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Il film della settimana: Paterson

Paterson
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Tutti abbiamo vissuto quella spiacevole situazione raccontata brillantemente da Zerocalcare in Strappare lungo i bordi: chi non è mai stato ore a scorrere i film sulle piatteforme streaming e non trovare niente da vedere pur avendo a disposizione “tutto l’audiovisivo del mondo” e pensando “è possibile che son tutti film de m*rda”? Certo, la roba bella magari l’abbiamo già vista, altra siamo in ritardo e altra ancora la teniamo per il momento giusto – se arriverà. Vogliamo evitare, però, di finire nella fantascienza polacca del ‘900 in lingua originale, andare a letto frustrati con la nostra coscienza sottoforma di Armadillo che ci costringe a interrogarci su noi stessi dicendo: “Dai su, se su ottomila film non te ne va bene manco uno, forse sei te che non vai bene”. Proprio per questo nasce la seguente rubrica settimanale, in onda ogni lunedì e rivolta sia a chi la pellicola in questione non l’ha mai vista, sia a chi l’ha già visionata e vuole saperne di più: infatti, nella prima breve parte vi consigliamo un film; nella seconda invece ve lo recensiamo, analizziamo o ci concentreremo su un aspetto particolare. E questa settimana abbiamo scelto Paterson.

PRIMA PARTE: Perché, dunque, vedere Paterson? Ecco la risposta senza spoiler.

Disponibile su Amazon Prime Video, Mubi e Nexo (a noleggio su Apple Tv), Paterson è sia il nome del personaggio principale che quello della cittadina del New Jersey in cui è ambientato il film di Jim Jarmusch – e dov’è vissuto il poeta William Carlos Williams. Il protagonista lavora come autista, è sposato con Laura, una donna dai mille interessi, e ha una cane chiamato Marvin, che porta a spasso ogni notte nel suo quartiere. Tutti i giorni ripete la solita routine: si sveglia, guida il suo bus e ascolta le chiacchiere dei passeggeri, cena con sua moglie, passeggia con Marvin e si ferma al solito bar per la solita birra. Con lui c’è sempre il suo inseparabile taccuino; lì dove annota i suoi pensieri, trasformandoli in poesie. E ogni cosa, seppur insignificante, riesce a ispirarlo e a rendere speciale ogni giornata della sua esistenza. Perché:

“A volte una pagina vuota presenta molte possibilità”.

Paterson è un gioiellino della settima arte, che rientra nella categoria di quei film che, indipendentemente dalla loro trama, riescono a lasciarci addosso delle sensazioni che difficilmente se ne vanno dopo la sua visione. E che vorremmo immediatamente riprovare. Jarmusch riesce a raccontare la quotidianità di una normale coppia americana con toccante delicatezza e, allo stesso modo, la dolce bellezza insita in ogni più piccolo gesto e in quel tempo che scorre, che non pare mai abbastanza, che è la nostra quarta dimensione. Impeccabili sono le performance di Adam Driver, nei panni di del protagonista, e di Golshifteh Farahani, una perfetta Laura e attrice iraniana già vista, ad esempio, in Nessuna verità di Ridley Scott.

Con una trama semplice, un cast ridotto e quel mix di dolcezza, poesia e attenzione ai dettagli, Jarmusch ci ricorda che è possibile fare un cinema essenziale, senza perdere la capacità di emozionare. È un film su Amazon Prime Video che va compreso, dove è il minimalismo e, soprattutto, la poesia a emergere in uno dei miglior lavori del regista. Ed è proprio su quest’ultimo elemento che andremo a focalizzarci nella seconda parte del pezzo.

