Gli Oscar sono l’appuntamento cinematografico più importante dell’anno, atteso tanto dagli addetti ai lavori quanto dagli appassionati. Che vogliamo ammetterlo o no, è uno dei metri con cui giudichiamo la riuscita di un film perché, se è candidato a un premio così importante, vuol dire che merita di essere visto. Ed è solitamente vero, nonostante ci siano anni più competitivi di altri; insomma, potremmo stare ore a discutere se l’Oscar nel 2015 lo dovesse vincere Birdman o Boyhood (senza contare gli altri in nomination, come il geniale Grand Budapest Hotel), ma in fondo entrambi se lo sarebbero meritato. Ci sono però dei casi – parecchi casi, purtroppo – in cui a vincere è decisamente il film sbagliato. Gigi su Vertigo di Hitchcock nel 1958? My Fair Lady sul Dottor Stranamore di Kubrick nel 1965? Soprattutto Com’era verde la mia valle su Quarto potere nel 1942? Sì, sono domande che ci poniamo ancora.
Attenzione: con “sbagliato” non vogliamo dire che sia un film necessariamente brutto, soltanto che non è il migliore dell’anno in cui ha vinto l’Oscar.
Cercando di esplorare più di quarant’anni di storia cinematografica, spaziando nel tempo e nei generi e provando a essere più obietti possibili, abbiamo trovato 10 esempi a sostegno della nostra tesi, accompagnate da menzioni sparse qua e là. Pur essendo consapevoli che sono pochi e sperando che quello del 2023 non rientri in questa categoria, non resta che andare ad analizzarli insieme.
1) Shakespeare in Love (Oscar 1999)
Impossibile non partire da colui che è citato come l’esempio per antonomasia di film che non doveva vincere la statuetta e che, invece, dominò la serata con 7 vittorie su 13 nomination.
Il movimento #metoo dimostrò che fu solo per la campagna aggressiva, costosa e senza scrupoli fatta da Harvey Weinstein che Shakespeare in Love si portò a casa così tanti premi, soprattutto quello più prestigioso, scioccando tutta l’industria cinematografica. Perché, parliamoci chiaro, gli altri in nomination erano molto più meritevoli, in particolare due di loro: l’epico dramma bellico di Spielberg (che almeno ha vinto la regia), Salvate il soldato Ryan, e uno dei racconti sulla guerra più poetici di sempre, La sottile linea rossa di Terrence Malick – che perse clamorosamente anche nel 2012 col meraviglioso The Tree of Life. Malick, con il suo film poco canonico per i gusti dell’Academy, sarà il vero sconfitto della serata, tornando a casa senza vittorie nonostante le 7 nomination.
E sicuramente, assieme a questi due lungometraggi, a Elizabeth e La vita è bella, un posto se lo sarebbe meritato un altro capolavoro della cinematografia e non Shakespeare in Love, forse troppo avanti per quei tempi, e fu decisamente vergognoso averlo tenuto fuori: The Truman Show.
2) Crash – Contatto fisico (Oscar 2006)
Crash è ritenuto uno dei peggiori film ad aver vinto l’Oscar. Caduto presto nel dimenticatoio, la trama è incentrata sulle crescenti tensioni razziali tra alcuni residenti di Los Angeles. Sebbene nel cast ci fossero nomi importanti e rispettabili – ad esempio, Sandra Bullock, Don Cheadle, Matt Dillon, Terrence Howard, Thandie Newton e Brendan Fraser – è l’ennesima pellicola sul razzismo in cui questo tema è trattato malamente e in maniera confusa. Ciò che non accettiamo, però, è l’aver rubato la statuetta a uno dei film più belli, commoventi e indimenticabili della storia, che ha ricevuto il plauso universale (con le vittorie a Venezia, ai BAFTA e ai Globe) e immensi elogi per le interpretazioni di Heath Ledger e Jake Gyllenhaal.
Ormai indelebile nei nostri cuori, I segreti di Brokeback Mountain dimostrò quanto l’Academy fosse poco incline al cambiamento, troppo arretrata per votare un’opera con protagonisti due cowboy omosessuali. Lo stesso Clooney, che batté Gyllenhaal, salì perplesso sul palco dicendo:
“Quindi non vinco come miglior regista.”
Infatti, quell’anno aveva diretto e scritto Good Night and Good Luck, incentrato sulla battaglia giornalistica che l’anchorman Ed Murrow portò avanti contro il senatore McCarthy. Che, tra parentesi, sarebbe stato più meritevole di Crash. Così come Truman Capote o Munich.
