Madre (Amy Adams) percorre i corridoi di un supermercato. Nel carrello, un bambino che, come ogni bambino, parla del più e del meno, distratto dai prodotti colorati sugli scaffali. Lo sguardo di Madre viene attirato dall’altra parte del corridoio: un’altra madre sta avendo difficoltà a gestire un figlio troppo euforico e agitato. Prova pena per la donna, anzi compassione e comprensione. Pochi attimi dopo, Madre svolta l’angolo e incontra una vecchia amica. Capiamo subito che per essere Madre, la donna ha rinunciato alla propria carriera come curatrice d’arte, costringendosi a “una gabbia di propria creazione”. Così inizia Nightbitch (Marielle Heller, 2024), un horror drammatico, disponibile su Disney+, che, dopo la sua visione, risveglia un impulso ancestrale in noi donne.
In un nuovo immaginario della dimensione della maternità, Nightbitch si distingue tuttavia da precedenti rappresentazioni. Sia in campo televisivo, sia in quello cinematografico, il materno è stato analizzato nelle più svariate sfumature. Qui, invece, la maternità non è cieca, anzi, potremmo dire che acquisti una nuova e rigenerata razionalità. L’essere materna della protagonista non è proiezione di sé stessa sul figlio, ma sua guida nella crescita. Senza abbandonare il suo ruolo, Madre riscopre sé stessa, in una dimensione del femminile che riscrive il concetto di mostruosità legato a esso all’interno del genere horror.
Nightbitch è una storia di ribellione alle norme sociali, di ritorno all’istintualità primordiale, di riscoperta del fuoco che arde dentro ogni donna.

Prima di iniziare a parlarvi del film per sè, vorrei accompagnarvi lungo una breve digressione. Guardando Nightbitch, è stato per me lampante il principale riferimento letterario a cui la regista e, a ritroso, l’autrice del romanzo adattato (2023), Rachel Yoder, si vogliono – forse implicitamente – riferire. Nel 1989, Clarissa Pinkola Estés scrive Donne che corrono coi lupi, una raccolta di racconti riportati alla loro forma più primordiale (e veritiera) dall’autrice. Secondo Estés, questi conducono alla riscoperta della “Loba” (la Lupa) che giace latente all’interno di ogni donna, in attesa di essere risvegliata.
Ritornare in contatto con la Loba significa ritrovare la propria natura selvaggia, ritrovare la Donna Selvaggia. Facendo cadere i falsi manti affibbiati, le donne possono riscoprire l’istinto possente della conoscenza e della creatività. Ritrovando la Donna Selvaggia, le donne ritrovano il proprio branco, la padronanza del territorio, imparano a stare con sicurezza e orgoglio nel proprio corpo, con i suoi doni e i suoi limiti. Parlare e agire, essere consapevoli e vigili. La Donna Selvaggia ci rimette in contatto con noi stesse, le vere noi.
Ecco, Nightbitch è la traduzione letterale del ritorno alla Loba. Madre sente stretti gli abiti (affibbiati) di madre-casalinga. La sua vita, ora, ruota tutto attorno a un unico e solo ruolo, che la priva di esprimere altro. Ogni donna ha un fuoco creativo interiore che arde e che viene soffocato nel momento in cui si diventa madri, come dice Norma (Jessica Harper), la bibliotecaria della cittadina (e sorta di fantasma futuro dell’essere madre, colei che ha la saggezza e le conoscenze date dallo stato di Loba oppressa).Tuttavia, qualcosa continua ad ardere dentro e, nonostante continuamente represso, insiste e combatte per uscire e sprigionare tutta la sua potenza.
Madre vive proprio questa catarsi: lascia fuoriuscire, libera nuovamente il suo fuoco, la sua creatività.
Questa liberazione, dal punto di vista esterno, in particolar modo da quello del Marito (Scoot McNairy), risulta come un atto di ribellione ingiustificato. Il compagno non lo comprende, diventando un simpatico momento madre-figlio. Ma, nel momento in cui capisce che la moglie si trova su un tracciato senza ritorno, lo teme e di conseguenza lo combatte. “Che cos’è successo a mia moglie?” le grida. Madre risponde freddamente “È morta quando ha partorito”.
Ma quale forma prende l’atto della donna di ribellarsi a una condizione che non le appartiene appieno? Quella di un cane: la versione, potremmo dire, addomesticata di un lupo, la giusta via di mezzo tra natura selvaggia e civilizzazione. Madre, all’inizio del film, viene seguita da un gruppo di tre cani (metafora del suo branco “umano” al club del libro per bambini che frequenta). Non riesce a spiegarselo, ma incontra questo branco ogni volta che esce di casa -”gabbia”. Al contempo, i suoi sensi cominciano ad affinarsi e l’autocontrollo rispetto alle norme sociali comincia a sciamare.
L’istinto man mano prevale. E con esso, una nuova forma.

