Di questo articolo la parte più difficile è certamente l’introduzione. Come si fa a dire qualcosa di originale su Steven Spielberg, uno dei cineasti più famosi di tutti i tempi? Come si fa a non cadere nella semplice elencazione dei premi vinti (tra i quali tre Oscar, due BAFTA e quattro Directors Guild e dieci Golden Globe)? O in quella dei film realizzati finiti nella lista del National Film Registry a cura della Biblioteca del Congresso americano (sette: Lo squalo, Incontri ravvicinati del Terzo Tipo, Indiana Jones e i predatori dell’Arca perduta, E.T l’extra-terrestre, Jurassic Park, Schindler’s List, e Salvate il soldato Ryan)? O ancora in quella degli attori e attrici che hanno collaborato con lui (qui non metteremo la parentesi perché è impossibile citarli tutti)? Ecco, anche non volendo lo abbiamo fatto. Ma del resto il grande regista americano è conosciuto da tutti e nell’era di Internet ogni notizia, informazione su di lui è facilmente reperibile.
Diciamo allora che Steven Spielberg è sinonimo di qualità. Altissima. Nel corso della sua ultra decennale carriera di raccontatore di favole attraverso le immagini è quasi impossibile reperire un film modesto: da Duel (1971) considerato il suo primo lungometraggio, a The Fabelmans (2022) quando i siti specializzati annunciano l’uscita di un nuovo film del regista dell’Ohio il pubblico freme d’impazienza sicuro che non sarà deluso. Certo, alcuni hanno segnato l’immaginario collettivo per via della loro drammaticità come Salvate il soldato Ryan o Schindler’s List mentre altri sono, passateci il termine, più commerciali come Jurassic Park o Indiana Jones. Ma nessuna pellicola del filmaker americano può risultare modesta, sottotono o, addirittura, brutta.
Capirete quindi quanto sia stato difficile per noi di Hall of Series scegliere soltanto cinque film per raccontarvi cinque curiosità. Alla fine, però, ce l’abbiamo fatto.
PS. A proposito di curiosità e di dare una certa originalità all’introduzione: sapevate che Steven Spielberg è il padrino di Drew Barrymore e di Gwyneth Paltrow e che quest’ultima lo chiama simpaticamente Zio Morty?
1) Duel
Uscito nel 1971 sulla ABC nell’ambito della serie antologica ABC Movie of the Week, Duel è considerato come il primo film di successo diretto da Spielberg. Si tratta di un thriller on the road interpretato da Dennis Weaver nei panni di David Mann e Carey Loftin in quelli del camionista.
David Mann è un commesso viaggiatore intento ad attraversare la California per raggiungere un cliente. Lungo la strada incontra un camion che cercherà in tutti i modi di buttarlo fuori strada.
Il film è basato su un racconto di Richard Matheson, sceneggiatore e scrittore di horror e fantascienza, autore del meraviglioso romanzo breve Io sono leggenda dal quale è tratto l’omonimo film con Will Smith.
La genesi della storia di Duel risale a una data ben precisa, scolpita nella memoria di ogni americano: il 22 novembre del 1963, giorno dell’assassinio del presidente John F. Kennedy. Matheson, quel giorno, si trovava su un campo da golf quando venne a conoscenza della morte del presidente più amato di sempre e ne rimase profondamente sconvolto essendone assiduo sostenitore. Dovette interrompere la partita, incapace di proseguire e, frastornato dal dolore, si incamminò verso casa sulla sua Cadillac.
Mentre ascoltava le notizie alla radio, intontito dai continui aggiornamenti, compì una manovra un po’ avventata al volante tagliando la strada a un grosso camion a rimorchio. L’autista, nascosto dai vetri oscurati, se la prese a male dato che cominciò a pedinare lo scrittore appiccicandoglisi al paraurti, suonando le trombe bitonali e comportandosi in maniera piuttosto antipatica e pericolosa, terrorizzando l’autore.
Poi fortunatamente le strade dell’auto e del camion si divisero e Richard Matheson poté rientrare a casa, sano e salvo. Ma l’esperienza l’aveva colpito, persino traumatizzato tanto che cominciò a registrare appunti per quello che sarebbe stato un grande, l’ennesimo, racconto.
Quando si trattò di girare Duel Matheson spiegò bene a Spielberg che il segreto del film era tutto legato all’assoluta impersonalità del guidatore del camion che nel film, di fatti, non si vede mai in volto. Pochi dettagli lo caratterizzano: le braccia muscolose e gli stivali di pelle di serpente.
La mancanza di un volto è destabilizzante, fa pensare che l’individuo alla guida sia una sorta di zombie guidato dal Male. Spielberg fa notare che la paura dell’ignoto è quella più grande e che il film giochi proprio su questo: il non vedere l’autista rende, di fatto, il camion il verso antagonista del film.
