C’è una nozione che andrebbe scritta a caratteri cubitali sui muri dei centri città. Affissa in cielo dagli aerei, urlata dalla gente che passa per strada, raccontata ai nipoti. Ripetiamolo tutti insieme ancora una volta, che fa sempre bene: i premi Oscar non fanno il valore di un film. Lo sappiamo noi, lo sapete voi. Eppure spesso è difficile separare l’effettiva qualità di una pellicola da quella che viene percepita come tale da parte del pubblico, dei critici, del mondo; anche perché, nonostante ciò che dice Mereghetti, è molto difficile affermare che esistano film “oggettivamente” migliori di altri. Semplicemente perché il cinema è una delle esperienze più soggettive che esistano, ed è proprio qui che sta la sua meraviglia e il suo peggior difetto: come si fa a giudicare? Noi questo non ve lo sappiamo dire, ma qualcosa da raccontare ce l’abbiamo; perché gli Oscar 2023 saranno anche passati, ma la nostra voglia di lamentarci non si esaurisce mai. Vediamo 7 film da Oscar che incredibilmente non hanno vinto manco un Oscar, il più soggettivamente possibile.
1) Babylon
Abbiamo detto tanto sull’ultima cerimonia degli Oscar, forse troppo. Eppure ci siamo dimenticati di parlare (o forse abbiamo preferito evitarci altre sofferenze) di un film che è entrato in pompa magna al Dolby Theatre ed è uscito con la coda tra le gambe, in pieno shock. Credo che molti di noi si aspettassero che Babylon portasse a casa almeno qualche statuetta, soprattutto sul fronte dei premi tecnici: dopotutto parliamo di Damien Chazelle, la mente poetica e geniale dietro capolavori come La La Land e Whiplash. Chazelle, che ha rivoluzionato il cinema senza fare troppo rumore ed è riuscito a dimostrare che si può veramente partire da zero, se alla base c’è un profondo amore per ciò che si fa. In fondo non c’è molto da dire: non avete mai visto nulla di simile a Babylon. E forse è proprio per questo che tanti, troppi aspetti del film sono passati in sordina e non hanno avuto il riconoscimento che meritavano: è un cinema troppo avanti per la maggior parte di noi. Dalla colonna sonora di Justin Hurwitz allo straordinario montaggio che rende Babylon una vera e propria esperienza cinematografica, non possiamo fare altro che storcere il naso. Un gran peccato.
2) La sottile linea rossa
Ciò che è successo a La sottile linea rossa è quello che succede quando si mette nella stessa gabbia un gruppo di leoni affamati allo stesso modo e pronti a combattere fino allo sfinimento: solo uno rimane in piedi. Tratto dal romanzo di James Jones, a sua volta ispirato ad un verso di una poesia di Rudyard Kipling, il film del 1998 di Terrence Malick narra in maniera meravigliosamente dura la follia e l’orrore della guerra, con un cast d’eccellenza che riesce perfettamente a portare in scena una generazione di uomini in cerca della gloria, costretti ad affrontare qualcosa che non comprendono e che pian piano li mangia dall’interno l’uno dopo l’altro. L’unico grosso problema di La sottile linea rossa non riguarda l’effettiva qualità del prodotto, la recitazione o il successo ottenuto, ma le altre pellicole con il quale il film si misurava per la vittoria. Ai premi Oscar 1999, infatti, il film fu completamente oscurato da cult quali La vita è bella e Salvate il soldato Ryan, che strapparono al film di Malick tutte le statuette a cui ambiva. Ora, non ci mettiamo a fare paragoni, ma La sottile linea rossa è un grande film sulla guerra. Spietato, crudo, vero. E molto poco americano.
3) La finestra sul cortile
Fa sempre molto effetto rendersi conto che tanti tra i capolavori del cinema e i registi che li hanno diretti sono stati completamente snobbati alla cerimonia degli Oscar. Basta pensare ad Alfred Hitchcock, considerato uno dei registi più significativi e poliedrici della storia del cinema, che con 53 film alle spalle si è portato a casa “solo” un’Oscar alla memoria nel 1968. Sono tanti i film del regista britannico dimenticati dall’Academy, troppi per citarli tutti, ma La finestra sul cortile fa arrabbiare forse più di tutti. Forse perché non esiste nulla al di là del film con protagonisti James Stewart e Grace Kelly che è stato in grado di dipingere in modo così preciso che cosa vuol dire fare cinema: assistere a qualcosa che si svolge davanti a te con la consapevolezza di non poter fare assolutamente nulla per cambiare il corso degli eventi. Candidato a quattro premi Oscar (miglior regista, miglior fotografia, miglior sceneggiatura non originale e miglior sonoro), alla cerimonia del 1955 la pellicola venne scalzata in toto da Fronte del porto, vincitore di ben otto statuette. Potevate darlo il contentino ad Hitchcock, eh. Non che ne abbia bisogno.
