alpaca nel bagagliaio della sua auto come parte del suo zoo itinerante.
Poi c’è Garrett “The Garbage Man” Garrison (Jason Momoa), un ex campione di videogiochi arcade ormai decaduto, che vive circondato dai simboli della sua gloria passata.
Steve, cubi magici e strega cattiva
Questi personaggi, apparentemente scollegati, vengono catapultati nell’Overworld dopo aver scoperto casualmente un misterioso cubo magico. Qui incontrano Steve (Jack Black), un adulto con la sindrome di Peter Pan, deciso a lasciare la realtà per vivere, giustamente (?), nella fantasia di Minecraft.
Il gruppo deve unirsi per fermare Malgosha (Rachel House, doppiata da Mara Maionchi), una regina malvagia che governa il Nether e minaccia di distruggere l’Overworld utilizzando il potere del cubo. Ma, nonostante la premessa promettente, la narrazione rimane un po’ all’acqua di rosa. I personaggi risultano bidimensionali e non mostrano una significativa crescita lungo il percorso.
Henry, che diventa eroe per caso, dimostra di comprendere meglio di tutti il mondo di Minecraft creando un oggetto che nel gioco, in realtà, non esiste. Ma poi la sua creatività, che poteva essere uno spunto interessate, resta ferma lì. Sua sorella Natalie ha un ruolo marginale e il rapporto tra lei e Henry, che dovrebbe essere uno dei pilastri emotivi del film è praticamente ridotto a poche battute. Non sappiamo nulla della loro storia familiare, né ci viene dato un motivo valido per cui dovremmo preoccuparci del loro legame.
Lo stesso possiamo dire del resto del gruppo. Garrett è il classico burbero che si capisce subito ha un cuore tenero. E Dawn ha momenti divertenti ma il suo personaggio non viene mai sviluppato oltre queste bizzarrie un po’ superficiali.
E poi c’è Steve, cuore del gioco originale, che però in diversi momenti appare una macchietta comica ripetente slogan motivazionali sulla creatività. Jack Black si impegna, lo si intuisce, ma è difficile prendere sul serio il suo personaggio che sembra quasi una parodia di se stesso.
Il messaggio c’è ma… non scava

Se c’è un tema che A Minecraft Movie cerca di esplorare con convinzione, è quello della creatività come forma di autoespressione. Il film si sforza di trasmettere l’idea che ognuno di noi ha il potere di creare qualcosa di unico, di dare vita alle proprie idee e di lasciare un segno nel mondo. Proprio come avviene nel gioco. Ma qui sorge un problema: questa idea, pur essendo al centro del film, viene trattata in modo quasi didascalico. I dialoghi sono diretti, i momenti di riflessione sono pochi e spesso inseriti forzatamente tra una battuta e l’altra. È chiaro che il film vuole celebrare la libertà creativa, ma lo fa in un modo che sembra più un tributo superficiale che una vera celebrazione.
La scelta di rendere i personaggi poco sviluppati e le loro relazioni scarsamente approfondite può essere vista come una strategia deliberata per renderli più accessibili ai bambini, il pubblico principale del film. Un adulto potrebbe trovare frustrante la mancanza di profondità nei legami tra i protagonisti, ma in sala i bambini hanno riso e applaudito alle stranezze del duo formato da Jason Momoa – Steve Black. Questi due attori, con la loro energia, riescono a portare sullo schermo una unione buffa e improbabile che funziona come momento di puro intrattenimento. Si ha quindi un compromesso necessario per permettere ai piccoli spettatori di immedesimarsi facilmente nei protagonisti e di godersi il viaggio senza troppe complicazioni emotive.
E la community?
Tuttavia, questo approccio ha un costo significativo. Il film perde l’opportunità di esplorare uno degli aspetti più belli di Minecraft, ovvero il senso di comunità che si crea quando si gioca insieme. Nel gioco, collaborare con gli altri per costruire qualcosa di grandioso o per affrontare sfide come la sconfitta dell’Ender Dragon è un’esperienza che va oltre la semplice meccanica del gioco. È un momento di connessione, di condivisione, di amalgama tra diverse personalità che lavorano insieme verso un obiettivo comune. Si creano amicizie che durano decenni (e chi vi scrive ne sa qualcosa essendo in sala insieme ad altri quattordici guidati tutti da Stellinadibi e Isilwen). Questo elemento cruciale, che rappresenta il cuore pulsante del multiplayer di Minecraft, nel film risulta senza il giusto approfondimento.
