Questa notte, nello storico Dolby Theatre di Los Angeles e sotto la conduzione di Jimmy Kimmel, si è tenuta la 95esima cerimonia dei Premi Oscar, forse il più importante riconoscimento in ambito cinematografico. Gli Oscar, che da anni premiano la massima eccellenza in campo tecnico, attoriale, di sceneggiatura, musica (e chi più ne ha più ne metta), negli ultimi anni sono stati protagonisti di più di uno scandalo. Dal tremendo errore di assegnazione alla categoria Miglior film agli Oscar 2017 al celeberrimo schiaffo a Chris Rock da parte di Will Smith durante la premiazione dell’anno scorso, l’Academy riserva sempre ben più di una sorpresa. Quest’anno di stupore ne abbiamo visto ben poco, e forse è meglio così. Perché gli Oscar 2023 ci hanno fatto tornare indietro, con una semplicità e un’eleganza invidiabili, alle fondamenta stesse del cinema. Vi raccontiamo la notte degli Oscar 2023, fra troppe lacrime versate e qualche storcimento di naso.
Ma partiamo dal Red Carpet, che per la prima volta da tanti anni sostituisce il famoso rosso con un elegante (e un po’ smorto) color champagne. Sul tappeto si parla sempre poco di cinema e trionfano i vestiti, i sorrisi accattivanti delle celebrità, l’ostentazione del lusso (e anche qualche battutaccia di troppo). Molto brava Vanessa Hudgens, che riesce a destreggiarsi alla perfezione in mezzo alla cacofonia di figure che si riversano all’interno del teatro. Spicca Malala, elegantissima in argento e protagonista del più grande scivolone di questa edizione (ma ne parleremo più avanti); bellissime Stephanie Hsu e Michelle Yeoh (supportate anche a distanza dal loro everything bagel, l’intera crew di Everything Everywhere All at Once; Cate Blanchett all’ottava nomination riesce a colpire anche con un vestito che non la valorizza e Lady Gaga, al contrario, sfila sobria ed elegantissima. Ma basta improvvisarci stilisti: passiamo alla ciccia.
Jimmy Kimmel arriva sul palco grazie ad un paracadute e inaugura questa edizione degli Oscar andandoci giù pesantissimo, come sa fare solo lui. Dopo un elogio al novantunenne John Williams come il più anziano candidato nella storia del premio e una strizzata d’occhio a Steven Spielberg (l’unico regista ad essere stato nominato in sei diverse decadi) si parte subito con le battute e le critiche. Dall’esclusione di James Cameron al premio come miglior regista (“chi è, una donna?”) alla gigantesca perdita al botteghino di Babylon, Kimmel sa bene come far partire una serata. Peccato per Malala (che per chi non lo sapesse è la più giovane vincitrice del Nobel per la pace), intervistata da Jimmy solo in riferimento al gossip tra Harris Styles e Chris Pine.
L’enorme trionfo di questi Oscar 2023 arriva con Everything Everywhere All at Once, che su undici nomination si porta a casa ben sette statuette. Dalla migliore attrice ad un incredibile Michelle Yeoh (che fa un bellissimo discorso sull’importanza della figura delle madri nel cinema), alla migliore attrice non protagonista a Jaime Lee Curtis (che sembra più un Oscar alla carriera ma comunque ben accolto), Everything Everywhere All at Once si riconferma il Parasite di questa edizione e stravolge tutti con un modo nuovo, e meraviglioso, di fare cinema. Menzione d’onore a Ke Hy Quan, che durante il suo discorso dopo la vittoria come migliore attore non protagonista riesce a ricordare a tutti che il numero di nomination non fa necessariamente la bravura di un attore. E tra fiumi di lacrime e un commovente ritorno al passato, riesce ad insegnarci l’importanza delle seconde occasioni. E che non è mai troppo tardi per inseguire i propri sogni.
Niente di nuovo sul fronte occidentale (adattamento dell’omonimo romanzo di Erich Maria Remarque), al contrario, stupisce forse un po’ tutti sul fronte dei riconoscimenti tecnici e porta a casa quattro statuette, di cui sottolineiamo la miglior scenografia e la miglior fotografia. Soprattutto vince la miglior colonna sonora, strappata, forse ingiustamente forse no, ad un Babylon di cui davamo per scontato la vittoria. Niente di sorprendente, invece, per il migliori trucco a The Whale e i migliori effetti speciali per Avatar 2 (che almeno qualche soddisfazione è riuscito a portarla a casa).
Snobbati completamente, a questi Oscar 2023, due film da cui ci aspettavamo forse troppo: The Fabelmans, la lettera d’amore al cinema di Steven Spielberg, e il biopic Elvis rimangono nell’ombra e lasciano un po’ l’amaro in bocca (da una parte per la regia e dall’altra per i costumi, vinto da Wakanda Forever). Grande soddisfazione per Guillermo del Toro, che porta a casa l’Oscar come miglior film d’animazione (battendo un apprezzatissimo Il gatto con gli stivali 2); un po’ meno per noi italiani, che abbiamo visto sfumare la possibile vittoria nel miglior cortometraggio con un Alba Rohrwacher comunque radiosa e impeccabile.
Jimmy Kimmel brilla molto meno, forse consapevolmente, e lascia molto più spazio al cinema effettivo piuttosto che ad un’esaltazione dello stesso. E dopo un tributo dovuto a Chadwick Boseman e un in memoriam che mette una gran tristezza, siamo costretti a confrontarci con il fatto che anche questi Oscar stiano giungendo alla fine.
Dovute e commoventi le vittorie per le migliori sceneggiature, vinte rispettivamente da Everything Everywhere All at Once (originale) e Women Talking (non originale). Quando si parla di una scrittura che esce dallo schermo ed entra direttamente nel cuore, e a questi due film che facciamo riferimento.
E Brendan Fraser? La sua ingombrante e potente performance in The Whale (e la conseguente vittoria come miglior attore protagonista) dimostra ancora una volta che spesso nel cinema vince chi si mette a nudo. E chi ha la forza di ricominciare, nonostante tutto. Un po’ come questi Oscar, aggiungeremmo. Silenziosi eppure tremendamente incisivi.