ATTENZIONE! L’articolo potrebbe contenere SPOILERS del film Nosferatu.
“Dalla stirpe dei Balial nacque il vampiro Nosferatu che si nutre di sangue umano. Questa creatura delle tenebre abita sinistre cavità, tombe e bare colme di terra maledetta dei Campi della Morte Nera”
Il 2025 è appena iniziato, che ci ha già pensato Robert Eggers a mettere scompiglio nel mondo del cinema con la sua personale reinterpretazione di Nosferatu. Il non morto, il succhiasangue, il principe delle tenebre, il vampiro in chiave tedesca. Tutti conoscono il suo nome e la sua iconica figura dinoccolata e calva, ma forse in pochissimi sanno che, in realtà, Nosferatu non è altro che un esplicito plagio salvatosi per miracolo. Il Nosferatu di Murnau è, di fatto, l’adattamento non ufficiale del romanzo Dracula di Bram Stoker del 1897. Capolavoro dell’espressionismo tedesco, la pellicola muta del 1922 è un esempio di avanguardia cinematografico, sperimentalismo e creatività. Murnau fu infatti costretto a cambiare ogni elemento della storia: dall’ambientazione ai nomi dei personaggi, passando in primis per quello del conte che da Dracula diventa Orlock.
Orlock non ha nulla del carismatico fascino di Dracula.
Si tratta, a tutti gli effetti, di un mostro, di un demone della notte che si nutre del sangue delle proprie vittime e privo di qualsiasi forma di empatia o sentimento. Orlock porta con sé la peste quando giunge nella cittadina di Winsburg, gettando la popolazione nel panico e in preda all’isteria. Nonostante le notevoli differenze tra le due opere, Murnau fu accusato di plagio dalla famiglia Stoker e costretto a distruggere ogni copia esistente del film. Eppure una copia riuscì a sopravvivere, la sola arrivata ai giorni nostri (potete recuperare Nosferatu su Youtube qui).
Da un lato, dunque, il vampiro di Bram Stoker, un eroe romantico e tormentato la cui discendenza la ritroviamo oggi in quel sottogenere del fantasy così prolifico (ecco le 9 migliori serie tv sui vampiri). Dall’altro, il film di Murnau ha dato vita a un altro immaginario, completamente opposto rispetto al primo, per cui il vampiro è un essere demoniaco, senza possibilità di redenzione.
Il vampiro Nosferatu è essenzialmente il vampiro del folklore.
In esso risiede un fascino decisamente più oscuro e terrificante, al quale non è rimasto immune Robert Eggers. Incantato dall’immagine di Max Schreck nei panni del conte Orolck, alla sola età di nove anni, il regista ha a lungo conservato il sogno di poter realizzare un suo personalissimo adattamento. Oggi ci è riuscito. Dopo aver scandagliato altri miti del folklore, come le streghe e le sirene, Eggers dimostra nuovamente la sua estrema fascinazione per le storie popolari, il soprannaturale e le superstizioni. Nosferatu è un remake che porta la firma originalissima del suo cineasta (qui la nostra recensione).
Diverse sono le similarità rispetto all’originale, ma molte altre le differenze tali che rendono l’opera unica e svincolata dal Nosferatu di Murnau. Scopriamole!
1) Estetica
Ambientata nel 1838, la storia si svolge nella fittizia cittadina portuale di Wisborg dove i neo sposini Thomas ed Ellen Hutter saranno osteggiati da un male indicibile. Thomas Hutter, agente immobiliare desideroso di mettersi alla prova, viene inviato dal suo datore di lavoro, lo strano signor Knock, in Transilvania. Qui dovrà occuparsi delle richieste del conte Orlock, che è intenzionato ad acquistare un castello abbandonato proprio a Wisborg. La moglie Ellen cerca di dissuaderlo dal viaggio, ma l’ambizione di Hutter ha la meglio diventando così inconsapevole chiave di volta per i raccapriccianti eventi che seguiranno.
La trama del remake di Robert Eggers e del Nosferatu originale combaciano pressocché in ogni singolo punto. Semmai è lo svolgersi degli eventi e la risoluzione dell’oscurità infestate del vampiro ha prendere una piega decisamente diversa. Non è tuttavia la sola differenza rilevante che si può notare. Più della sostanza, infatti, quello che distingue in maniera evidente questo moderno Nosferatu è l’estetica. Attraverso una combinazione di ricerca storica meticolosa, atmosfere inquietanti e una cura maniacale per i dettagli visivi e sonori, Eggers ha creato un linguaggio cinematografico che fonde il passato con il perturbante
I suoi film sono caratterizzati da un uso sapiente della luce e delle ombre, spesso evocativo proprio dell’espressionismo tedesco.
