Oppenheimer è finalmente arrivato anche nelle sale cinematografiche italiane, con il proposito di catturare lo sguardo delle platee su uno degli avvenimenti più importanti e sconvolgenti della storia dell’uomo. Oppenheimer è tante cose, ma entrando nei meriti di chi lo ha realizzato è, soprattutto, il sigillo definitivo sul sodalizio tra Christopher Nolan e Cillian Murphy, una fiorente collaborazione che ha attraversato alcuni dei più grandi capolavori del regista britannico, dalla sua trilogia di Batman a Inception e Dunkirk, e che oggi, finalmente, vede l’attore irlandese come assoluto protagonista. Cillian Murphy era alla prova del nove, e si è dimostrato perfetto per ricoprire il ruolo di uno degli uomini più discussi e misteriosi della storia moderna: J. Robert Oppenheimer. La pellicola è un tripudio di contraddizioni umane, un omaggio alla tendenza dell’uomo all’autodistruzione e all’attrazione verso la fatalità; Cillian Murphy, finalmente, ha avuto la possibilità di mostrarsi al grande (o meglio, al grandissimo) pubblico, interpretando un ruolo non lontano da ciò a cui ci aveva abituati in passato, ma sicuramente complesso, oltre che quantomeno pericoloso.
Un sodalizio fondamentale per Cillian Murphy
Nel misterioso e stratificato mondo del cinema e della televisione, ci sono stati tantissimi sodalizi storici tra attori e registi di primo piano, alcuni necessari per caratteristiche, come nel caso di Evan Peters e Ryan Murphy (o la stessa Sarah Paulson), altri divenuti quasi regola, o meglio, sinonimo di successo, come l’ineluttabile bromance tra Martin Scorsese e Robert De Niro; dopo aver visto Oppenheimer, tra tante cose, mi sono reso conto che, probabilmente, la miglior collaborazione possibile per una mente visionaria e differente come quella di Christopher Nolan, non poteva che essere con Cillian Murphy. Le caratteristiche dell’attore irlandese si sposano perfettamente con le ambientazioni e le tonalità dei capolavori di Nolan: innanzitutto, Cillian Murphy ha un background storico non indifferente, per cui basterebbe citare soltanto Peaky Blinders, vista anche la distanza storica esigua tra la serie tv e i fatti narrati in Oppenheimer, ed è abituato a muoversi in mondi simili a quelli concepiti dal regista britannico. Murphy e Nolan collaborano da quasi un ventennio (già, era il lontano 2005, e il film era Batman Begins), e dopo diverse parti secondarie, seppur quasi tutte determinanti o comunque di prima fascia, i due si sono ritrovati di fronte un’occasione imperdibile: Cillian Murphy aveva bisogno del salto definitivo sul grande schermo, e Christopher Nolan aveva semplicemente bisogno di lui per un ruolo che sembra scritto a sua immagine e somiglianza, al di là di qualunque elemento somatico.
Oppenheimer è un omaggio al caos travestito da biopic, una riflessione sull’ancestrale tendenza umana all’autodistruzione e alla morte. Cillian Murphy è stato il protagonista perfetto di questo tripudio di follia: per il ruolo, era necessario qualcuno che conoscesse il modus operandi di Christopher Nolan, innanzitutto perché Oppenheimer è stato un passaggio fondamentale per lo stesso regista, una strada necessaria da percorrere nella sua totale maturità stilistica, ma anche per il modo in cui i due hanno sempre collaborato, vale a dire senza spingersi mai oltre; è un po’ come se Cillian Murphy abbia atteso questo momento al fianco di uno dei suoi principali padri artistici, e che quest’ultimo abbia calibrato questa scelta da diverso tempo, maturando la decisione di optare per una storia simile come per mettere un punto esclamativo su una fase della sua carriera. Cillian Murphy ha raggiunto così la totale maturità, con un ruolo per niente lontano dalle sue corde, usando un approccio del tutto simile a quello portato avanti per anni nel progetto più a lungo termine della sua carriera, ossia il Thomas Shelby di Peaky Blinders, personaggio tormentato e cupo, misterioso; le capacità di Murphy, la sua bravura e le sue rarissime caratteristiche sono, finalmente, sotto gli occhi di tutti (a meno che qualcuno non si sia girato di spalle), ed è questo il miglior risultato possibile in termini personali per uno degli attori più importanti degli ultimi anni in ambito televisivo.
La sottile linea tra ossessione e follia
Nel film, Cillian Murphy cattura lo spirito di Oppenheimer, incarnando la coscienza di un uomo di scienza, facendola sua nel modo più naturale possibile, basandosi sulla contraddizione più evidente dell’intera pellicola: l’ossessione per la conoscenza. Un’ossessione che parte da lontano, da anni di studio e sacrifici, di una passione così forte e pura da annebbiare la mente del più prestigioso tra gli studiosi. L’Oppenheimer di Cillian Murphy ha due volti: quello di un uomo comune, studioso e appassionato, e quello di un uomo tormentato, che ha scavalcato il genere umano spingendosi oltre nella ricerca di un successo personale, arrivando però a toccare l’inferno con un dito. L’attore irlandese costruisce il suo protagonista sulla falsa riga di un artista contemporaneo: l’opera di Robert Oppenheimer è come quella di un compositore, di un pittore o di uno scrittore di fama internazionale, o perlomeno, questo è ciò che si racconta per sorreggere il peso quotidiano delle proprie responsabilità; tuttavia, sul finale emerge il lato umano del personaggio e dell’attore, che si sostituisce alla coscienza collettiva attuale, a chiunque abbia visto il film nelle sale, e a quel punto la parola chiave diventa indignazione. Oppenheimer non è un’opera che vuole salvare la memoria di un uomo, prima che di un importante fisico, ben conscio di ciò che stava realizzando durante il progetto Manhattan, nella maniera più assoluta; il film di Nolan è, piuttosto, la fotografia del comune agire, dello spingersi oltre le proprie facoltà per poi rendersi conto, soltanto a posteriori, della fatalità del tempo e, soprattutto in questo caso, del caos.
L’interpretazione di Cillian Murphy è il coronamento di un percorso seguito da Christopher Nolan, passo dopo passo; un percorso in cui, dopo aver abituato il suo pubblico ad artefici pirotecnici, il regista sceglie di raccontare senza mostrare, di condurre il pubblico al momento decisivo e di interrompere tale momento sul più bello, sospendendo la tensione e lasciando in bilico le emozioni, in modo tale da indurre una riflessione dovuta; e lo stesso fa l’Oppenheimer di Cillian Murphy, che dopo aver lavorato per una vita intera nel modo più umile, coltivando l’interesse di studenti comuni e diffondendo l’amore per la propria disciplina con passione e fedeltà, trasforma la suddetta passione in una gara contro se stesso, contro i propri demoni. Oppenheimer di Christopher Nolan è tante, tantissime cose, è un film secolare che resterà nella storia e che verrà capito e apprezzato solo con il tempo, perché si tratta di una pellicola da digerire, non facile e non scontata; ma è anche la prova del nove dei suoi due autori principali, quello teorico (Nolan), e quello fisico (per davvero), ossia Cillian Murphy, un attore dalle straordinarie capacità umane, la cui opera più importante in questo film è stata quella di ricordarci il nostro ruolo: quello di esseri umani.