3) A spasso con Daisy (Oscar 1990)
Potremmo provare a comprendere i motivi della vittoria di A spasso con Daisy nel 1990. Due soggetti che affrontano l’invecchiamento nella vita e nella loro lunga relazione lavorativa (sono infatti un dipendente e il suo capo) potevano essere una novità sufficiente all’epoca, unita alle buone interpretazioni di Morgan Freeman e Jessica Tandy. Ma ciò non basta e i contro sono molti di più dei pro.
Innanzitutto, quest’opera fallisce nello studio dei suoi personaggi, non riuscendo a coglierne sfumature ed evoluzioni nel corso degli anni. Oltre alle pesanti critiche su come gestisce il razzismo, sfidava pellicole migliori e amate ancora oggi come Nato il quattro luglio di Stone, L’attimo fuggente di Weir e L’uomo dei sogni di Robinson. Con la vittoria di un film piuttosto simile come Green Book nel 2019 (anch’essa piuttosto contestata), A spasso con Daisy è tornato in auge venendo citato in senso dispregiativo da Spike Lee. Già perché fu proprio la sua opera magnum sul razzismo “Fai la cosa giusta” a essere esclusa dalla cinquina – il che dimostra che c’era un’alternativa migliore. Kim Basinger, durante la presentazione, disse a proposito:
“Abbiamo cinque grandi film e sono fantastici per una ragione: dicono la verità. Ma ne manca uno che merita di esserci perché, ironia della sorte, potrebbe raccontare la verità più grande di tutte. E questo è ‘Fai la cosa giusta’”.
Infine, in un sondaggio fatto da The Hollywood Reporter nel 2015, se l’Academy potesse rivotare, darebbe la vittoria a Il mio piede sinistro, con uno straordinario Daniel Day-Lewis.
4) Il discorso del re (Oscar 2011)
Non fraintendeteci, Il discorso del re non è per niente brutto e il premio a Colin Firth è meritato. Ma è davvero il miglior film dell’anno? No, nemmeno lontanamente.
Si sa che l’Academy raramente abbandona i suoi amati biopic – per di più con una regia semplice e scolastica – per qualcosa di più originale e creativo. L’occasione c’era perché nei nominati si trovava quello che è considerato uno dei migliori film del nuovo millennio, scritto divinamente da Aaron Sorkin (che infatti vinse la sceneggiatura): The Social Network. Soprattutto perché non si è resa conto che David Fincher è riuscito a mettere in scena gli stessi elementi presenti ne Il discorso del re all’interno di una maestosa e importantissima opera ancora tremendamente attuale. E l’ha fatto con una direzione da urlo, senza che la contemporaneità venisse oscurata dalla classicità.
Se proprio non volevano inspiegabilmente dare la statuetta a The Social Network (ma i motivi li vorremmo sapere), c’erano altri film da premiare al posto de Il discorso del re: ad esempio Il cigno Nero di Aronosky, Inception di Nolan (vergognosamente escluso dalla regia), Un gelido inverno di Granik e Il Grinta dei Coen. E se parliamo dei non candidati, basta un solo nome: Shutter Island. E abbiamo detto tutto.
5) Balla coi lupi (Oscar 1991)
È incredibile constatare quante sconfitte abbia subito in carriera un regista del calibro di Martin Scorsese: ha perso nel 1977 contro Rocky, nel 1981 contro Gente Comune (e ne parleremo più avanti), nel 2003 contro Chicago, nel 2012 contro The Artist e via dicendo.
Tuttavia, la non-vittoria nel 1991 è particolarmente difficile da digerire.
Sostanzialmente, Balla coi lupi di Kevin Costner è un film godibile e con una regia solida, anche se il suo tempo di esecuzione è fin troppo estenuante e soporifero. Ebbe poi un grandissimo successo al botteghino e cercò di ritrarre la cultura dei nativi americani senza cadere in stereotipi e pregiudizi, sebbene non ci riuscì pienamente: l’opera, infatti, non sfugge alla mentalità dell’uomo bianco superiore e salvatore, cosa che è considerata al limite dell’offesa razziale.
Era chiaramente la scelta più conveniente per l’Academy. Il problema, però, fu che strappò la vittoria a un assoluto capolavoro, ovvero Quei bravi ragazzi. È probabile che la violenza dell’opera abbia influito sulle possibilità di vittoria; peccato che l’anno dopo vincerà (meritatamente) un film su un serial killer cannibale. Oltre a essere un lavoro registico perfetto e ad avere interpretazioni indimenticabili, a differenza di Costner, Scorsese dimostrò davvero come far funzionare un film dalla lunga durata. E non dimentichiamoci quanta influenza abbia avuto, tanto da far nascere pietre miliari come I Soprano.
