Che sia amino o si odino, gli Oscar rimangono non solo il premio più importante del cinema, ma sono anche terribilmente affascinanti. Guardare i film candidati, fare i nostri pronostici sulle varie categorie, esultare quando i nostri prediletti trionfano e arrabbiarci quando l’Academy sbaglia il vincitore (ed è successo parecchie volte purtroppo) sono ancora gli sport preferiti da noi cinefili. Così come scoprire le storie e le curiosità che si nascondono dietro una vittoria o una nomination della serata più glamour di Hollywood. È anche interessante osservarne i record e le statistiche, per scoprire ad esempio quali sono i film più vittoriosi. E oggi non andremo solo a scoprirli, ma pure a classificarli, in base ovviamente alle statuette conquistate (il cui numero è tra parentesi a fianco al titolo della pellicola) e, laddove siano pari, alla tipologia (sappiamo che i Big Five hanno un peso maggiore rispetto magari alle categorie tecniche), se ha conquistato tutte le nomination e, infine, all’importanza di quelle vittorie.
Non ci resta, allora, che addentrarci nella classifica dei film che hanno conquistato più Oscar nella storia. Ah, ci saranno anche Titanic e Ben-Hur.
15) Cabaret (8)
Iniziamo la classifica dei film con più Oscar con l’unico a non aver vinto la statuetta più prestigiosa.
Cabaret, infatti, ha conquistato il premio per regia a Bob Fosse, attrice protagonista a Liza Minelli, attore non protagonista a Joel Grey, fotografia, scenografia, montaggio, sonoro e colonna sonora. Ispirandosi alle storie di Christopher Isherwood, al testo teatrale di John Van Druten I’m a Camera e al musical Cabaret di Joe Masteroff, Fosse crea un’operazione tanto azzardata quanto riuscita, fondendo perfettamente immagine, parole e canto. Una grandissima Liza Minelli – indimenticabili le sue performance Cabaret e Money, money con Joel Grey – veste i panni della cantante Sally Bowles che, nella Berlino degli anni ’30, è divisa dall’amore tra due uomini: il giovane scrittore inglese Brian e il facoltoso playboy Maximilian von Heune. Le loro vicende si intrecciano al decadentismo di quei tempi, all’universo frenetico del cabaret (simbolo del disfacimento morale della società) e alla diffusione del cancro del nazismo.
Coreografie sensazionali, sceneggiatura che contrasta perfettamente la parte cantata sul piano emozionale, regia impeccabile, interpretazioni memorabili e temi importanti lo rendono, tutt’oggi, uno dei musical più importanti e, soprattutto, un capolavoro del cinema a stelle e strisce.
14) The Millionarie (8)
The Millionaire sbancò agli Oscar 2009 conquistandosi ben otto statuette: film, regia a Danny Boyle, sceneggiatura non originale, fotografia, montaggio, sonoro, colonna sonora e canzone (Jai Ho). Sappiamo, però, quanto questa sia una pellicola divisiva, a cui sono state mosse diverse critiche come la rappresentazione sensazionalistica e piena di cliché dell’India, il poco approfondimento psicologico dei personaggi, la mancanza di un’analisi appropriata dei problemi sociali della nazione, la resa riduttiva delle donne e la trama inverosimile e costruita ad hoc per suscitare emozioni in noi.
Non era il miglior film dell’anno; eppure, Boyle è riuscito a colpire nel segno proprio al momento giusto. Semplicemente, l’Academy e il pubblico si innamorarono di The Millionaire. La narrazione semplice e unica di questo ragazzo, che sa le risposte del Milionario grazie alle sue esperienza passate, dà vita a un’opera coinvolgente. Rappresenta la storia dei perdenti per eccellenza; dunque, non si può non fare il tipo per Jamal e desiderare disperatamente la sua vittoria e il suo riavvicinamento a Latika, l’amore della sua via. L’ottima regia è sostenuta da una scrittura geniale, un montaggio frenetico, una fotografia gloriosa, un brillante Dev Patel e delle musiche stupende. Il viaggio che Boyle ci permette di compiere è meraviglioso e sì, terribilmente inverosimile. Però sta proprio qui la magia di questo commovente film.
