ATTENZIONE: l’articolo contiene spoiler sul film Perfetti sconosciuti
A distanza di dieci anni, Perfetti sconosciuti resta uno dei film più belli del ventunesimo secolo italiano. Forse il migliore, insieme a qualche esempio qua e là, dal folgorante C’è ancora domani (qui la nostra recensione) al trionfale La grande bellezza (qui invece la recensione dell’ultima fatica di Paolo Sorrentino: Parthenope). Il film di Paolo Genovese è anche uno dei titoli più amati della nostra produzione. Dagli spettatori italiani, che in un sondaggio del Corriere della Sera lo hanno votato come il migliore degli anni Dieci. Ma anche dai produttori stranieri, visto che Perfetti sconosciuti è il film che in assoluto ha dato vita al maggior numero di remake (e ci siamo chiesti il motivo di questo clamoroso successo all’estero). Nella storia del cinema, s’intende, non solo nella produzione italiana. Un primato strabiliante.
Insomma, siamo davanti a un film enorme, che deve la sua fortuna a tantissimi fattori. La sapiente firma di Paolo Genovese. Il cast semplicemente mostruoso. La particolarità della mono-ambientazione. Soprattutto però la semplicità con cui Perfetti sconosciuti scava nel fondo dell’animo umano, partendo da un semplice “gioco” per mettere a nudo l’ipocrisia esistenziale dei rapporti umani. Parlando del finale del film di Paolo Genovese, dunque, vogliamo proprio andare a illustrare le meccaniche messe in moto dal racconto, le quali vengono esemplificate proprio da un finale che, dietro la rivelazione a sorpresa, cristallizza la volontà narrativa di mettere a nudo questi legami che dominano l’intera messinscena.
Cosa succede nel finale di Perfetti sconosciuti
Partiamo dall’elemento più semplice. La descrizione del vero e proprio finale di Perfetti sconosciuti. Per quanto decisamente sorprendente, in realtà l’epilogo del film è abbastanza semplice. Con una netta transizione, scopriamo che il gruppo di amici ha trascorso una tranquillissima serata come le altre. Il gioco che era stato proposto non è mai stato fatto e quello che abbiamo visto è stato un gigantesco scenario alternativo. Tutti tornano a casa, dunque, con i propri segreti, portando avanti la rete di bugie che raccontano e si raccontano nella proprio quotidianità.
Questa rivelazione finale possiede una duplice funzione. Quella meramente narrativa di sorprendere lo spettatore, regalandogli un finale che a quel punto era davvero inatteso. E poi quella più concettuale, che invece si annida nella ferrea volontà di Rocco di non prestarsi al gioco dei cellulari, mostrando quanto sia pericoloso mettersi a nudo ed esporre la propria vita privata. Anche agli amici di una vita.
Da questo snodo qui, poi, parte la riflessione più densa di tutto il film, che si va a interrogare proprio sui legami e sulla loro natura. Il gioco ha dimostrato come i rapporti nel gruppo di amici (così come nelle singole coppie) si sostenessero su un fitto e fragile reticolo di bugie e compromessi. Un reticolo dissoltosi con disarmante semplicità nel giro di una serata. Viene da interrogarsi, dunque, sul senso stesso dei legami umani e, specialmente, viene da chiedersi se sia possibile anelare a dei rapporti completamente limpidi.
Questo, insomma, è l’abisso concettuale svelato dal finale di Perfetti sconosciuti. Il film non fornisce una risposta al quesito che pone. Si limita a provocare, mostrando le disastrose conseguenze del gioco, e poi ritratta, lasciando però lo spettatore con un profondo senso di smarrimento. Siamo veramente sollevati del fatto che tutto ciò che abbiamo visto non sia realmente avvenuto? Nessuna famiglia sfasciata. Nessuna amicizia compromessa. Tutti apparentemente felici, ancora in controllo di una vita che però è disseminata di tante, troppe, bugie.
