Il Signore Delle Formiche, ultima opera del regista Gianni Amelio (Hammamet, La Tenerezza), ci immerge in una travolgente storia vera d’amore proibito. Tale è perché la storia raccontata è quella di due uomini, uno più anziano e uno più giovane, entrambi appassionati al mondo dell’arte e del teatro, quello vero e spontaneo; il protagonista è Aldo Braibanti (interpretato da Luigi Lo Cascio), intellettuale e studioso in particolare delle formiche, un mirmecologo (da qui il titolo), ex esponente del Partito Comunista Italiano che una volta tornato a casa, nelle zone vicino Piacenza, decide di creare un centro culturale composto da un gruppo nutrito di giovani. Tra loro c’è il giovane Riccardo Tagliaferri, che nonostante l’ammirazione che nutre per Braibanti è troppo ancorato all’antica mentalità famigliare. Diversamente da lui, il fratello Ettore intraprende un’intensa storia d’amore, sia mentale che fisica, con Braibanti.
Siamo tra il 1964 e il 1968 e l’omosessualità è ancora percepita come devianza, come un qualcosa da cui poter essere curati, malattia mentale e perversione. Il giovane Ettore viene quindi sottoposto a elettroshock dalla madre e il fratello per poter essere “curato da questo delirio”, e Aldo viene accusato e condannato di plagio (quella che oggi chiameremmo molestia sessuale).
Vista la visibilità che il caso ebbe negli anni ’60, chiamato comunemente “Caso Braibanti“, Amelio decide di ripercorrere l’amore dei due dall’inizio alla fine, seguendo le fasi dell’innamoramento e del processo, fino alla fine. La storia non segue una linea temporale definita ma ci sono diversi salti, motivo per cui a volte è facile perdere il filo del discorso.
Che cos’è l’amore
Guardando questo film viene da chiedersi “ma… che cos’è l’amore?”. Come possiamo definire che cos’è amore per noi e per gli altri? La risposta ci viene data durante la pellicola del film e ci fa capire cosa significa una vita senza amore, quando questo ti viene privato da una madre austera, quando vieni condannato a troppi anni di carcere solo per aver provato quello che per te era amore, quello vero e autentico. Questo e molto altro è la pellicola di Gianni Amelio: intensa, struggente e profondamente umana perché la storia raccontata è quella di due uomini a cui le vite sono state sottratte volutamente, la storia di un uomo, il Braibanti, molto solo e anche incompreso. Gli attori riescono nel difficile compito di farci empatizzare. Lo Cascio è perfetto nel rappresentare un uomo travagliato e solitario, in preda a mille pensieri e problemi, e in maniera analoga il giovane attore Leonardo Maltese, alla prima prova su un set, è intenso, dal sorriso di ghiaccio e i modi un po’ impacciati tipici dell’adolescenza.
Non da meno la performance di Elio Germano nei panni di Ennio Scribani, il giornalista dell’Unità che seguì il caso dall’inizio alla fine, scavalcando e rischiando di essere licenziato dal direttore del giornale pur di scrivere la verità, proteggendo Aldo. Lui fu di fatto l’unico e il solo giornalista a proteggere il Braibanti mettendoci la faccia, insieme a lui un nutrito gruppo di giovani attivisti, i soli ad aver capito veramente la situazione.
Il Signore delle Formiche, storia di un’ingiustizia
Il Signore Delle Formiche è senza dubbio una storia che parla di ingiustizia politica e sociale. Una storia, mi viene dire, con una tragedia tristemente annunciata. Il Braibanti non è riuscito a far sentire la propria voce, risposta in parte di un animo solitario e inquieto. Al contrario, il giovane Ettore ha sempre cercato di difendere il tipo di relazione che i due avevano in precedenza intrattenuto, andando contro le regole dell’austera madre e contro il pregiudizio della società. Purtroppo non è bastato ad assolvere il Braibanti, accusato di plagio nei confronti dei giovani presenti nella sua scuola.
Quello che ho trovato personalmente snervante è stata la fase del processo e delle testimonianze contro il Braibanti, chiaramente fatte per favorire un certo tipo di mentalità retrograda e per avvallare la tesi del giudice e dell’accusa, non curanti delle reali conseguenze che l’imputato avrebbe subito di lì a poco.
Nonostante la narrazione proceda a volte in maniera molto lenta, con lunghe pause e lunghi silenzi, non l’ho trovata pesante. I lunghi silenzi ci aiutano a percepire le emozioni dei protagonisti, a scandire le azioni degli stessi. Lo sguardo attento di Gianni Amelio non lascia spazio ad interpretazioni, presentandoci un ritratto vigoroso e attento sulla vita di due uomini che avrebbero dovuto vivere liberamente, ma che la società gli ha impedito brutalmente.
Ennio Scribani: Questo processo è lo specchio del nostro Paese, è per questo che devi combattere.