I personaggi si trovano insieme perché la trama li costringe a farlo. Nonostante abbiamo bisogno l’uno dell’altro viaggiano su strade parallele fino alla battaglia finale dove si ritrovano insieme quasi per caso. Manca un po’ di calore umano che deriva dal lavorare fianco a fianco. Manca quella sensazione di meraviglia che si prova quando, dopo ore e ore di costruzione si vede prendere forma il proprio progetto nel gioco. È assente quel senso di orgoglio che deriva dal sapere che ogni blocco posizionato rappresenta un contributo personale per qualcosa di più grande.
Minecraft: con o senza shaders?

Se c’è un aspetto in cui A Minecraft Movie riesce a brillare, è la sua capacità di riprodurre l’estetica iconica del gioco. Il film si sforza di restituire l’atmosfera squadrata di Minecraft con un mix di texture realistiche e forme geometriche squadrate, creando un mondo visivamente riconoscibile per i fan. I paesaggi sono colorati e vibranti e alcuni dettagli strappano sorrisi di riconoscimento. Anche il sonoro merita un plauso: i suoni caratteristici del gioco, dal tintinnio del minerale estratto al brontolio dei mob ostili, sono riprodotti quasi alla perfezione, regalando momenti di autentico piacere ai giocatori più affezionati.
Tuttavia, non tutto funziona allo stesso modo. Se alcuni elementi visivi colpiscono nel segno, altri risultano decisamente inquietanti. I villager sono una delle scelte più discutibili del film. Con i loro volti deformi e le loro movenze innaturali, sembrano usciti da un incubo anziché dal gioco. La mancanza di innovazione visiva rispetto a film come The Lego Movie è evidente, ma va anche detto che questa scelta è probabilmente intenzionale. Mentre The Lego Movie ha ridefinito l’estetica dei mattoncini trasformandola in un’esperienza visiva dinamica e moderna, A Minecraft Movie preferisce rimanere ancorato all’estetica originale del gioco, sacrificando creatività visiva in favore di una fedeltà che, sebbene apprezzabile, risulta talvolta limitante.
L’ovvio uso massiccio di CGI è un altro punto controverso. Se da un lato permette di ricreare l’Overworld e il Nether con una certa accuratezza, dall’altro rende alcune scene eccessivamente artificiali, soprattutto quando gli attori interagiscono con gli ambienti digitali. Alcuni effetti sembrano usciti direttamente dagli anni 2000, e questo può risultare distruttivo per lo spettatore più esigente. Tuttavia, per i bambini e i fan più giovani, queste scelte tecniche passano inosservate, lasciando spazio solo alla meraviglia di vedere il proprio gioco preferito prendere vita sul grande schermo.
Una commedia per bambini con qualche lampo di talento
Anche la scelta del cast riflette questa intenzione. Gli attori più esperti, come Jack Black e Jason Momoa, si divertono nei loro ruoli esagerati, mentre i personaggi più giovani cercano di portare avanti una narrazione che spesso li lascia ai margini. Tuttavia, tra tutti i protagonisti, c’è una performance che merita particolare menzione: quella di Emma Myers.
La giovane attrice è l’unica del gruppo che subisce una vera trasformazione. A causa della morte della genitrice è costretta a interpretare i panni di una madre piuttosto che quelli di una sorella. E in un momento di intima confessione con Dawn lo ammette aggiungendo una sfumatura di profondità al suo personaggio. Questa avventura la trasforma da ragazza insicura a guerriera coraggiosa, pronta a combattere e a proteggere i suoi compagni. Emma Myrs è brava a gestire questa evoluzione con una certa naturalezza riuscendo a bilanciare momenti di vulnerabilità con scene d’azione divertenti e credibili.