E ancora, qual è la reale funzione della verità? Se ha delle conseguenze così disastrose, è davvero sempre auspicabile? Non è semplice rispondere. Forse perché non esiste, in realtà, una risposta univoca. Proveremo, dunque, a osservare i singoli casi presentati da Perfetti sconosciuti, analizzando proprio la situazione finale nello scenario alternativo dei vari personaggi, valutando così, caso per caso, se l’impatto della verità sarebbe stato un bene o un male.
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La fine del matrimonio tra Carlotta e Lele e l’identità sessuale di Peppe
Le linee narrative seguono, inevitabilmente, le tre coppie protagoniste. A cui c’è da aggiungere Peppe, venuto alla cena in solitaria. La soluzione più comoda è, quindi, parlare del finale delle singole coppie. Possiamo accorpare Peppe alla storyline di Lele e Carlotta, visto che lo scambio di cellulare tra i due uomini ha irrimediabilmente legato i loro destini. Il finale di Perfetti sconosciuti demolisce, una volta per tutte, il matrimonio tra Lele e Carlotta. Un matrimonio da tempo, in realtà, distrutto, spazzato via da una tragedia e tenuto insieme solo per senso di colpa e del dovere.
Nel loro caso la mano della verità funge solo da presa di coscienza. Lele e Carlotta sono ben consapevoli di essere ormai in un punto di stallo, tanto che entrambi cercano di evadere dalla loro gabbia emotiva con semplici escamotage. Le foto hot di una collega. La chat con uno sconosciuto. Piccole scintille che facciano riprovare un briciolo di calore all’interno di un matrimonio ormai gelido. Senza il gioco, i due tornano a casa e semplicemente portano avanti la loro pantomima, direzionando il loro bisogno di amore solo sui figli. Qui, dunque, l’impatto della verità non è poi così sconvolgente. Ciò che scoprono del coniuge non conta tanto per Lele e Carlotta. Non più di ciò che realizzano su loro stessi. Ovvero che, semplicemente, non si amano più.
Molto più sconvolgente è invece la parabola di Peppe, che vive, sulla pelle di Lele, tutto il pregiudizio a cui sarebbe sottoposto se i suoi amici scoprissero la sua reale identità sessuale. La verità ha in questo caso un effetto molto più distruttivo, ma allo stesso tempo catartico. Rende consapevole l’uomo di non poter contare sugli amici di una vita, ma allo stesso tempo svela anche l’inutilità delle bugie che raccontava. L’incapacità di accettare Peppe per quello che è rappresenta la più semplice e totale dimostrazione della fragilità di quei legami di amicizia. La consapevolezza di non doversi più nascondere potrebbe aiutare l’uomo ad affrontare più apertamente, per quanto dolorosamente, la presa di coscienza della propria identità sessuale.
La distruzione di Cosimo e la rinascita di Bianca
A mani basse, Cosimo vince il premio di personaggio più sgradevole di Perfetti sconosciuti. Gran parte del pregiudizio verso Peppe viene da parte sua, e già questo elemento è molto repellente. Per di più, l’uomo conduceva una vera e propria tripla vita, tradendo sua moglie Bianca con Marika e, addirittura, con Eva, la moglie di Rocco. Nel finale il mondo di Cosimo collassa, con Marika che lo chiama in apprensione e incinta. Non possiamo assolutamente dispiacerci per lui, anzi. Non si può nascondere il brivido di sollievo provato quando tutte le sue bugie sono state scoperte. Per ciò che riguarda, invece, l’impatto della verità, questa ha un peso positivo per Eva, che si rende conto dell’errore che stava facendo. E, in realtà, soprattutto per Bianca,
La donna è, insieme a Rocco, e in parte Peppe, l’unico personaggio limpido della combriccola. Non a caso è “un’aggiunta esterna”, lontana da quell’ipocrisia di cui ormai è imbevuto il gruppo di amici. Lo shock per la scoperta della doppia vita di Cosimo (alla consapevolezza della tripla per fortuna non ci arriva) innesca in lei una vera e propria rinascita. Simboleggiata meravigliosamente dalla scena in cui si trucca in bagno. La verità rende “libera” Bianca da quel reticolo di bugie. La colpisce tanto duramente da farle aprire gli occhi. È un’illuminazione. Disperata certo. E anche molto feroce. Ma per certi versi salvifica. Bianca poi, con un altro momento particolarmente poetico “trasmette” questa salvezza a Peppe, con un tenero bacio sulle labbra e il consiglio di tenere per se Lucio. Al riparo da tutto quel torbido addensato di menzogne.
