Tutti abbiamo vissuto quella spiacevole situazione raccontata brillantemente da Zerocalcare in Strappare lungo i bordi: chi non è mai stato ore a scorrere i film sulle piatteforme streaming e non trovare niente da vedere pur avendo a disposizione “tutto l’audiovisivo del mondo” e pensando “è possibile che son tutti film de m*rda”? Certo, la roba bella magari l’abbiamo già vista, altra siamo in ritardo e altra ancora la teniamo per il momento giusto – se arriverà. Vogliamo evitare, però, di finire nella fantascienza polacca del ‘900 in lingua originale, andare a letto frustrati con la nostra coscienza sottoforma di Armadillo che ci costringe a interrogarci su noi stessi dicendo: “Dai su, se su ottomila film non te ne va bene manco uno, forse sei te che non vai bene”. Proprio per questo nasce la seguente rubrica settimanale, in onda ogni lunedì e rivolta sia a chi la pellicola in questione non l’ha mai vista, sia a chi l’ha già visionata e vuole saperne di più: infatti, nella prima breve parte vi consigliamo un film; nella seconda invece ve lo recensiamo, analizziamo o ci concentreremo su un aspetto particolare. E questa settimana abbiamo scelto Moonrise Kingdom – Una fuga d’amore.
PRIMA PARTE: Perché, dunque, vedere Moonrise Kingdom – Una fuga d’amore? Ecco la risposta senza spoiler
Disponibile su Sky e Now Tv (a noleggio su Apple Tv e Chili), Moonrise Kingdom – Un fuga d’amore di Wes Anderson catapulta il pubblico nel 1965 e su un’isola del New England; là vive Suzy, una dodicenne incompresa dai genitori, e campeggia con il suo gruppo scout Sam, suo coetaneo e orfano affidato a una famiglia che non vuole più occuparsi di lui. I due si conoscono a uno spettacolo teatrale incentrato sull’arca di Noè e, innamoratosi, decidono dopo uno scambio di lettere di fuggire insieme. Gli adulti devono rintracciarli, non solo per riportarli a casa, ma anche perché è in arrivo una terribile tempesta.
Due mondi sono rappresentati in Moonrise Kingdom: quello degli adulti a cui interessano solo i rispettivi ruoli sociali; quello dei bambini immersi nella loro fanciullezza. In mezzo ci sono Suzy e Sam, pre-adolescenti che oscillano tra l’infantilismo del secondo universo e la maturità del primo. È la scoperta dell’amore – e di conseguenza della sessualità – il motore cardine che li spinge alla fuga, tema principale del film assieme alla disfunzionalità familiare. Ma non solo. I due sono rifiutati dalla società dei grandi, che li snobba o li imprigiona con le sue regole. Scossi da una profonda inquietudine, cercano il loro posto nel mondo, il più possibile incontaminato e puro. Trovandolo nell’altro.
Nelle sue stravaganze e situazioni paradossali, Anderson nasconde sempre un’analisi dolorosa e acuta. E Moonrise Kingdom non è dà meno. Dirigendo il tutto come se fosse un’orchestra, a ogni personaggio corrisponde uno strumento: allora, gli adulti e i bambini diventano flauti, violini, percussioni o tastiere, che compongono la melodia del film. Grazie all’ottimo ritmo, all’iconica visualità, alla perfetta simmetria alla Kubrick e al cast di prim’ordine (dove sono annoverati suoi attori feticcio come Bill Murray e Jason Schwartzman; chi lo diventerà come Tilda Swinton; new entry del calibro di Frances McDorman, Bruce Willis e un sempre ottimo Edward Norton, anche se la scena è tutta per i giovani Jared Gilman e Kara Hayward), crea una dolcissima e commovente fiaba per adulti con protagonisti dei bambini; un’opera coinvolgente e intimista attraverso cui narrare la magia di un mondo puro e diverso. E il colore, come spiegato nella focalizzazione della seconda parte, ha un ruolo fondamentale.
SECONDA PARTE: L’importante ruolo del colore in Moonrise Kingdom – Una fuga d’amore
È innegabile che i colori hanno il potere di influenzare il nostro umore e che si può dire molto di un film in base alla tavolozza che utilizza. Ci sono pochi registi che lo comprendono in maniera così profonda come Wes Anderson: infatti, in ogni sua pellicola potremmo prendere un fotogramma a caso e imparare tantissimo sui personaggi e sulla trama solo tramite le tonalità lì presenti. Ma lui non si accontenta di questo, va oltre. Solitamente nel cinema si è soliti seguire la teoria del colore del settore, fondata sul fatto che ogni colore provoca nello spettatore un’emozione diversa; di conseguenza, dovrebbe essere presente in quelle scene che esprimono quel dato sentimento. Ad esempio, toni caldi colorano scene felici, creando sensazioni di piacevolezza e conforto, mentre toni freddi sono presenti in situazioni di disagio, incertezza, che suscitano dunque nervosismo, spavento o tristezza.
Nei film di Wes Anderson non è esattamente così.
Il regista tende a capovolgere la teoria dei colori, inserendo tonalità calde in momenti sfortunati e infelici o viceversa. Ovviamente lo fa anche in Moonrise Kingdom e un esempio è Servizi Sociali, l’antagonista del film, vestita di blu. Questo colore dovrebbe indicare sicurezza e fiducia, ma Anderson l’assegna a un personaggio che incarna autorità, pericolo e separazione. Sfruttando allo stesso tempo l’idea che il freddo blu possa evocare ostilità e, per questo, mancanza di emozioni.