Jack Black e Jason Momoa, invece, sono ciò che ci si aspetta da loro: due personalità carismatiche che si lasciano andare a interpretazioni sopra le righe. Black è un concentrato di energia infantile e battute autoironiche, ma la sua performance rischia di diventare ripetitiva dopo un po’. Lo vediamo cantare canzoni improbabili e fare facce buffe. Certo, fa ridere – soprattutto i bambini – ma manca quel tocco di originalità che avrebbe potuto renderlo memorabile. Momoa, dal canto suo, interpreta il suo personaggio con un mix di spacconeria anni ’80 e fragilità nascosta. La sua giacca rosa e i suoi atteggiamenti burberi strappano sorrisi, e quando si lascia andare alla comicità fisica dimostra di avere un tempismo impeccabile. Peccato che il suo personaggio rimanga confinato al ruolo di macchietta, senza mai approfondire davvero il suo passato da campione di videogiochi o il suo rapporto conflittuale con il presente.
L’umorismo del film, purtroppo, non sempre funziona. Molte delle battute sembrano forzate, inserite solo per strappare una risata facile. Il tono generale è quello di una commedia slapstick pensata per intrattenere i bambini, ma che lascia gli adulti freddi. I giochi di parole e le situazioni esagerate fanno parte del linguaggio cinematografico scelto per il film, e in questo senso sono coerenti con il target di riferimento. Tuttavia, quando si cerca di aggiungere un livello di umorismo più maturo, come nella sottotrama di dedicata a Jennifer Coolidge, il risultato è spesso cringe. Anche qui, però, va detto che il film non cerca di essere sofisticato: vuole far ridere i bambini, e sotto questo aspetto riesce nel suo intento.
A Minecraft Movie: un esperimento imperfetto ma sincero

A Minecraft Movie è esattamente ciò che promette di essere: un film pensato principalmente per intrattenere i bambini, con una buona dose di umorismo spensierato e una fedeltà visiva al gioco originale che strapperà sorrisi ai fan. Non è un capolavoro, né un adattamento che riesce a catturare appieno lo spirito illimitato e creativo di Minecraft. Ma nemmeno la schifezza che alcuni critici più severi potrebbero etichettarlo. È un film con dei compromessi che lo rendono visibile ma che non lascerà il segno. È come quell’update che speri sia la svolta ma che non ha le slab verticali. E non sai perché.
La sceneggiatura segue una struttura narrativa tradizionale e prevedibile, eppure riesce a trasmettere un messaggio positivo sulla creatività e sull’importanza di essere se stessi. Certo, ci sono momenti in cui l’esecuzione vacilla, come quando Jack Black si lancia in una delle sue canzoni demenziali che ormai conosciamo fin troppo bene. Ma nel complesso il film mantiene un tono leggero e coinvolgente. Gli adulti potranno storcere il naso di fronte a gag forzate o dialoghi didascalici, ma difficilmente riusciranno a rimanere indifferenti di fronte all’energia del cast e alla cura con cui sono stati riprodotti gli elementi iconici del gioco.
Il vero successo di A Minecraft Movie sta nella sua capacità di bilanciare l’intrattenimento per bambini con tocchi di nostalgia per gli adulti. Chi si aspettava un’opera ambiziosa e innovativa, capace di reinventare il linguaggio cinematografico come fece The Lego Movie, probabilmente resterà deluso. Come l’update di cui sopra. Ma chi si avvicina al film con aspettative più modeste, pronto a godersi un’avventura colorata e senza troppe pretese, troverà sicuramente qualcosa che lo coinvolgerà. Abbiamo sorriso durante le scene d’azione, applaudito ai riferimenti al gioco e fatto una smorfia di fronte alle battute più scontate, ma alla fine siamo usciti dalla sala con un senso di soddisfazione.
Forse è proprio così che dovremmo vedere A Minecraft Movie: come un esperimento audace, un tentativo di trasformare un’esperienza aperta e infinita in una narrazione lineare e accessibile. Non era facile farlo e sebbene il risultato non sia perfetto, è comunque un’esperienza piacevole. Forse il film che Minecraft merita davvero, uno più audace, più profondo e meno legato alle convenzioni hollywoodiane, è ancora da realizzare. Ma nel frattempo, A Minecraft Movie è un passo apprezzabile nella direzione giusta.
Godiamocelo dunque, questo primo passo. Imperfetto ma sincero, nello sconfinato mondo di Minecraft. Dopotutto, le prime costruzioni non sono mai perfette ma sono sempre un inizio.