SECONDA PARTE: La poesia della normalità in Paterson (con spoiler)

Paterson

Cosa c’è di tanto speciale nella quotidianità di una vita ordinaria? La risposta è semplice: niente. Ma nel momento in cui la pronunciamo, capiamo che non è esattamente così. Che c’è qualcosa di magico anche nell’ordinarietà. E in Paterson abbiamo il privilegio di vedere che cosa rende meravigliosa l’esistenza dell’omonimo protagonista: la poesia. Però, non è quella meccanica, ripetuta a pappagallo e priva di emozione che impariamo a scuola, perché dobbiamo farlo per forza. È una poesia piena di vita, di empatia, di sguardi, di sentimenti, di essere immersi in un luogo e sentirselo dentro pur nella sua asetticità. È semplicemente la pace e la tranquillità data dal candore. Il personaggio di Adam Driver le annota sul suo taccuino, scrivendole prima di partire con l’autobus 23 o quando torna dal suo lavoro, magari sedendosi sulla panchina con vista sul fiabesco ruscello. E la voce narrante le ripete a noi, ce le fa scoprire, rendendoci parte di esse. Tutte le sue creazioni sono poco liriche, semplici e oneste, perché rispecchiano la poetica dell’oggetto a lui tanto cara. A ispirarlo può essere davvero qualsiasi cosa: un impermeabile, un pesce, una scatola di scarpe o una di fiammiferi. Eccone un piccolo esempio:

[…] Questo è ciò che tu hai dato a me

io divento la sigaretta e tu il fiammifero, o

io il fiammifero e tu la sigaretta, risplendente

di baci che si stemperano nel cielo.

Paterson ha la grande capacità di vedere la bellezza in ogni cosa, anche in quelle più banali, comuni e meno poetiche che ci siano: nelle parole dei suoi passeggeri, nel sorriso di sua moglie, in una passeggiata notturna, nel suo portapranzo o in un bicchiere di birra dopo il lavoro. La poesia non è l’evasione che lo conforta da una vita che non ama (perché non è la realtà), né un porto sicuro in cui rifugiarsi dalle intemperie dell’esistenza (la sua, effettivamente, non ne possiede).Semplicemente essa è ovunque per lui. Rappresenta un momento di pausa in cui si guarda attorno, coglie l’intensità della vita, osserva, ascolta e dà voce alla sua interiorità.

E, in un certo senso, lui e la poesia si sono trovati nel film su Amazon Prime Video. Perché a lei non interessa chi siamo. Jarmusch urla un’ovvietà che, però, non è davvero tale, perché c’è ancora chi pensa che l’autista debba solo guidare il suo mezzo, non ritenendo possibile che possa amare un’arte così sopraffina. Eppure, i poeti possono nascondersi dovunque e non sono solo quelli pubblicati dalle grandi case editrici. Lo stesso William Carlos Williams, idolo del protagonista, era un medico; Paterson è un guidatore e possiamo trovarne altri in tantissimi luoghi, che sia alla cattedra di una scuola, in un’impresa di pulizie o in una bambina amante di Emily Dickinson. Sono persone ordinarie che, come l’uomo di Adam Driver, nell’apparente calma della loro esistenza, hanno bisogno di esprimere quell’uragano di emozioni interiori sulle pagine del loro quaderno. Che amano la poesia in modo puro, per nulla pretenzioso, in maniera incondizionata.

Adam Driver nel film di Jim Jarmusch su Amazon Prime Video

La moglie di Paterson, Laura, cerca di spingerlo a pubblicare i suoi lavori, dicendogli:

“Guarda che tu con queste poesie devi farci qualcosa, non sono tue, puoi donarle al mondo”

Crede fortemente nelle potenzialità del marito, apprezza ciò che di bello riesce a creare con le parole, anche se lui non se la sente di compiere questo passo. O meglio, non gli interessa avere un pubblico, perché scrive del suo mondo; scrive unicamente per sé. Ed è questo il senso dell’amore, ovvero nel dare senza che il partner l’abbia chiesto, o nel chiedere senza aspettarsi in cambio niente, o ancora nello scorgere nell’altro qualcosa che lui stesso non riesce a vedere. È la sua musa ispiratrice, non a caso il suo nome è uguale a quello della donna amata da Petrarca, e che le riserva sempre qualche piccola attenzione: nel portapranzo, infatti, non manca mai una sua foto e ci inserisce ad esempio un fiore, un dolcino o una cartolina di Dante. Quando, poi, non riesce a ricomporre i pezzi del quaderno del partner, si dispiace di non aver imparato a memoria quei componimenti, di non averli resi suoi e celebrati nei loro ricordi. Ma, in qualche modo, lei custodisce la poesia e la memoria del protagonista di Adam Driver, perché è da quello che fa o le racconta che scaturiscono i ricordi che diventano poesie agli occhi di Paterson.

