Il 2024 ha visto l’arrivo di Speak No Evil, remake americano dell’omonimo film danese del 2022, diretto da James Watkins e prodotto da Blumhouse. La trama, che ruota attorno a una famiglia americana che accetta un invito da una coppia britannica conosciuta in vacanza, segue inizialmente il modello dell’originale, per poi prendere una piega più convenzionale man mano che l’orrore si sviluppa. Puoi trovare l’originale qui.
L’idea alla base del film non è nuova, ma l’originale danese, diretto da Christian Tafdrup, si era distinto per la sua capacità di trasmettere un’angoscia crescente senza ricorrere ai soliti espedienti horror. La tensione, costruita lentamente e con un’atmosfera soffocante, culminava in un finale spietato che ha colpito profondamente il pubblico e la critica, meritandosi un posto di rilievo tra gli horror moderni più discussi. Nonostante la sua breve distanza temporale dall’originale, il remake americano è stato accolto con grande interesse. Questo grazie anche al coinvolgimento di James McAvoy nel ruolo del protagonista Paddy, un personaggio più carismatico rispetto alla controparte danese. Tuttavia, la scelta di un finale con “happy ending” non ha convinto coloro che hanno amato l’originale.
Le trame dei film Speak No Evil
Le due versioni di Speak No Evil partono dalla stessa premessa, ma divergono in modo significativo nella costruzione degli eventi e nelle motivazioni dei personaggi. Nel film danese del 2022, la coppia protagonista Bjørn e Louise incontra Patrick e Karin, durante una vacanza in Toscana. Le due famiglie sembrano connettersi a livello superficiale, condividendo momenti piacevoli, tanto che Patrick e Karin invitano Bjørn e Louise a trascorrere un weekend nella loro casa isolata in Olanda. L’orrore inizia a svilupparsi lentamente. Comportamenti strani e sconvolgenti vengono ignorati dai protagonisti, perché legati a convenzioni sociali e alla paura di offendere i loro ospiti. La tensione cresce man mano che l’invito si trasforma in un incubo in cui la violenza e la manipolazione psicologica sono sempre più evidenti.
La coppia viene intrappolata in un ciclo di sottomissione e controllo, culminando in un finale brutale e scioccante in cui i carnefici non offrono alcuna spiegazione per le loro azioni. Nel remake americano del 2024, i protagonisti Ben e Louise, incontrano Paddy e sua moglie Dawn durante una vacanza simile, ma qui le differenze iniziano a emergere. Mentre la trama segue una struttura simile, con la coppia invitata a un weekend nella casa di campagna di Paddy e Dawn, il comportamento minaccioso di Paddy è molto più esplicito sin dall’inizio. Diversamente dall’originale, in cui Patrick mantiene un’aria di falsa cordialità e controllo emotivo. Almeno inizialmente, sembrano andare tutti d’accordo.
Il remake a distanza di 2 anni
Nel remake di Speak No Evil, la struttura narrativa principale rimane fedele all’originale. Eppure ci sono alcune variazioni chiave che influenzano il tono e l’impatto della storia. Ben (interpretato da Scoot McNairy) e Louise (Mackenzie Davis) sono una coppia americana che, dopo aver conosciuto Paddy (James McAvoy) e sua moglie su una vacanza, accettano un invito a trascorrere un weekend nella loro casa in campagna. Il tono idilliaco iniziale si trasforma lentamente in un incubo psicologico, in cui la tensione aumenta man mano che emergono comportamenti inquietanti e dinamiche manipolatorie. James McAvoy offre una performance carismatica e minacciosa nel ruolo di Paddy, incarnando una mascolinità tossica che diventa il fulcro del terrore. Il suo personaggio, rispetto a Patrick nell’originale danese, è più esplicito nella sua pericolosità fin dall’inizio, il che guida la trama verso un orrore più prevedibile, ma altrettanto efficace.
McAvoy riesce a conferire a Paddy una presenza dominante, manipolando psicologicamente Ben e Louise con sottili giochi di potere che emergono attraverso conversazioni apparentemente innocue, ma cariche di tensione. Un cambiamento rilevante rispetto all’originale danese è l’inserimento di motivazioni più esplicite per i carnefici. Nel film del 2022, Patrick e Karin agivano senza una chiara ragione, un elemento che rendeva l’intera esperienza più disturbante e destabilizzante. Nel remake, invece, Paddy sembra avere uno scopo preciso: la radicalizzazione psicologica della coppia americana, trasformandoli in pedine di un piano più ampio. Questo rende il film più accessibile a un pubblico mainstream, ma sacrifica l’ambiguità che caratterizzava l’originale e che contribuiva a creare un’atmosfera di terrore insostenibile. Anche i dialoghi risultano essere nettamente superiori nel film originale, che fin da subito mostra l’incompatibilità delle due coppie. I dialoghi, a differenza della versione 2024, sono più diretti e taglienti (a proposito di progressione, qui trovi 10 grandi film che diventano horror all’improvviso).