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Gli errori di Eva e gli insegnamenti di Rocco
Meno d’impatto narrativo è il finale della storyline di Rocco ed Eva. I due non arrivano mai a uno scontro. Un po’ perché le bugie di Eva non vengono mai a galla. Un po’ per il carattere di Rocco, per quel “saper disinnescare” che ancora popola le bacheche dei social. E qui sta un po’ il nucleo concettuale del film, assieme a un’altra frase che il personaggio di Marco Giallini pronuncia proprio nel finale, per motivare la sua ferrea opposizione al gioco. “Siamo frangibili” dice. E come dargli torto, considerando la facilità con cui tutto è crollato in una singola serata.
A Rocco è affidato un ruolo quasi da narratore. Da guida di ciò che succede. Proprio per questo, su di lui, la verità ha poco effetto. Perché è lui stesso a orientarla, opponendosi al gioco e svelando, poi, i meccanismi che regolano i loro rapporti. Bisogna “saper disinnescare” perché in fondo siamo tutti “frangibili”. Dal punto di vista di Rocco, dunque, la verità è un qualcosa che si può celare per una sorta di “bene superiore”. Per il cosiddetto “quieto vivere”, ma anche per conservare una serenità che, seppur apparente, è più sempre serenità.
Per quanto riguarda Eva, invece, la verità porta in dono la semplice consapevolezza della vera natura di Cosimo. Non è poco, sicuramente, però nell’equilibrio generale di Perfetti sconosciuti sposta un po’ poco. Semmai, la relazione tra Eva e Cosimo fa da cassa di risonanza a quegli insegnamenti di Rocco di cui abbiano parlato sopra. Narrativamente, dunque, questa storyline ha meno peso, ma concettualmente racchiude il senso stesso dell’intero film.
Quindi, cosa ci lascia il finale di Perfetti sconosciuti?
Torniamo alla questione da cui siamo partiti. È stato veramente meglio non fare il gioco? O, ribaltando la questione, la scoperta della verità ha avuto in impatto positivo? Il finale ci lascia con questo dubbio amletico. E noi, per quanto vorremmo, ci troviamo impossibilitati a fornire una risposta adeguata. Come abbiamo visto, i casi sono diversi e l’impatto della verità ha avuto delle conseguenze variegate. Migliori o peggiori, sicuramente significative. Quello che possiamo sicuramente affermare è che il gioco dimostra come, togliendo le bugie e le ipocrisie, dei legami umani non resta quasi nulla. Rimane una fortissima consapevolezza, certo, ma anche un vorticoso vuoto esistenziale.
Il finale di Perfetti sconosciuti (che potete recuperare su Netflix), dunque ci lascia questo senso di smarrimento. Ci pone una domanda alla quale, davvero, siamo impossibilitati a rispondere. Dovremmo vivere una situazione del genere, forse, per provare ad avere una risposta. E non è comunque detto che l’avremmo. Ci viene chiesto se sia più desiderabile conoscere la verità ed esporsi ai suoi rischi o rimanere così, serenamente inconsapevoli, ad alimentare i solidi legami con i “perfetti sconosciuti” di una vita. La grandezza del film sta proprio nell’incapacità di immaginare una reazione davanti a uno scenario del genere.