13) My Fair Lady (8)
Nell’anno di Mary Poppins e il dottor Stranamore di Stanley Kubrick, fu My Fair Lady a conquistarsi il malloppo più sostanzioso agli Oscar.
Si aggiudicò miglior film, regia a George Cukor, attore protagonista a Rex Harrison, fotografia, scenografia, costumi, sonoro e colonna sonora. La storia del professor Henry Higging, che trasforma la popolana Eliza Doolittle in una signora d’alta società, rimane uno dei musical più sorprendenti di sempre. Al tempo, poi, non c‘era mai stato un qualcosa di simile a questo film dai costumi e dalle scenografia maestose. Dal classico I Could Have Danced All Night a Get Me To The Church on Time, non c’è un numero che deluda ed è un risultato incredibile, considerando che ci sono circa una dozzina di canzoni.
Certo, il casting di Audrey Hepburn, che venne chiamata perché più famosa della Julie Andrews che interpretava Eliza a Broadway (e che, paradossalmente, vinse la statuetta per la miglior attrice protagonista), scatenò qualche polemica dato il problema del canto. Ma, da grande attrice qual era, riuscì comunque a offrire un’ottima performance, trovando una grande chimica con Rex Harrison che, per la prima volta nella storia, eseguì i brandi dal vivo e senza le registrazioni. Con una scrittura pungente e deliziosamente satirica, My Fair Lady è un’esperienza giocosa e gloriosa, sia visivamente che sonoramente. E, anche con le sue tre ore, il film continua a fluttuare, come un sogno.
12) Gandhi (8)
Gandhi è uno di quei biopic emozionanti che all’Academy piacciono da morire. Non a caso ha conquistato ben otto Oscar: film, regia a Richard Attenborough, attore protagonista a Ben Kingsley, sceneggiatura originale, fotografia, scenografia, costumi e montaggio. Certo, almeno le prime due sarebbero dovuti andare a un’altra pellicola, ovvero E.T. l’extraterrestre; però ciò non toglie che Gandhi sia un’opera di valore.
È un film ben realizzato e con una delle più grandi interpretazioni da protagonista di quest’epoca, forse di sempre. Ben Kingsley diventa il Mahatma Gandhi in modo così viscerale che è difficile separare l’attore dal personaggio. Kingsley è Gandhi e questo è il tipo di performance che merita davvero il riconoscimento dell’Academy. E così è stato.
Non possiamo fare a meno di rimanere emotivamente colpiti dalla vita di Gandhi, da quella sua incredibile storia che sembra fatta su misura per essere adattata al cinema. Infatti, l’altro aspetto che risalta nel film di Attenborough è il suo senso visivo. Grazie alle riprese in esterni, alle scene con l’enorme folla e ai costumi dettagliati, il film risulta autentico e la cinematografia trionfa. Con le sole immagini, anche quando c’è un rallentamento verso la metà, riesce comunque a tenerci impegnati e interessati. E non è una cosa da poco.
11) Amadeus (8)
Sono ancora otto gli Oscar conquistati da Amadeus: film, regia a Milos Forman, attore protagonista a F. Murray Abraham, sceneggiatura non originale, scenografia, costumi, trucco e acconciatura, sonoro. E sono tutti decisamente meritati.
Narrando con originalità la rivalità tra Mozart e Salieri, Amadeus è un trionfo visivo meraviglioso, pieno di costumi sensazionali, una grande direzione artistica e una cinematografia da urlo. Forman girò gli esterni in Repubblica Ceca, dando così al film uno stile più ricco e autentico. Aggiungiamoci la fantastica colonna sonora classica e potrebbe essere sufficiente per il successo dell’opera. Però, Amadeus va oltre. La sceneggiatura ci regala un grande studio dei personaggi: Salieri è un’anima torturata, così paralizzato dalla gelosia per Mozart da non riuscirne a vedere lo straordinario e divino talento; Mozart, invece, è un genio sciocco, immaturo, che ricorda quasi una rockstar moderna. È una svolta che riesce a rendere il tutto molto più divertente e accessibile. Infatti, l’infantilità di Mozart lo rende inconsapevole di come i suoi talenti stiano torturando Salieri e il loro legame di amore-odio ci regala un cinema straordinario, reso ancor più grande dalle performance di Abraham e Hulce.