4) The Wolf of Wall Street
Arriviamo a un tasto dolente, forse più dolente dell’Oscargate alla cerimonia del 2017 (il cast di La La Land non dimentica). La carriera di Leonardo DiCaprio è costellata di successi, uno più indimenticabile dell’altro, ma anche di tante occasioni mancate: ormai ci sembra che l’attore di origini italiane sia uno delle facce più candidate nella storia degli Oscar (quando in realtà parliamo “solo” di sei candidature come attore e una come produttore in più di trent’anni di carriera). Con una capacità recitativa fuori dagli schemi e una passione per il proprio lavoro che fa invidia a tanti nel settore, Leonardo DiCaprio si è visto soffiare il premio come miglior attore tante volte, e The Wolf of Wall Street è una di quelle occasioni che ancora facciamo fatica a digerire. Parliamo di un film a dir poco complesso, poliedrico, pieno di significati nascosti dietro una patina di superficialità creata apposta per confondere lo spettatore; uno dei grandi capolavori di Martin Scorsese che forse meritava il premio miglior film e miglior sceneggiatura non originale. Che volete che vi dica? Dall’altra parte c’era Dallas Buyers Club, e credo che nessuno sia uscito dalla sala ad occhi asciutti dopo aver visto quel film.
5) Collateral
E’ incredibile come di Collateral si parli ancora troppo poco. Sembra uno scherzo, soprattutto se si considera che questo film del 2004 meritava su tutta la linea l’Oscar per la miglior sceneggiatura originale e non sia nemmeno stato nominato in tal senso. Michael Mann dirige due straordinari Tom Cruise e Jamie Foxx in un film che sembra un’opera teatrale, e che forse proprio per questa sua diversità ancora oggi non viene riconosciuto come dovrebbe. Interamente girato nelle ore notturne, il film vede come protagonista Max Durocher, un autista di taxi, che si ritrova suo malgrado costretto a trasportare per tutta la notte un misterioso passeggero, Vincent, in cambio di un lauto compenso. Quello che Max non sa è che Vincent lavora come sicario, ed è stato ingaggiato per uccidere cinque testimoni collegati ad un inchiesta sul narcotraffico. Il film si svolge quasi interamente all’interno di una macchina ed è paradossalmente una pellicola che fin dall’inizio appare scarna, spenta, volutamente traballante. Il capolavoro di Mann sta proprio nella sua capacità di mettere due grandi attori davanti ad una telecamera e dare vita ad una magia silenziosa, senza esagerazioni e virtuosismi. Qualcuno ha detto che sarebbe meraviglioso poter rivedere Collateral con gli attori che interpretano i ruoli invertiti: non possiamo che dichiararci d’accordo.
6) Taxi Driver
Di nuovo Martin Scorsese, di nuovo un’incredibile occasione mancata. Ritenuto dalla critica e dal pubblico un capolavoro del cinema contemporaneo, Taxi Driver è una di quelle pellicole che infiammano anche gli animi dei meno appassionati, il film che chiunque dovrebbe aver visto e per il quale ci si dovrebbe vantare quotidianamente alle cene di famiglia. Fa quasi sorridere, a questo punto, pensare che Taxi Driver non abbia vinto assolutamente nulla di ciò che ci si aspettava: dai ruoli principali interpretati da Jodie Foster e Robert De Niro (strappati da film come Quinto Potere e Tutti gli uomini del presidente) alla colonna sonora di Bernard Herrmann (compositore in alcune tra le pietre miliari della storia del cinema), il film di Scorsese è un bello schiaffo in faccia a tutti coloro che pensano ancora che il premio faccia il film. Non facciamo di tutta l’erba un fascio, sia ben chiaro; fatto sta che l’interpretazione di De Niro in Taxi Driver andrebbe insegnata alle scuole elementari.
7) L’era glaciale
Chiudiamo con il sorriso e con una pellicola che ci mette davanti ad una consapevolezza precisa: non ci potrà mai essere, nella storia degli Oscar, un premio diviso equamente tra due film. E se c’è stata una volta in cui non sapevamo nemmeno da che parte girarci è stato durante i premi Oscar 2003, quando La città incantata strappò la statuetta come miglior film d’animazione a L’era glaciale. Torniamo quindi all’annosa questione: come si fa a scegliere tra due capolavori, due film che per motivi e caratteristiche totalmente opposte hanno fatto la storia dei cartoni? L’era glaciale, diretto da Chris Wedge e prodotto da una (al tempo) minuscola casa di produzione se paragonata ai colossi Pixar e Disney, è un film che al suo interno ha tutto: fa ridere, fa piangere, fa riflettere. Ti strappa il cuore dal petto e te lo riattacca un po’ a tentoni, come gli artigli maldestri di Sid il bradipo. Cosa possiamo dirvi, davanti alla stretta della proboscide di Manny da parte del neonato Roshan, se non “lasciatevi affascinare”?
Come dice A qualcuno piace caldo, nessuno è perfetto. Soprattutto i film, che comunque possiedono una capacità non da poco: possono donarci tanto, tutti insieme.