2) Lo squalo
A proposito di paura dell’ignoto. Lo sapevate che nel film Lo squalo il predatore marino compare per la prima volta solamente dopo 1 ora e 21 minuti su due ore e quattro totali? Per più di un’ora Steven Spielberg stimola la paura degli spettatori attraverso ombre e sagome e, naturalmente, grazie alla colonna sonora composta da John Williams. L’iconico semitono ascendente (MI – FA) quando venne fatto sentire per la prima volta al regista non piacque probabilmente perché suonato al pianoforte e non con la grandiosità di un’orchestra d’archi arricchita da ottoni e timpani, geniale orchestrazione che rimanda a grandissimi capolavori della musica classica come Debussy (La mer) e Strawinsky (La sagra della primavera). In seguito il regista ammise che senza quel semitono il film non avrebbe avuto il successo che ebbe.
Jaws (titolo originale del film), considerato il primo blockbuster estivo e campioni di incassi di tutti i tempi fino all’uscita di Star Wars due anni dopo (1977) ha una trama abbastanza banale. Un’isoletta del New England è infestata da uno squalo bianco. Lo sceriffo, dopo la prima vittima, vorrebbe far chiudere le spiagge in attesa della cattura della bestia marina ma essendo periodo di alta stagione viene sconsigliato dal farlo perché non si può rovinare l’arrivo dei turisti. Così lo squalo può banchettare ancora un po’ prima che le autorità prendano provvedimenti. Tra le altre vittime c’è un bambino, interpretato da Jeffrey Voorhees, alla sua prima e unica apparizione sul grande schermo. La madre, interpretata da Lee Fierro, prenderà a schiaffi lo sceriffo Brody incolpandolo di negligenza e di aver fatto morire il figlio, in una scena molto toccante. Ecco, a proposito di questi due attori: molti anni dopo l’attrice si recò in un ristorante di pesce e notò che nel menù c’era un panino: “Alex Kintner Sandwich“. Disse al personale che in passato era stata la madre di Alex, nel film Lo squalo. Quando il proprietario del locale ne fu informato le corse incontro e l’abbracciò rivelandole che era lui, Alex. E così, dopo tantissimi anni, i due si ritrovarono poiché si erano completamente persi di vista dopo le riprese del film.
Ma tornando al film quando lo sceriffo (Roy Scheider), il cacciatore di squali (Robert Shaw) e l’oceanologo (Richard Dreyfuss) sono in barca, in mezzo al mare, alla ricerca del predatore marino lo sceriffo sta gettando scarti di pesce sanguinolente in acqua per attirare lo squalo. È scocciato perché di tutti e tre è quello che non ha esperienza di mare ed è perciò bullizzato dagli altri due che continuano a dargli ordini. A un certo punto, fauci aperte e occhio vitreo, emerge lo squalo. Lo sceriffo rimane scioccato da quella visione. Indietreggia sotto coperta e dice: “You’re gonna need a bigger boat” (ci serve una barca più grossa, la battuta in italiano).
Questa battuta, che in seguito è entrata nel quotidiano dire degli americani (un po’ come il nostro “Subaru Baracca“) ed è stata inserita al 33° posto delle 100 battute più belle di sempre, non compare in alcuna sceneggiatura. Pare sia stata improvvisata da Roy Scheider rimasto sbalordito e sconvolto dalla visione dell’animatronic gigantesco dello squalo sbucare fuori dall’acqua.
3) Jurassic Park
Ed è un animatronic anche la figura del Tyrannosaurus Rex che terrorizza Jeff Goldblum, Sam Neill e Laura Dern, protagonisti del primo e indimenticabile Jurassic Park, film campione d’incassi e vincitore di tre premi Oscar per gli effetti audio e visivi. Un enorme animatronic. Così grande, il più grande finora mai costruito, che dovettero aprire e rifare i tetti degli studi per farcelo stare dentro. Pesava, infatti, quasi otto tonnellate ed era alto poco più di sei metri per oltre dodici. Sei metri per dodici: una casa di due piani per quattro. Decisamente impressionante!
Ve lo ricordate quando esce dalla gabbia, di notte, sotto la pioggia? Ebbene proprio quella scena è alla base della curiosità che vogliamo condividere con voi.
Per proteggere le parti meccaniche dell’animatronic gli venne confezionata una pelle fatta di gommapiuma. Purtroppo il materiale spugnoso si impregnò di acqua rischiando di mandare in corto circuito. I responsabili degli effetti speciali chiesero a Spielberg di prendere una pausa per poter asciugare l’imponente figura ma non furono abbastanza diligenti. O forse l’animatronic si era già danneggiato. Fatto sta che mentre la troupe stava mangiando all’improvviso la bestia prese vita incominciando a muoversi e produrre sonori schianti metallici. Fece pochi passi prima di bloccarsi del tutto e tornare immobile. Ma quei pochi passi, improvvisi, spaventarono a morte l’intera troupe e molti membri si fiondarono fuori dagli studios gridando e piangendo.
