I remake live action dei cartoni animati o degli anime più amati di sempre si rivelano, fin troppo spesso, l’insieme delle scelte peggiori che si possano prendere. A cominciare da quell’ondata di live action della Disney che, negli anni, ha adattato le storie della nostra infanzia spesso stravolgendo completamente quelle stesse storie. E se alcuni adattamenti sono stati degli interessanti cambi di rotta, come Alice in Wonderland firmato da Tim Burton, altri sono casi assolutamente da dimenticare. L’ultima terrificante produzione è, per esempio, quella di Pinocchio in cui un irriconoscibile Tom Hanks sembra essersi dimenticato come si recita. Niente a che vedere con il Pinocchio di Guillermo del Toro, che riscrive la fiaba a modo suo ma rimanendo fedele allo spirito dell’opera originale. Anche gli adattamenti degli anime hanno avuto risultati, la maggior parte delle volte, davvero deprecabili. One Piece rappresenta un po’ l’eccezione alla regola ma anche il suo debutto su Netflix non ha ricevuto consensi unanimi. Gli anime, per loro stessa natura, sono prodotti eccessivi, sopra le righe e irrealistici. Adattarli in un live action, per quanto possa funzionare la formula fantasy, non renderà mai giustizia al prodotto originale. Death Note e Dragon Ball sono l’esempio più ovvio e lampante.
Ecco quindi i 5 peggiori live action di cui avremmo fatto molto volentieri a meno.
5) Jem and the Holograms (2015)
Prima dell’era di Barbie, i giocattoli in televisione e al cinema hanno vissuto un’esistenza alquanto altalenante. Un esempio è quel Jem and the Holograms del 2015, tratto dall’omonimo cartone animato prodotto dalla Hasbro tra il 1985 e il 1988. La storia del film ricalcando la trama originale del cartone anni Ottanta ruotava attorno alla giovane Jerrica Berton, una ragazza dalle doti canore straordinarie rimasta senza i genitori. Jerrica va a vivere a casa della sorella Kimber e di alcune sue amiche, Aja e Shana e un giorno registra in segreto una canzone che decide di caricare su Internet. Altro che Tik Tok. Diventata famosa in breve tempo con lo pseudonimo di Jem, la ragazza mette su una band insieme alle amiche ma deve anche vedersela con una dirigente discografica malevola e ambiziosa.
Il live action, in tutto e per tutto molto simile a cugini del genere come High School Musical o Camp Rock, risulta nell’ennesimo lungometraggio su una protagonista timida e riservata che diventa una pop star di fama internazionale. Peccato che il cartone animato fosse meno banale di così. Nella serie animata, infatti, Jem ereditava un super computer in grado di trasformarla in una vera rockstar, l’alter ego Jem. Insomma Hannah Montana ma con un tocco di fantasy.
4) Ghost in the Shell (2017)
Basata sull’originale manga giapponese “Kōkaku Kidōtai” di Masamune Shirow e sull’anime del 1995 “Ghost in the Shell”, la versione live action americana con Scarlett Johansson è un ricordo che vorremmo rimuovere dalla nostra mente usando l’aggeggino di Men in Black. Come nel caso di diversi altri adattamenti occidentali. anche il film del 2017 ha suscitato molte discussioni e controversie per la scelta di una protagonista non giapponese. Il film è ambientato in un futuro distopico in cui la tecnologia avanzata ha portato all’incorporazione di parti cibernetiche nel corpo umano. Il personaggio principale, la maggiore Motoko Kusanagi, è un’agente cyborg altamente specializzata che lavora per la Section 9, un’organizzazione governativa dedicata alla lotta contro il crimine informatico e al mantenimento della sicurezza cibernetica. Motoko è alla ricerca del famigerato criminale noto come il “Puppet Master”, un hacker capace di infiltrarsi nelle menti umane e di manipolare i loro ricordi.
Ma il viaggio di Motoko è anche un viaggio alla scoperta di sé e della propria identità, svelando segreti del suo passato rimasti nascosti per troppo tempo. Un film che nel complesso forse non è nemmeno così terribile ma che è stato pesantemente distrutto dalla critica per questioni legati all’appropriazione culturale. La straordinaria cinematografia e gli effetti speciali, che hanno catturato fedelmente l’atmosfera cyberpunk del materiale originale, non hanno saputo reggere il confronto con una critica impietosa per quello che ha riguardato la scelta del cast e la rappresentazione della cultura orientale. In moltissimi si sono detti delusi e amareggiati dalle scelte di produzione che hanno segnato in negativo il destino della pellicola.
3) Mulan (2020)
Il classico del 1998 targato Disney è tra i lungometraggi più amati della casa di Topolino ma ha anche uno dei peggiori live action mai realizzati.