Allarghiamo il discorso sul blu. Oltre ai significati indicati, esso è legato principalmente alla calma, alla tranquillità e alla razionalità. In Moonrise Kingdom, invece, è presente nel momento di massima tensione del film, quando l’azione è al culmine della dinamicità. Tutto diventa scuro, le pericolose acque alluvionali prendono il posto dell’idilliaco lago, l’atmosfera si tinge di blu all’arrivo della tempesta che si abbatte sulla giovane coppia la quale, per sfuggire a Servizi Sociali che vorrebbe portare via Sam, sale incoscientemente sul campanile della chiesa, mettendo a rischio la vita.
Con il blu non è ancora finita in Moonrise Kingdom. È, infatti, relegato alla sfera del singolo, all’intimità individuale, andando a simboleggiare la tristezza nascosta in ognuno di noi. Quella inespressa e pienamente vivibile solo nella solitudine (altro significato di questo colore) e certe volte difficile da esprimere persino a noi stessi. Ne troviamo un esempio nella finestra del capo scout, quanto prova a empatizzare con il passato di Sam; nell’ombretto di Suzy in cui racchiude l’infelicità del suo binocolo-superpotere, col quale guarda il mondo da vari punti di vista escludendo ciò che non le piace, ma spettatrice dell’esistenza altrui senza vivere mai davvero; nei litigi dei genitori della bambina riguardo al loro matrimonio; nei vestiti della madre e degli assistenti sociali; nel giradischi che dà voce ai diversi personaggi.
Però, solo passando attraverso la tristezza del blu, immersa nell’acqua dei fiumi e della tempesta, Sam e Suzy possono lavarsi e purificarsi dai dolori, accettarsi, cambiare e percorrere la strada della maturità.
Se il blu dunque è associato ai personaggi cattivi e al male, il giallo invece rappresenta il bene in Moonrise Kingdom.
Quest’ultimo è il colore dominante dell’intera pellicola. Crea una palette monocromatica che conferisce un senso di armonia e rilassatezza, dando alla fotografia un aspetto retrò, onirico e che dona alle scene una patina di irrecuperabile nostalgia fanciullesca. Proprio perché si parla d’infanzia e primi amori, il giallo con la sua natura giocosa sottolinea ottimamente l’ingenuità dei personaggi, che siano bambini o adulti. Ed è perfetto per evidenziare il cambiamento cromatico di Suzy che dai vestiti rosa – simbolo di innocenza, giovinezza e femminilità – passa nel finale a quelli gialli, come a indicare che tutto è finalmente tornato al proprio posto. Colori compresi.
Perché il giallo trasmette calore, sicurezza e, secondo gli studiosi, induce il cervello a rilasciare serotonina che influisce positivamente sul nostro umore; è il simbolo dell’amore tra Sam e Suzy, trovato all’interno di quella tenda gialla dove finalmente si sentono amati, ascoltati e confortati, sfuggendo così alla tristezza della loro vita (incarnata dalla rabbia di una e dal lutto dell’altro). A differenza del blu, è la tonalità dell’unione e del gruppo, evidenziato dalle divise degli scout. Sembra quasi che il giallo abbia il potere di alterare il temperamento di quei ragazzini che, per trovare la coppia dispersa, agisce come fosse un tutt’uno, non come singoli. In più, il giallo è il colore del sole, quello che esce dopo il diluvio universale recitato e realmente vissuto dai protagonisti.
Tuttavia, il giallo è un colore contraddittorio e il suo significato cambia – o si amplia – a seconda del contesto.
Nonostante Anderson tenda a usarlo per indicare gioia e felicità, è pur sempre vero che i personaggi immersi nel giallo vivono sentimenti problematici. Di conseguenza, allo stesso tempo colora l’atmosfera di rilassatezza serena e di inquietudine velata, quella nascosta nelle loro parti più intime. In attesa della risoluzione finale. Questo colore, dunque, indica anche l’attesa di qualcosa di grande per il futuro e la fine della propria lotta interiore – come quella di Suzy e Sam.
Ci sono altri due colori da prendere in considerazione: il verde e il rosso. Il primo è diffusissimo in Moonrise Kingdom, associato a quella natura – e alla sua calma – in cui gli innamorati si rifugiano durante la loro fuga, e si armonizza perfettamente alle atmosfere della pellicola. Accostato spesso con il giallo, il verde poi dà l’idea della rinascita, del nuovo inizio che Sam e Suzy avranno dopo la loro avventura. Soprattutto Sam che trova finalmente nello sceriffo dell’isola la famiglia che tanto desiderava.
Diversi significati accompagnano il rosso ma, inserito in un contesto come questo, diviene il simbolo dell’amore e/o della passione. Funge da riattivatore dei sentimenti e delle pulsioni dei personaggi, diventando emblema di forza e desiderio, e scema nel rosa quando Anderson cerca di far emergere sentimenti soffocati o, come accennato precedentemente, nel porre l’accento sull’innocenza dei personaggi non ancora sbocciati. È il colore di Suzy, come Sam la vede e la idealizza, e il suo essere pastellato, talvolta sfumato e confuso con l’arancione, lo rende adatto alla rappresentazione della dolcezza, del romanticismo e dell’entusiasmo giovanile.
Infine, anche le case sono colorate. Di giallo, di rosso, di arancione, di rosa; conferendo così al film una qualità e un’aura senza tempo. È come se Anderson rifiutasse, odiasse i muri bianchi o grigi, e si fosse portato con sé l’esperienza del cartone animato girato precedentemente a Moonrise Kingdom. Ma, se ci pensiamo bene, è così che i bambini vedono il mondo: semplice e complesso, pieno di speranze e pericoli, giallo e blu e nessuna area grigia. È sentire tutto ma senza termini esatti per descriverlo davvero, incarnato perfettamente dalle parole di Sam, in questo splendido film che è una meravigliosa lezione di cinematografia cromatica:
“Ti amo, ma tu non sai di che cosa parli.”