In un omaggio al body-horror, Madre letteralmente cambia manto. Ogni notte, la donna prende (o meglio, ritrova la propria) forma canina: coda, orecchie, muso. Ogni notte, Madre abbandona le vesti di costrizione e corre libera insieme al suo branco. I nuovi ritrovati comportamenti, da brava madre, vengono tramandati anche al figlio, che, essendo ancora libero dai dettami sociali, li accoglie naturalmente e senza sforzo. Di nuovo, Marito non intuisce appieno il senso dei nuovi comportamenti “animaleschi”, socialmente diversi e primordiali. La comprensione avverrà solamente quando, grazie all’atto di ribellione, Marito capirà il peso del sacrificio di dover badare a proprio figlio e Madre potrà tornare a esprimere il proprio fuoco interiore, con le sue opere d’arte che portano l’essere madre al centro della sua mostra.
Essere madre è sofferenza, è sangue, è travaglio, è brutalità:
“Ho sempre pensato che la maternità fosse una sorta di stato debole dell’esistenza, ma la maternità è una cosa molto più primordiale e attiva di così. È forse l’esperienza più violenta che l’essere umano possa vivere, a eccezione della morte stessa. Il primo atto di un bambino è la violenza contro la donna che lo ha creato. Eppure, la madre ama ancora il bambino con l’amore più potente conosciuto nell’universo. Questa cosina ci squarcia per uscire fuori. Ci spezza letteralmente in due e ci lascia in un bagno di sangue, merda e piscio. O ci tagliano con un coltello per tirarlo fuori. I nostri organi vengono tirati fuori per poi essere rimessi dentro e ricuciti. Quindi no, la maternità non è solo raggi di sole e borotalco, zuccherini colorati e abitini in pizzo. La maternità è fottutamente brutale.” – Madre, Nightbitch
La catarsi letteraria in Nightbitch.

Nel corso del film, Madre legge Guida pratica delle donne magiche di Wanda Wassserstein, un volume etnografico fittizio in cui, un po’ come la Estés, si analizza l’archetipo femminile nelle sue forme magiche, all’interno di varie culture, in relazione soprattutto alle donne-animali. Il libro diventa mezzo che permette la catarsi della protagonista, che spinge al raggiungimento della stessa. L’archetipo femminile delle donne-uccello del Perù rimanda al concetto della metamorfosi data dalla maternità. Queste donne, dopo che i figli sono cresciuti, sviluppano il piumaggio e oscillano appese ai rami degli alberi dedicando il resto della loro vita a imparare l’arte del volo. Madre non impara a volare, ma impara a correre di nuovo, sprigionando il proprio potenziale creativo.
Il body-horror, qui, parla alla nostra Loba interiore.
Sebbene venga classificato come horror, Nightbitch contiene pochi aspetti propri del genere. In realtà, il film si riferisce a una categoria molto specifica, cioè quella del body-horror. Le prime volte che l’inspiegabile metamorfosi avviene, Madre scopre le nuove parti del suo corpo animale, le studia (e con lei la macchina da presa) e, se all’inizio ne resta vagamente ripugnata, dopo poco ne comprende lo scopo. Come, a esempio, in The Substance, il body-horror anche qui parla al femminile, parla di riscoprire un lato nascosto. Anche Nightbitch è critica sociale, ma, a differenza della sorella filmica, il portare alla luce la Loba non implica l’alienazione del Sé. Significa, invece, permettere al lato represso di fuoriuscire e sprigionare il suo potenziale, convivendo in armonia con il nuovo stato d’essere.
Se state cercando un horror proprio del genere, Nightbitch potrebbe non fare al caso vostro. Ma se state cercando un film che vi faccia ritornare la voglia di riaccendere il vostro fuoco interiore, allora Nightbitch è quello che vi serve. Molti spettatori, secondo me, potrebbero non comprendere lo scopo del film di Heller, ma, d’altronde, Nightbitch parla alle spettatrici e alle loro Loba interiore.