Inoltre, ci pone molte delicate domande, ad esempio se saremo davvero felici del successo di un altro; evidenzia le difficoltà che un artista deve fronteggiare per la grandezza; infine, riesce a essere serio e divertente allo stesso tempo. E ciò spiega la grandezza di un film indimenticabile.
10) Da qui all’eternità (8)
Se pensiamo a Da qui all’eternità, si fa subito largo nella nostra mente la memorabile e bellissima scena di Burt Lancaster e Debora Kerr che si baciano nella risacca. Ma ridurlo a quell’iconico momento sarebbe sbagliato. Non a caso ha conquistato 8 Oscar: film, regia a Fred Zinnemann, attore non protagonista a Frank Sinatra, attrice non protagonista a Donna Reed, sceneggiatura non originale, fotografia, montaggio e sonoro.
Da qui all’eternità combina brillantemente recitazione, regia, scrittura, cinematografia e montaggio, che funzionano perfettamente per creare un film superbo. La sceneggiatura tocca temi narrativi delicati, riguardanti i conflitti del dovere e del fare ciò che è giusto, il rimanere saldi nelle proprie convinzioni e persino il questionare il proprio posto e scopo in un mondo che sembra impazzito. L’opera è esistenziale, come il suo protagonista Prewitt, pensatore profondo che mette in discussione tutto ciò che lo circonda e alla ricerca della sua strada nella vita, e la performance di Montgomery Clift è semplicemente sublime. Così come quella di Lancaster, Sinatra, Reed e Kerr; queste ultime hanno rischiato interpretando personaggi femminili diversi dal solito, meno pudici e più sfrontati, e sono state ripagate. Pur cadendo nel melodramma, ciò non inficia il risultato finale, tanto che tutt’oggi rimane un film potente, coinvolgente, accattivante ed estremamente efficace.
9) Via col vento (8)
Ci sono pochi film “classici” come Via col vento, che ha conquistato ben otto statuette (e due onorarie): film, regia a Victor Fleming, attrice a Vivien Leigh, attrice non protagonista a Hattie McDaniel, sceneggiatura, fotografia, scenografia e montaggio.
Fino a quel momento, non c’era mai stato niente di simile. L’opera ha sfidato gli ideali del tempo in termini di scala, portata e durata, riuscendo a catturare gli spettatori come nessuna altro era riuscito a fare. Con l’eccellente cinematografia in Technicolor, i grandiosi scenari, gli splendidi costumi e le interpretazioni immediatamente classiche di Leigh, Gable e McDaniel, fu chiaro anche ai critici dell’epoca che stavano vedendo qualcosa di leggendario. Via col vento è pieno di momenti iconici e di citazioni entrate nella storia, come quella di Gable, “Francamente me ne infischio“, o di Leight: “Dopotutto, domani è un altro giorno“.
Certo, difficile nasconderne i difetti soprattutto in un contesto moderno: in primis, il film adotta il punto di vista degli schiavisti sudisti ai tempi della Guerra di Secessione americana, risultando estremamente razzista; inoltre, c’è scena sull’intuibile violenza sessuale di Rhett sulla moglie. Eppure, anche se da un lato va contestualizzato e dall’altro mai giustificato, rimane un grande spettacolo da vedere e resiste come uno dei film più importanti di sempre.
8) Fronte del porto (8)
Fronte del porto fu lo spartiacque per una nuova era del cinema hollywoodiano, più crudo e senza compromessi, con l’Academy che rimase chiaramente colpita da questo pezzo di cinema originale e audace. Anche qui, otto Oscar: film, regia a Elia Kazan, sceneggiatura originale, attore a Marlon Brando, attrice non protagonista a Eva Marie Saint, fotografia, scenografia e montaggio.