L’uso del bianco e nero, il formato 1.19:1, le lunghe pause e le inquadrature statiche contribuiscono a trasmettere questo senso di estraneità che ben si accosta alla materia di cui tratta nei suoi film. Anche Nosferatu, un progetto in lavorazione da anni, trae la sua forza da tutte queste caratteristiche. L’impronta stilistica dell’autore è evidente riecheggiando l’opera di Murnau, ma discostandosi totalmente da essa. Eggers indugia nell’orrore fisico e psicologico rappresentato dalla venuta del vampiro. Immagini di sangue, topi e buio si rincorrono incessantemente trascinandoci in questo folle incubo.
2) Il conte Orlock
Uno degli aspetti più evidenti del cinema di Eggers è la sua attenzione alla ricostruzione storica. Film come The Witch (2015) e The Lighthouse (2019) sono immersi in epoche specifiche, ricreate con una precisione quasi documentaristica. Per The Witch, ambientato nel New England del XVII secolo, Eggers ha studiato fonti storiche, testi religiosi e testimonianze dell’epoca, riuscendo a replicare fedelmente dialoghi, abbigliamento e ambientazioni. Allo stesso modo, The Lighthouse, ambientato alla fine del XIX secolo, utilizza un linguaggio arcaico e una scenografia dettagliata per immergere lo spettatore nell’isolamento di due guardiani di faro.
Nosferatu non è immune a questa scrupolosa ricerca e studio, tipica della cinematografia del regista. Anche stavolta, infatti, la ricostruzione storica abbraccia ogni singolo elemento del film: costumi, ambienti e persino i baffi del conte. Ebbene si, perché una delle differenze notevoli che distinguono l’Orlock di Eggers da quello di Marnau risiede appunto nel suo aspetto. Bill Skarsgård (ecco 7 curiosità sull’attore), avvolto di un mantello pesante che nasconde un corpo in putrefazione, è irriconoscibile nel ruolo del vampiro. I suoi baffi, insieme all’evidente enfisema, sono l’elemento distintivo con il quale Eggers ha sorpreso tutti. Ma esiste una ragione per questa scelta stilistica ed è legato a quella ricerca storica ossessiva di cui parlavamo prima.
Stando alle fonti storiche, infatti, nell’Ottocento la maggior parte degli uomini della Transilvania portavano i baffi. Soprattutto gli appartenenti al ceto nobile. Come ha spiegato lo stesso regista, per restare fedele al contesto storico e culturale del tempo, Eggers ha deciso che il suo Nosferatu avrebbe dovuto averli. Di conseguenza, anche tutto il vestiario del conte Orlock doveva ricalcare gli usi dell’epoca.
3) Ellen
In molti l’hanno apprezzata, in tanti l’hanno detestata. D’altronde anche nel ruolo di Jocelyn in The Idol, Lily-Rose Depp aveva generato opinioni contrastanti. Di certo, la sua Ellen in Nosferatu è un personaggio drasticamente opposto all’originale. Tormentata e “isterica”, Ellen è avvolta da un’oscurità che la perseguita fin dalla più tenera età. La narrazione si apre proprio sul suo volto, intento a pregare qualcuno, o meglio qualcosa, che la legherà a sé per l’eternità. La giovane Ellen è una moglie devota, ma anche una fanciulla dalla mente estremamente fragile che, inconsciamente o meno, ha stretto un patto con Nosferatu. In lei c’è parecchio della strega di The Witch, a tratti ingenua, a tratti malefica. Afflitta da visioni e raptus, agli occhi degli altri personaggi Ellen sembra una folle con manie di protagonismo. Ed è molto interessante notare come effettivamente il confine tra pazzia ed esorcismo sia davvero sottile.
C’è un tormento fisico che viene esplicitato più e più volte dall’attrice, anche se a tratti in maniera fin troppo esasperata. Nel ruolo della timorata moglie dell’avvocato, la Depp punta soprattutto alla forza espressiva trasmettendo in verità poco altro. Similmente alla Vanessa Ives di Penny Dreadful, anche Ellen è una sposa predestinata, vincolata alle tenebre da un patto senza via d’uscita se non la morte stessa. Ed è proprio il sacrificio che, infine, la ragazza decide di compiere per salvare la sua anima e quelle della cittadina di Wisborg.