6) Forrest Gump (Oscar 1995)
Tutti amano Forrest Gump. È un film al tempo stesso divertente e struggente, che tocca le corde dell’anima, da vedere quando abbiamo bisogno di sollevare il morale e con un sublime Tom Hank. Ma c’è un ma. Se fosse uscito un anno dopo, concorrendo in una delle edizioni più deboli degli Oscar (vinse Braveheart), avremmo potuto accettare la sua vittoria. Però nel 1995? Quando nel ’94 erano uscite opere meravigliose? No, non ci siamo proprio.
Pulp Fiction, Le ali della libertà, Quiz Show, Quattro matrimoni e un funerale, persino i tanti rimasti fuori come Ed Wood e Il Re Leone: ognuna di queste opzioni aveva più punti a favore per vincere l’Oscar rispetto a Forrest Gump. Soprattutto i primi due. Tarantino ha cambiato il cinema con il film più audace e originale dell’anno, dimostrando che anche l’indipendente può avere un grandissimo successo commerciale, rivitalizzando la carriera di John Travolta e lanciano Uma Thurman. Le ali della libertà, oltre a essere uno dei migliori adattamenti di Stephen King, è un’opera con delle lezioni di vita così potenti e delle interpretazioni così belle che ci toccano nel profondo.
E allora perché ha vinto Forrest Gump?
Era esattamente tutto quello che l’Academy voleva in quel momento. Dopo tre anni di film importanti e pesanti, cercava qualcosa di leggero, d’ispirazione, basato sull’american dream, tradizionale e soprattutto che non li sfidasse: ed ecco perché Tarantino non poteva vincere. In più, lo ha aiutato avere Tom Hanks da un lato e il plauso della folla dall’altro (era un periodo in cui l’Academy tendeva a concordare con i gusti del pubblico), seppur la sua popolarità sia drasticamente scesa col tempo.
7) The Millionaire (Oscar 2009)
Un po’ come Forrest Gump, The Millionaire ha toccato i giusti punti per aggiudicarsi la statuetta più prestigiosa: è una storia di rivalsa immediata, ruffiana, semplice e dall’estetica sbalorditiva. Sebbene la trama sollevò pareri discordanti (ad esempio, il riscatto di Jamal avviene solo grazie a delle coincidenze e la sua relazione con Latika è poco credibile), la popolarità fu tale che difficilmente gli Oscar potevano ignorarla. Senza contare l’importanza di Bollywood e del far vincere un cast quasi interamente non-bianco.
Ma The Millionaire non era il miglior film dell’anno. Tra quelli nominati – Milk, The Reader, Frost/Nixon e Il curioso caso di Benjamin Button – l’Oscar sarebbe dovuto andare all’opera di Fincher, una delle storie d’amore più uniche e meglio adattate nella storia del cinema. Ma il problema più grande riguarda gli esclusi. Parliamo di In Bruges o Synecdoche, New York; del capolavoro dell’animazione WALL-E e del meraviglioso dramma sportivo The Wrestler. Ma la più clamorosa e tutt’oggi inspiegabile è l’assenza di un film unanimemente acclamato da critica e pubblico: Il cavaliere oscuro di Nolan. Lo stesso Spielberg recentemente ha detto:
“Per un film come Il Cavaliere Oscuro, che avrebbe dovuto essere nominato al tempo, è un tipo di riconoscimento che è arrivato tardi. Avrebbe sicuramente conquistato una nomination se fosse uscito oggi”
Se non altro, il contraccolpo fu tale che costrinse l’Academy a espandere i canditati a miglior film da 5 a 10 l’anno successivo, così che bellissime opere di genere non fossero più escluse ingiustamente.
8) Gente comune (Oscar 1981)
Gente comune è un’emozionante e cupo dramma familiare, che tratta tematiche all’epoca scioccanti (oggi un po’ meno) in una storia piuttosto verosimile e che vede l’esordio di Robert Redford alla regia. Nonostante ciò e sebbene le ottime performance (Sutherland su tutti), ciò non basta a giustificare la sua vittoria perché non era assolutamente il miglior film del 1980.
Sicuramente ce ne erano due che si sarebbero meritati la statuetta molto di più di Gente comune.
Con The Elephant Man, David Lynch ci regala una dolorosa e universale riflessione sul concetto dell’apparenza, toccando punte di rara brutalità quando ritrae i limiti etici della nostra società e chiedendoci cosa proviamo nel momento in cui guardiamo qualcosa o qualcuno. C’era poi un’opera complessa, bellissima, pilastro fondamentale nella cinematografia mondiale e che forse avrebbe dovuto vincere a prescindere: parliamo di quel capolavoro di Toro Scatenato del sempre più snobbato Scorsese. Una scelta, se vogliamo, ancor più discutibile di Kramer contro Kramer che batte Apocalypse Now, se non altro perché il primo è un film narrativamente e tecnicamente al limite della perfezione, non avendo le lacune di Gente comune.