È un film in cui regia e attore protagonista lavorano insieme splendidamente. Brando riesce a scomparire in Terry, regalando un’interpretazione reale, d’impatto ed efficace, tanto che il suo monologo “Avrei potuto essere un contendente!” è ancora oggi letteralmente da brividi. È sempre stato uno di quegli attori capaci di catturare la nostra attenzione come pochi altri e mai come qui è stato evidente. Ma non è l’unico a spiccare, perché anche Saint ci dona una performance emozionante e sorprendente, dato che era al debutto. Una menzione va anche agli altri attori che, pur conquistando la nomination, non sono riusciti a vincere il premio da non protagonista. Le scene tra Roy Steiger e Brando sono magiche, così come quest’ultimo ha una grande intesa con Saint.
Il tutto è reso magnificamente da una sceneggiatura da Oscar, risultando ancora oggi uno dei film meglio scritti di sempre. Il suo mix di realismo avvincente e dramma gangster è perfetto, portandoci a quel finale che è commovente tanto quanto lo era nel 1954.
7) Il paziente inglese (9)
Sì, è palese quanto l’influenza e la campagna pubblicitaria di Harvey Weinstein abbiano contribuito a portare Il paziente inglese a conquistare ben nove Oscar nel 1997: film, regia a Anthony Minghella, attrice non protagonista a Juliette Binoche, fotografia, sceneggiatura, costumi, montaggio, sonoro e colonna sonora drammatica. Anche in questo caso, non era il film dell’anno. Però, non se ne possono ignorare le qualità, soprattutto perché sono quelle che piacciono tanto all’Academy.
È un grandioso, emozionante ed epico kolossal che pare riprendere il cinema di David Lean, riuscendo a mixare brillantemente una romantica storia d’amore, un’ambientazione esotica e il dramma della guerra. È un racconto vero e potente, confezionato eccellentemente e con una cinematografia sbalorditiva. La ricostruzione tecnica è impeccabile, la colonna sonora è magnifica, regia e scrittura sono stellari. Oltre a non tradire il romanzo da cui è tratto il film, Minghella, infatti, crea immagini suggestive attraverso panoramiche nel deserto o inquadrature dei magnifici paesaggi toscani ed egiziani. Inoltre, l’equilibrio della trama è garantito dal montaggio che alterna le scene di Laszlo e Hana in un casolare della Toscana ai ricordi dell’uomo, che ripercorre la sua relazione con l’affascinante Katharine, fino a uno dei finali più struggenti di sempre. Infine, il cast è superbo: da Ralph Fiennes a Kristin Scott Thomas, passando per Colin Firth, Willem Dafoe e Juliette Binoche. Tutti estremamente meravigliosi.
6) Gigi (9)
Gigi è una delle (poche) pellicole che ha vinto tutti gli Oscar a cui era stata candidata: film, regia a Vincente Minelli, sceneggiatura non originale, fotografia, scenografia, costumi, montaggio, colonna sonora e canzone.
Certo, parecchi considerano il suo successo sproporzionato, considerando soprattutto che l’Academy abbia evitato di candidare il film che davvero si meritava i premi più importanti, ovvero Vertigo di Alfred Hitchcock. In più, essendo un musical, viene paragonato ad altri film del genere, cadendo esattamente sulla sufficienza: non è così originale e iconico da diventarne una colonna portate, ma non è nemmeno così anonimo da cadere nel dimenticatoio. Aggiungiamoci pure la scomoda storia d’amore tra la sedicenne Gigi e l’ultratrentenne Gaston (sebbene nella Parigi di inizio ‘900 a quell’età si era già considerate donne) e le critiche sono comprensibili.
Non si può negare, però, che sia un film visivamente bello, con elaborati numeri musicali, una grandissima cura sia nella scenografia che nei costumi e una sgargiante fotografia fatta col Technicolor. Le canzoni sono orecchiabili e, nonostante la differenza d’età tra i protagonisti, la loro storia d’amore è affascinante e regala un grande apporto emotivo, grazie anche all’interpretazione raffinata e spumeggiante di Leslie Caron e a quella autoironica di Maurice Chevalier. Minnelli si conferma un asso alla regia, sebbene sia molto classica, considerando anche come lo stesso regista sfidi le convenzioni di un altro genere, ovvero il melodramma, nel film Qualcuno verrà. E allora, viene da chiedersi perché non l’abbia fatto anche qui.
