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Nowhere: il nuovo film di Netflix è un inno alla vita – La recensione

Nowhere
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Nowhere è il nuovo film distribuito da Netflix e prodotto da Rock & Ruz, uscito il 29 settembre sulla piattaforma. Un film tutto spagnolo, potente, d’impatto e che trasuda di vita e libertà: da non perdere assolutamente! Vediamo il perché.

ATTENZIONE: l’articolo contiene spoiler sul film Nowhere, se non lo avete ancora visto vi consigliamo di passare più tardi

Il film è ambientato in piena dittaturanon viene specificata né quale né quando – e narra la storia di due giovani innamorati, in attesa della loro bambina, che tentano in tutti i modi di scappare dal loro paese d’origine nella speranza di un futuro migliore. Per farlo hanno venduto tutto ciò che avevano, addirittura le loro fedi nuziali, e sono riusciti a ottenere un passaggio clandestino all’interno di alcuni container che sarebbero poi arrivati al porto e fatti imbarcare successivamente su una nave. Diretto da Albert Pintó infatti, nome praticamente sconosciuto in Italia ma decisamente meno in Catalogna, il film risulta davvero molto convincente dal punto di vista della regia e della fotografia. E lo si può notare ad esempio fin dalle prime scene, quando nel container Mia, la protagonista, guarda al di fuori del camion da un piccolo foro ricavato con un trapano. Le immagini della dittatura che il regista restituisce allo spettatore, in questo modo, sono ancora più potenti e drammatiche perché viste e vissute da un piccolo foro dal gigantesco significato: il popolo disperato che urla incessantemente, bambini e genitori che vengono ammazzati per le strade, giornali che volano strappati in aria, taniche di plastica scaraventate ovunque. Ciò che vede Mia in quel momento è tutto ciò che vediamo anche noi e non serve nient’altro. Pintò non si è servito di voci narranti, di un racconto orale, ma solamente di questa messa in scena così immediata ed efficace. Un tocco da maestro per un regista ancora così giovane.

Nowhere
(Mia e Nico 640×360)

Seguiamo il lungo viaggio di Mia e Nico affezionandoci a loro minuto dopo minuto finché i due non vengono separati violentemente e lui imprigionato in un altro container. Mia così resta da sola, circondata da persone che non conosce, incinta e senza l’amore della sua vita, verso un destino di cui non sa assolutamente nulla. Il punto nevralgico di Nowhere è infatti proprio questo: lottare con tutte le forze per riottenere la libertà e per l’essenza della vita stessa. Mia infatti non solo non riuscirà mai ad arrivare nella stessa località di Nico, ma il suo container finirà in mare aperto, alla deriva, senza più né meta né obbiettivo finale e per giunta lei sarà nuovamente sola, visto che tutte le altre persone che erano con lei sono state uccise dall’esercito precedentemente. Anche in questo momento la regia ha lavorato benissimo, consegnandoci tra le scene più forti e drammatiche del film, mettendo in campo una maestria non indifferente. Mia infatti, da quello stesso foro di inizio film, vedrà il contener di Nico colare a picco nell’Oceano mentre dall’interno urla strazianti gridano aiuto. Come deve essere pensare il proprio marito lì dentro e non potere nulla se non disperarsi? La scena è di uno strazio incredibile eppure lei non molla, convinta che in qualche modo Nico sia ancora vivo e lei debba andare avanti proprio per lui e per la loro bambina. Da qui fino ad arrivare a quella che è la scena madre dell’intero film: il parto di Mia all’interno del contener.

Nowhere
(Mia 640×360)

La scena madre di Nowhere è impeccabile da tutti i punti di vista: recitazione, doppiaggio, inquadratura, luci, messa in scena e significato metaforico. Mia infatti partorisce durante una tempesta; la tempesta è fuori in mare aperto, è nelle nubi e nei tuoni che rombano ma è anche dentro al container, nella sue urla di dolore e terrore, nelle spinte decise dei suoi muscoli, nel coraggio di una madre che sta vivendo il momento più importante della sua vita in una situazione paradossale e terribile. L’immagine di lei completamente nuda e bagnata dall’acqua, trasuda l’essenza stessa della vita, mentre la luce dei lampi la illumina a intermittenza, donando alla scena un pathos incredibile. Quello che Mia dovrà fare nel container è sopravvivere, per lei e per sua figlia, con le poche cose che ha a disposizione: qualche snack rimasto nello zaino di Nico e ciò che ha trovato nei cassoni caricati sul container. Farà di tutto per restare in vita e allo stesso tempo badare alla sua bambina, se ne inventerà di tutti i colori e costruirà da sé diversi strumenti per aiutarsi a farlo. Lo spettatore vive con lei il suo tormento ma anche il suo coraggio, in un lungo viaggio di un mese, finché il container si inabisserà nell’Oceano. Mia e Noah – la sua creatura – rimarranno in mare aperto su una piccola zattera costruita dalla mamma, finché non verranno trovate e tratte in salvo.

Nowhere
Nowhere (640×360)

L’immagine finale di Nowhere è quella di Mia con in braccio la sua bambina, sane e salve dopo aver vissuto l’inferno. Rinate dalle ceneri come una fenice e ancora insieme, avendo allo stesso modo perso un pezzo di loro, Nico, e nel dolore unite più che mai verso quel futuro così tanto desiderato. Il messaggio di Nowhere dunque è di una forza incredibile e ancora oggi serve un film come questo, che racconti uno spaccato di vita così crudo e reale, vero in moltissime realtà del mondo: la vita di ognuno è sacra e deve restare al sicuro.
Il film, come già detto, è disponibile sul catalogo Netflix.

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