E pensare che dalla cinquina mancava la pellicola che ha reinventato l’horror, magnifica da ogni punto di vista: Shining. Purtroppo non stupisce perché l’Academy ha sempre trattato malamente sia questo genere, che Stanley Kubrick.
9) Gandhi (Oscar 1983)
Gandhi possiede le caratteristiche che abbiamo in mente quando pensiamo a un film che piaccia all’Academy: è un dramma di stampo classico, fortemente impegnato e, soprattutto, un biopic. Unendola a un’ottima cinematografia e all’eccellente performance di Ben Kingsley, si può comprendere perché abbia vinto. Ma questi elementi non bastano a renderlo il migliore dell’anno.
C’erano decisamente scelte più felici: oltre a Missing, abbiamo Il verdetto, che comunque non avrebbe vinto nonostante l’ottima sceneggiatura e un leggendario Paul Newman; Tootsie unisce brillantemente commedia, romanticismo e critica alle discriminazioni, avendo pure uno script degno di nota e un grandissimo Dustin Hoffman. E non parliamo nemmeno dell’esclusione d’eccellenza di questa edizione, uno degli sci-fi più importanti di sempre, ovvero Blade Runner di Scott (e che il sottovalutatissimo Re per una notte non è stato nemmeno considerato).
Però, la vittoria doveva andare a uno e un solo film quell’anno: E.T. l’extraterrestre.
Questa storia commovente, agrodolce e gioiosa sul legame tra un bambino e un cucciolo di alieno riesce a quarant’anni di distanza a emozionare come la prima volta. Immortale e indimenticabile, è l’opera che più incarna la poetica di Steven Spielberg. Già all’epoca campione d’incassi, stavolta non venne premiato il film più popolare, pur essendo ben fatto; insomma, la fantascienza raramente vince. In più, Spielberg viene candidato sempre, ma di Oscar ne ha vinti solo 3: regia e film per Schindler’s List e regia per Salvate il soldato Ryan. E, infatti, anche tre anni dopo, con il bellissimo Il colore viola, la storia non cambia.
10) A Beautiful Mind (Oscar 2002)
Non fu un’annata eclatante quella del 2002 ed è capibile perché sia stato scelto come miglior film A Beautiful Mind: la storia d’amore che tocca la malattia mentale e la matematica – argomenti non solitamente trattati da Hollywood – è bella e struggente; Russell Crowe era sulla cresta dell’onda e offrì un’eccellente interpretazione (forse più meritevole di premio rispetto a quella del Gladiatore); è sempre bello vedere come lavora la mente di una persona così intelligente; infine, l’Academy doveva qualcosa a Ron Howard dopo avergli preferito nel ’96 Braveheart al suo Apollo 13.
Ci sono, però, dei problemi di fondo in questa pellicola, soprattutto riguardanti la vicenda di Nash. Ci sta romanzare qualcosa e, ovviamente, non è possibile narrare tutto; ma ciò non equivale a raccontare solo quello che fa comodo, nonostante la storia fosse poco conosciuta, dando così una visione distorta dell’intera faccenda: ad esempio, il whitewashing di Alicia, nella realtà di origine salvadoregne, o l’abbandono della prima moglie incinta perché Nash la riteneva socialmente inferiore a lui.
Dei film in gara, poi, non era sicuramente superiore al primo, meraviglioso capitolo de Il Signore degli Anelli (che molti considerano il migliore) o al frizzante musical Moulin Rouge! che ha capovolto la sceneggiatura del genere musicale e ha creato qualcosa di così sorprendentemente unico e fresco – più di Chicago sicuramente. Senza dimenticarci di Godford Park e del cupo In the Bedroom. Ma sono quelli non nominati a fare più scalpore. Tanto per fare alcuni esempi: In the Mood of Love di Wong Kar-wai, Mulholland Drive di Lynch (in assoluto i migliori del 2001), Black Hawk Down di Scott e Memento di Nolan.
Ma, del resto, doveva vincere Howard. E così è stato.
Come abbiamo visto, le ragioni per cui un film non meritevole riesce a conquistare l’ambita statuetta sono tante. Alcune sono più giustificabili, altre… un po’ meno. E, oltre alle nostre scelte e alle menzioni, la lista potrebbe andare avanti, ad esempio con la vittoria di Argo su Zero Dark Trinity nel 2013: due belle storie di eroismo in cui, polemiche a parte, si premia quella meno meritevole – ed è quasi come fosse un contentino per la mancata nomination di Ben Affleck alla regia, oltre che il modo in cui si salvano i prigionieri in Iran è attraverso un film (e all’Academy piace quando il mondo del cinema è eroe e protagonista). Adesso, però, vi lasciamo la parola, perché siamo curiosi di sapere le vostre opinioni a riguardo.