5) L’ultimo imperatore (9)
Anche L’ultimo imperatore si è portato a casa tutti gli Oscar per cui è stato nominato, risultando essere solo il secondo nella storia (dopo, appunto, Gigi) a compiere questa impresa. Ha vinto la statuetta per film, regia a Bernardo Bertolucci, sceneggiatura non originale, fotografia, scenografia, costumi, montaggio, sonoro e colonna sonora.
Seguendo lo stesso filone di Gandhi, il film di Bertolucci presenta l’incredibile vita di una figura straniera che era conosciuta per nome, ma non per la sua storia: Pu Yi, ovvero l’ultimo imperatore della Cina. Questo kolossal epico-biografico, dalla portata e tempo di esecuzione immensi, ricevette all’epoca il rarissimo permesso, specie per un regista non cinese, di poter girare dentro le mura della Citta Proibita di Pechino, diventando il primo lungometraggio occidentale in cui viene mostrata la vera corte imperiale cinese. E il risultato è sorprendente, perché quei set non potrebbero essere ricreati in studio e Bertolucci, infatti, sfrutta appieno questa occasione.
Attraverso l’uso di migliaia di comparse e dei costumi d’epoca, crea una rappresentazione genuina della Cina e di quel momento della sua storia; il tutto sottolineato da una colonna sonora d’ispirazione asiatica. Certo, magari è un po’ troppo lungo e la narrazione non era impeccabile (non è Ben-Hur, per intenderci), però è davvero impossibile non lasciarsi travolgere dalla maestosità e dalla grandezza di questo film.
4) West Side Story (1961) (10)
Saliamo di numero, con i 10 Oscar conquistate da West Side Story: film, regia a Robert Wise e Jerome Robbins, attore non protagonista a George Chakiris, attrice non protagonista a Rita Moreno, fotografia, scenografia, costumi, montaggio, sonoro e colonna sonora.
Essendo un musical, fondamentale è la parte cantata e ballata. E risulta essere impressionante, abbagliante, magnifica e ancora avvincente da vedere, soprattutto l’iconico numero di apertura di dodici minuti del film. La danza si fonde perfettamente nel nucleo dell’opera stessa e il coreografo Robbins è stato così importante nella produzione del film da essersi guadagnato il credito alla co-regia. Se ci aggiungiamo musica travolgente e geniali testi, capiamo subito di essere di fronte a qualcosa di diverso. Già, perché West Side Story va oltre il semplice canto e ballo, toccando l’importante questione dei problemi razziali che stava affrontando l’America sessantina. È stato uno dei primi musical a trasmettere un messaggio sociale, celato sotto il suo toccante romanticismo. C’erano i soliti cliché del genere, ma li ha presentati sullo sfondo di una guerra razziale, distinguendosi dagli altri musical. E non dimentichiamoci delle grandi interpretazioni di Moreno e Chakiris, tanto da surclassare i protagonisti Natalie Wood e Richard Beymer.
Ha saputo distinguersi e ciò venne riconosciuto dall’Academy, diventando meritatamente il musical più premiato nella storia degli Oscar.
3) Titanic (11)
Entriamo nel club degli 11 Oscar conquistati con una pellicola che non ha bisogno di spiegazioni. Titanic si è portato a casa la statuetta per film, regia a James Cameron, fotografia, scenografia, costumi, effetti speciali, colonna sonora, canzone (My Heart Will Go On), montaggio, sonoro e montaggio sonoro. E sì, per quanto si possa dibatterne, per quanto sia facile farlo a pezzi, Titanic li meritava tutti. Anche alla luce dell’impatto culturale raggiunto dal film. Però, ciò che Cameron realizzò all’epoca fu un’impresa colossale che pochi sono davvero riusciti a fare. Ha combinato una tragedia realmente accaduta con una storia d’amore travolgente con grande maestria e gli effetti speciali reggono tutt’oggi (la parte dell’affondamento della nava è ancora magnificamente devastante). La colonna sonora è iconica, così come la canzone di Celine Dion, molte battute rimaste nell’immaginario e altrettante memorabili scene di Titanic.