Mulan era quel cartone in grado di trasportarci in un mondo molto distante da quello che conosciamo e di farcene innamorare completamente. L’elegenza senza tempo dell’antica Cina riusciva a immergerci completamente in quell’atmosfera un po’ magica. Mulan era un cartone in grado di emozionarci, divertirci e farci riflettere tutto allo stesso tempo grazie a una storia ma soprattutto a una protagonista femminile che ribaltava completamente le regole. A differenza delle classiche principesse da Biancaneve a Cenerentola, Mulan era un’eroina in piena regola, che per amore della famiglia, si assume un’enorme responsabilità sfidando le leggi del tempo. La decisione di andare in guerra travestendosi da uomo è un’escomtage al quale diverse altre storie ci hanno abituati nella storia ma mai nessuna principessa Disney prima di Mulan.
La versione live-action del 2020 non è riuscita a riprendere nulla di ciò che aveva reso il cartone così speciale e unico. La ricerca di un politicamente corretto strabusato e l’assenza di personaggi iconici hanno scalfito inevitabilmente il prodotto finale, presentandoci un live action senza cuore e senza anima. La Mulan in carne e ossa non è carismatica, non ci porta a tifare per lei o a credere fermamente nelle sue scelte, come avveniva invece nel cartone animato. Una serie di mancanze che gli amanti del classico Disney non hanno potuto ignorare. Tra le più gravi ci sono indubbiamente l’assenza delle canzoni più amate nonché quella di personaggi indimenticabili come il drago Mushu e il grillo Cri Cri. Anche in terra natia, il live action di Mulan è stata brutalmente bocciato ritenendolo storicamente inaccurato.
2) Death Note (2017)
Nel 2017, molto tempo prima del successo di One Piece, Netflix decide di produrre un altro adattamento tratto da un manga famoso in tutto il mondo. Il live action di Death Note, però, fu decisamente più rovinoso e fallimentare fino a essere considerato addirittura tra i peggiori adattamenti di un anime di sempre. La trama segue l’adolescente Light Turner (adattato dall’originale Yagami), che trova un quaderno misterioso chiamato “Death Note”. Light scopre ben presto che scrivendo il nome di una persona nel quaderno, quella stessa persona morirà entro 40 secondi ma soltanto se chi possiede il quaderno conosce il volto del nome prescelto. Ogni quaderno è inoltre legato a un dio della morte, in questo caso Ryuk, che segue e supervisiona il proprietario del quaderno. Light inizia a usare il Death Note per punire quelli che, a detta sua, lo meritano, e creare così un mondo migliore. Ma il potere del quaderno corrompe Light che si trasforma in un cattivo in piena regola da fermare ad ogni costo.
L’adattamento è stato pesantemente criticato ricevendo soprattutto accuse per aver interamente occidentalizzato sia i protagonisti che l’ambientazione. Da Tokyo passiamo infatti a una Seattle poco convincente e i personaggi giapponesi sono diventati tutti americani. Come nel caso di un altro adattamento fallimentare come Dragon Ball. Inoltre, aver condensato gran parte della trama dell’anime all’interno di un minutaggio così ristretto come quello di un film di certo non ha giovato alla storia. Gli eventi accadono troppo in fretta, non esiste un’evoluzione credibile dei protagonisti, alcuni dei quali sono stati persino rimossi del tutto. Insomma si tratta di un adattamento che gli appassionati hanno volutamente cancellato dalla loro memoria.
1) Dragon Ball Evolution (2009)
Il primo posto della classifica dei peggiori live action di sempre se lo aggiudica, senza esitazioni, quel Dragon Ball Evolution del 2009.
Nel vasto calderone di adattamenti occidentalizzati prodotti da una Hollywood che non voleva proprio saperne di altre culture ed etnie, troviamo, appunto, Dragon Ball Evolution. L’anime di riferimento era già un’opera decisamente complessa, per via di un bagaglio di storie, personaggi e villain così variegati, così complicati e così eccessivi che renderli in carne e ossa sarebbe stata un’impresa in ogni caso. Dragon Ball, quindi, si presentava fin dall’inizio come un’opera difficile da portare sullo schermo senza il rischio di snaturare l’essenza del manga. Ma quello che magari poteva essere un live action fatto con le migliori intenzioni si è rivelato uno scempio su tutta la linea. James Wong, il regista di Dragon Ball Evolution, evidentemente non aveva la minima idea di cosa avesse tra le mani dato che è stato in grado di banalizzare e ridicolizzare ogni singolo frame del film, tanto che sembra di assistere a uno spettacolo di cosplay fatto male.
I combattimenti sono troppo palesemente finti, i personaggi sono caricature senza tridimensionalità narrativa, la storie procede a casaccio e l’atmosfera dell’anime è completamente assente. Per non parlare dei protagonisti bianchi e americanissimi che non c’entrano assolutamente nulla con le loro controparti originali. Anche per questo motivo, il film è finito nella classifica dei 50 film più razzisti di sempre. Non solo. Anche la trama è stata completamente stravolta tradendo dall’inizio alla fine l’opera di Akira Toriyama.