4) Schindler’s List
Nello stesso anno, il 1993, Steven Spielberg diresse quel capolavoro straziante che è Schindler’s List. Si dice che il regista girasse di giorno il film e di notte montasse Jurassic Park. Verità o leggenda fatto sta che il 1993 è un anno veramente prolifico per il filmmaker americano con origini ebraiche: i suoi due film ottennero la bellezza di 10 Oscar tra i quali quello di miglior regia e quello di miglior film.
La genesi di Schindler’s List è decisamente interessante. Nel 1983 Spielberg venne contattato dai dirigenti della Universal Pictures i quali gli diedero da leggere un libro, La lista di Schindler, scritto da Thomas Keneally e pubblicato l’anno precedente. La Universal Pictures vuole farne un film e vorrebbe che a dirigerlo fosse proprio il regista ma Spielberg, che ha 37 anni, non si sente abbastanza maturo per farlo e declina l’invito. Il progetto, però, è talmente bello, talmente importante che, assolutamente, deve andare in porto tanto che il regista decide di diventarne produttore esecutivo. Così, proprio in questa nuova veste, contatta alcuni suoi colleghi. Il primo è Martin Scorsese che però rifiutò perché convinto che a dirigerlo avrebbe dovuto essere un regista di origini ebraiche.
Seguendo questo suggerimento Steven Spielberg si rivolse a Roman Polanski che però rifiuto poiché l’argomento era troppo personale. Il regista polacco, infatti, era stato rinchiuso da bambino nel ghetto di Cracovia, il padre sopravvisse nel campo di Mauthausen mentre la madre, disgraziatamente, morì in quello di Auschwitz. Spielberg, non a conoscenza del passato del collega, si scusò per aver evocato tragici ricordi e si rivolse a Billy Wilder. Il regista di A qualcuno piace caldo, Sabrina, L’appartamento e Viale del tramonto (per citarne alcuni), vincitore di sei premi Oscar si disse ben disposto a girare il film che avrebbe dovuto essere l’ultimo di una lunga e fortunata lista. Alla fine però non se ne fece nulla e il cerino acceso rimase nelle mani di Steven Spielberg che alla fine si convinse, anche grazie a Wilder. Ma pose alla Universal Pictures un paletto: quello, cioè, che avrebbe diretto il film di lì a dieci anni, dopo aver maturato esperienza e sicurezza di sé.
E così, nel 1993, dieci anni esatti dopo i fatti appena raccontati, Steven Spielberg siede dietro la macchina da presa per dirigere Schindler’s List. È un regista famoso, con una lista di successi alle spalle. Ma, soprattutto, si sente finalmente pronto per affrontare quello che, probabilmente, è il film della vita. Tra l’altro devolse tutto il suo compenso alla USC Shoah Foundation perché si trattava di “soldi sporchi di sangue“.
5) Salvate il soldato Ryan
Altro film, altro capolavoro di Steven Spielberg. Uscito nel 1998 Saving Private Ryan, questo il titolo originale, è una pellicola che ha fatto la storia della cinematografia. In particolar modo le scene che riproducono il D-Day, avvenuto il 6 giugno del 1944, argomento presente anche in Band of Brothers, serie prodotta da Spielberg e da Tom Hanks.
La crudezza delle immagini dello sbarco obbligarono il Dipartimento degli Affari dei Veterani di guerra americano ad attivare un numero verde per il sostegno psicologico a chi, veterano della Normandia, si sentì male guardando il film.
Il regista, ben conscio di quanto potessero essere forti le immagini, non permise alcun taglio e i paesi che provarono a effettuare una censura vennero esclusi dalla distribuzione della pellicola.
La sequenza di Omaha Beach è un capolavoro di precisione impareggiabile. Spielberg ci lavorò per mesi prima di girare le scene e gli attori, seppur consci di trovarsi sul set di un film rimasero sconvolti per la violenza sonora e fisica alla quale vennero sottoposti.
Inutile perderci nel raccontare qualcosa che, se avete visto film, è scolpita nella vostra memoria. E se non lo aveste visto non sapremmo come potervi trasmettere la forza delle scene. Ma possiamo consigliarvi di guardare il film, per lo meno la scena dello sbarco perché è qualcosa di veramente epico.
Per cercare di dare maggiore credibilità alle esplosioni Spielberg decise di legare alle telecamere portate dai cameraman dei trapani. Sì, quelli per fare i buchi nei muri. I trapani, attivati al giusto momento facevano tremare la telecamera dando l’effetto della terra che tremava in seguito a una esplosione: “ero convinto di aver creato un nuovissimo sistema per dare un effetto di tremore“, confessò il regista in una intervista. Ma Janusz Kamiński, “il mio direttore della fotografia venne da me dicendomi: sai, Steven, hanno inventato delle lenti speciali per le telecamere che simulano perfettamente il tremore della terra dopo un’esplosione. Questa rivelazione mi smontò completamente, ero convito di aver inventato qualcosa di veramente geniale“.