Per non parlare della bellissima storia d’amore tra Jack e Rose, di quei Leonardo DiCaprio e Kate Winslet che ci hanno fatto innamorare profondamente, per poi farci piangere a dirotto nel finale di Titanic. E non importa quante volte lo vediamo, piangeremo sempre.
È uno spettacolo visivo abbagliante e narrativamente avvincente. In fondo, pochi film sono così iconici come Titanic, che ci ha estasiato con le sue immagini quanto devastato con la sua violenza emotiva. Inevitabili i tanti premi, con l’Academy che stava semplicemente seguendo un pubblico rimasto incantato dal film. E non c’è niente di sbagliato in questo.
2) Ben-Hur (11)
Tutt’oggi, Ben-Hur rimane uno dei più grandi kolossal mai realizzati e una delle imprese cinematografiche più incredibili di tutti i tempi. Infatti, venne premiato con ben 11 Oscar su 12 candidature, un record in solitaria che resistette per quasi quarant’anni, bissato da Titanic e di nuovo eguagliato nel 2003 dal film che si trova al primo posto di questa classifica. Ben-Hur ha conquistato film, regia a William Wyler, attore a Charlton Heston, attore non protagonista a Hugh Griffith, fotografia, scenografia, montaggio, costumi, sonoro, effetti speciali e colonna sonora.
Anche ai giorni nostri Ben-Hur è visivamente abbagliante, la sua portata davvero notevole ed è difficile non rimanere colpiti da un pezzo così monumentale della storia del cinema. Esemplificativo di ciò è l’iconica sequenza della corsa delle bighe, con una cinematografia e delle acrobazie sorprendenti per l’epoca. Il solo fatto che siano riusciti a riprendere una corsa di bighe a grandezza naturale, della durata di 12 minuti, è assolutamente sbalorditivo, considerando i mezzi che c’erano nel 1959. Il lavoro di post-produzione con il montaggio e quello con gli effetti sonori sono la vera perfezione, ed è ancora uno dei pezzi d’azione più brillanti della storia del cinema. Ecco che Beh-Hur è un film brillantemente elaborato e un vero e proprio esempio delle capacità infinite della nostra amata settima arte.
1) Il Signore degli Anelli – Il ritorno del re (11)
Nonostante film epici come Ben-Hur, al primo posto di questa classifica non poteva che esserci il capitolo conclusivo de Il signore degli anelli. Sebbene non abbia candidature per gli attori/attrici, ha vinto 11 degli 11 Oscar a cui era candidato: film, regia a Peter Jackson, sceneggiatura non originale, scenografia, costumi, trucco, montaggio, sonoro, effetti speciali, colonna sonora e canzone (Into the West). È stato il primo fantasy a essersi aggiudicato la statuetta più prestigiosa (miglior film) ed è riuscito a chiudere in maniera straordinaria quella che è, probabilmente, la miglior trilogia cinematografica di sempre.
Ciò che Jackson ha ottenuto è un miracolo cinematografico, tanto era considerato impossibile adattare il vastissimo mondo raccontato nei libri di Tolkien. È stato capace di migliorare la qualità in ogni film e non è una cosa che si dice spesso sulle saghe cinematografiche. Non c’è un singolo elemento fuori posto; non c’è un singolo aspetto ne Il ritorno del re che non sia eccellente: dalla narrazione alla recitazione, dalla cinematografia alla produzione, dai costumi agli effetti, passando per il trucco, il sonoro e le incredibili scene di guerra. È un film narrativamente coeso, genuinamente avvincente, emotivamente toccante e visivamente sbalorditivo. Jackson è riuscito a fare l’impossibile, rendendola un’opera d’arte avvincente e accattivante che rimane ancora oggi uno dei risultati cinematografici più impressionanti e vittoriosi di tutti i tempi.