L’originale o quello Danese, cosa funziona meglio?
Il film danese del 2022 ha conquistato gli appassionati di film horror grazie al suo approccio sottile, originale e alla costruzione lenta ma implacabile della tensione narrativa. La sua forza risiede nella progressione graduale e nella scelta deliberata di evitare spiegazioni chiare sulle motivazioni dei carnefici. La trama sembra ruotare attorno a semplici interazioni sociali, che però si trasformano in incubi senza preavviso. Questo crea una sensazione di profondo disagio nello spettatore, che si ritrova in uno stato costante di disorientamento. Il non sapere cosa spinge i personaggi verso atti sempre più crudeli amplifica l’inquietudine, poiché il male sembra derivare dall’ordinario, senza motivazioni apparenti. L’orrore, quindi, non si basa su elementi soprannaturali o colpi di scena eccessivi, ma su dinamiche sociali che si deformano in modo disturbante, lasciando lo spettatore impotente davanti all’inevitabile escalation (qui trovi 10 film non horror che meriterebbero un azzeccatissimo remake horror).
Nel remake americano, diretto da James Watkins, molti di questi elementi sottili vengono sostituiti da spiegazioni più chiare e motivazioni esplicite. Mentre nel film danese i protagonisti si trovano in balia di una minaccia silenziosa e costante, nel remake McAvoy porta sullo schermo un antagonista più sfacciato e apertamente pericoloso, riducendo l’effetto di ambiguità che caratterizzava l’originale. Questo cambiamento sposta il film verso un registro di horror psicologico più tradizionale, dove le dinamiche di potere maschili e la manipolazione psicologica diventano centrali. A discapito di quel sottile terrore sociale che aveva reso il film danese così disturbante. Un altro aspetto in cui il remake si discosta è il trattamento dei personaggi secondari, in particolare i bambini. Nel film danese, Abel e Agnes sono figure indifese e vulnerabili. Nel remake, i bambini sono più grandi e attivamente coinvolti nel tentativo di avvertire i genitori del pericolo. Questa scelta rende la storia meno drammatica e attenua la crudezza emotiva che caratterizzava l’originale, dove l’innocenza dei bambini veniva brutalmente violata senza appello
Speak No Evil (2024), bello ma non necessario
Uno degli aspetti più discussi è il finale. Il film originale termina con una nota di crudele fatalismo: i protagonisti, dopo aver tentato di fuggire, vengono catturati e subiscono violenze brutali, culminando con la mutilazione della lingua di Agnes. Questo finale lascia lo spettatore impotente e profondamente turbato, una scelta audace che Tafdrup ha voluto mantenere per accentuare il lato spietato della natura umana. Chi ama il genere disturbante ha apprezzato tantissimo questo epilogo. Il remake, al contrario, opta per un finale più tradizionale, quello che potremmo definire Happy Ending all’americana. Qui i protagonisti riescono a reagire e, in parte, a salvarsi. Questo cambiamento rende la conclusione meno coraggiosa e più prevedibile, privando il film del senso di ineluttabilità e nichilismo che caratterizzava l’originale (ecco i 5 peggiori finali nella storia dei film horror).
Se il finale del film danese è un pugno nello stomaco, quello del remake si avvicina più a una classica catarsi da film horror, con trappole e scontri diretti. Speak No Evil (2024) è un remake che, pur portando nuovi elementi interessanti e attualizzando alcune tematiche, non riesce a eguagliare la potenza angosciante del film danese. Le scelte fatte, soprattutto nel finale, e l’approfondimento psicologico dei personaggi lo rendono un horror più mainstream, adatto a un pubblico più ampio, ma meno incisivo. Per coloro che hanno apprezzato l’originale, il remake potrebbe risultare una versione ovattata di un’opera che aveva già raggiunto un perfetto equilibrio tra inquitudine e orrore. Noi vi lasciamo, per rimanere nel genere, con 7 ottime serie tv che sono puramente horror.