E Jarmusch non si limita a celebrare solo la poesia, ma l’arte permea tutta l’opera su Amazon Prime Video. Il titolo del film è anche quello di una raccolta di componimenti del già nominato William Carlos Williams. Oltre a lui, vengono citati poeti come Allen Ginsberg, Frank O’Hara, Stevens, Emily Dickinson e la poetica della scuola di New York. Jarmusch omaggia Wes Anderson attraverso i due ragazzini protagonisti di Moonrise Kindgom (interpretati da Kara Hayward e Jared Gilman): adesso sono cresciuti e, sull’autobus 23, parlano dell’anarchico toscano Gaetano Bresci, emigrato a Paterson e che ha organizzato scioperi che hanno portato alla nascita del movimento operaio statunitense. Inoltre, molti fermi immagini e scorci ricordano i quadri di Edward Hopper, che ritraggono persone catturate in un momento ordinario della loro vita, con quel minimalismo e quella nostalgia che pochi sono davvero in grado di usare.

Paterson

La stessa vita del personaggio di Adam Driver – e la pellicola su Amazon Prime Video – è scandita dal ritmo ricorsivo e moltiplicatore delle sue poesie. Lui percorre sempre le stesse strade, beve la solita birra nel solito posto, si sveglia all’alba tra le braccia della moglie ogni mattina e ogni giorno vede i dipinti tutti simili di Laura. Inciampa sempre nel doppio, che sia nell’incontro con dei gemelli o nel fare sempre le stesse cose. È, infatti, dalla ripetizione uguale ma leggermente diversa che germoglia la poesia, così come da una vita semplice e solo apparentemente noiosa nasce la vera felicità. Proprio per questo Paterson è un film lento, discreto, sussurrato e ripetitivo, che chiede al nostro sguardo di dilatare le cose e dargli così un nuovo significato. Attraverso le inquadrature percepiamo piccoli cambiamenti, richiamati nei versi di una bambina, nei raggi di un sole mai identico a sé stesso, nella brezza che arriva dopo la pioggia. Sono i momenti in cui il protagonista si ferma, ascolta e assimila ciò che lo circonda, riportandolo su carta.

Trovando così la poesia nell’ordinarietà.

Nonostante il punto di vista del protagonista, l’io narrante non domina mai prepotentemente la scena. La sua è solo la cassa di risonanza che ci avvicina alle cose e ce le fa sentire in tutta la loro bellezza. E il tempo assume una grande importanza in ciò. Vediamo spesso un orologio, che scandisce il tempo del racconto, ossia il tempo effettivo degli eventi del film su Amazon Prime Video, da cui trarre quello della storia, ovvero la cronologia degli eventi. Inoltre, scandisce sia lo scorrere dei giorni, sia quello delle ore nell’arco della giornata. In più, le parole trascritte sui fogli bianchi riflettono il tempo della scrittura, che si incastra e si sovrappone agli altri tipi di tempo, creando un’unione armonica tra immagine e suono. Un tempo che è circolare (lo vediamo già da quel Paterson, che racchiude due nomi) e che diviene quella quarta dimensione di cui comprendiamo davvero il significato solo da adulti.

Dunque, Paterson è un’ode alla poesia, in cui Adam Driver incarna un’onda o fiocco di neve: sembrano tutti uguali, ma in realtà ognuno di essi ha un qualcosa che lo rende unico. E nella ripetizione, che è il senso di un’arte che ama con tutto sé stesso, trova il senso della sua vita. Ecco perché quando Marvin ne distrugge il taccuino, lui si spegne. Perché è come se avesse perso sé stesso, ciò che lo rendeva speciale. Ma quello che trascriveva in quel quaderno è ancora dentro di lui e lo comprende grazie a quel turista giapponese amante di Williams. E in fondo la bellezza della poesia e, soprattutto, dell’intera esistenza è tutta racchiuso nelle:

“Infinite possibilità della pagina bianca“.

Sta solo a noi capire come riempirla.

Il film della settimana scorsa: The Lobster