4) Le tre notti
Il legame che unisce il conte Orlock ed Ellen rappresenta un altro grande elemento distintivo rispetto all’originale Nosferatu. Nel film di Murnau, l’attrazione del vampiro per la giovane è legato esclusivamente alla sua insaziabile fame di sangue. Nel remake di Eggers, invece, esiste una connessione profonda e contorta che lega i due da molti anni. Fin da quando Ellen era solo una ragazzina. Con parole suadenti, Orlock tenta di convincerla a diventare la sua sposa, rimarcando il suo essere diversa da tutti gli altri. Come in ogni fiaba dei Grimm che si rispetti, anche il regista opta per un espediente narrativo molto noto: quelle delle tre notti. Per tre notti, infatti, il conte si presenterà da Ellen presentandole la stessa proposta, fino a quando non accetterà. Se non lo farà, a ogni rifiuto corrisponderà la morte di una persona amata.
5) Sangue e carne
Per poter sconfiggere Nosferatu, la giovane Ellen deve sacrificarsi riabbracciando così le tenebre che ha tenuto a lungo a distanza. Capovolgendo la tematica romantica tanto rilevante in Dracula, dove l’amore effettivamente salva poeticamente il conte, Robert Eggers si sofferma invece sull’intesa carnale che unisce il vampiro e la donna. Non sono gli oceani del tempo, ma il mare di oscurità che porta alla deriva l’anima di Ellen, inevitabilmente vincolata a quella dannata del conte Orlock. Un tema totalmente assente nel film originale, in cui la povera protagonista si sacrifica per le persone animata, ma nulla di più.
La relazione tossica gioca, invece, un ruolo estremamente rilevante nel remake firmato da Robert Eggers.
Tra coloro che hanno apprezzato questa deriva e chi l’ha aspramente criticata, sottolineando come il sacrificio di Ellen appaia qui come una punizione più che una possibilità di redenzione. Per tutta la durata della pellicola, lo abbiamo già accennato, elementi macabri come il sangue e la malattia si rincorrono raggiungendo picchi disturbanti. L’amplesso che sancisce l’unione tra Nosferatu ed Ellen rappresenta proprio uno di questi picchi.
6) La religione
Non c’è niente di sacro, la carnalità diventa emblema stesso del profano. Una chiave di lettura evidente fin dai primissimi frame, quando una giovane Ellen prega per un intervento divino e, in risposta, giunge da lei un angelo oscuro. Dio e i suoi angeli non sono pervenuti. Di fronte al peccato e ai tormenti dei mortali, nessun essere divino agisce per salvarli. La peste che dilaga per la città di Wisborg equivale a una piaga biblica, gettata sugli abitanti dal dio-Orlock. D’altronde, proprio Orlock, altro non è che uno stregone che ha stretto un patto con il diavolo in persona.
Il film è pieno zeppo di simboli ed elementi che rimandano al satanismo, quando invece sono totalmente assenti simboli della cristianità. La stessa Ellen, in questo Nosferatu, è una figura che non appartiene del tutto al mondo degli uomini, dotata di poteri sovrannaturali che la rendono simile al personaggio, già citato, di Vanessa Ives.
7) Il dottor Von Franz e altri personaggi in Nosferatu
Un’ultima parola va spesa per la fitta schiera di comprimari, ai quali Robert Eggers ha decisamente riservato più spazio che nel film originale. Harding, sua moglie Anna, Thomas e Knock sono maggiormente approfonditi prendendo parte attivamente agli eventi tragici che avvengono sullo schermo. Il dottor Albin Eberhart Von Franz, ostracizzato dalla comunità scientifica perché appassionato di occulto, veste i panni del corrispettivo Van Helsing in Dracula di Bram Stoker. Willem Dafoe è, come al solito, ineccepibile, costruendo da zero un personaggio assente nella pellicola di Murnau. A lui spetta il compito di aprire gli occhi degli altri personaggi sulle tenebre in arrivo e sul ruolo determinante di Ellen nella storia. Nicholas Hoult, a sua volta, interpreta un Thomas Hutter più sensato e timoroso, rispetto all’originale. Insomma, il cast del remake riesce a regalare perfomance convincenti, seppur e i toni eccessivamente isterici siano a volte dietro l’angolo.