“Dick Laurent è morto“, con queste parole si apre e si chiude in una studiata composizione ad anello Strade Perdute, uno dei film più intricati e meno immediati di David Lynch. Se infatti per Mulholland Drive la spiegazione ci appare più lineare (nell’articolo “la spiegazione di Mulholland Drive” abbiamo chiarito ogni singolo dettaglio simbolico del film) Lynch in Strade Perdute complica le cose.
Il legame con le altre pellicole è immediato: il sipario rosso rimanda subito a Twin Peaks mentre le inquadrature su strada notturna le ritroviamo identiche in Velluto blu e, recentemente, in Twin Peaks: The Return. Tutte queste opere condividono quindi un senso profondo, sono interconnesse tra loro. Il drappo rosso, per esempio, è palese rappresentazione dell’inconscio, dell’onirico, del sogno che affonda nella psiche. La spiegazione di Strade perdute, come quella di Velluto blu e Twin Peaks (che vi abbiamo già proposto in un articolo dal titolo La spiegazione psicologica di Twin Peaks) va ricercata quindi in una visione soggettiva e tutta interiore.
Rispetto ad altri film e opere di Lynch in Strade perdute risulta dominante la componente sessuale.
Per questo l’interpretazione del film passa necessariamente dalla spiegazione di ogni riferimento sessuale presente. A partire dalla frase di apertura e chiusura: “Dick Laurent è morto“. Un nome piuttosto evocativo, che rimanda immediatamente al fallo. Ma andiamo con ordine.
Il protagonista di Strade perdute, Fred Madison è un musicista che teme (probabilmente a ragione) che la moglie, Renée, lo tradisca. L’intimità con la sua compagna è totalmente inappagante. Il rapporto sessuale, in una scena clou, risulta insoddisfacente, fallimentare. Cosa ancor peggiore la frustrazione sessuale dell’uomo è accresciuta dalla consolatoria pacca sulla spalla che gli dà la donna, accompagnata dalle parole: “Non è niente, va tutto bene, non è niente“. Una totale umiliazione per Fred.
A questo punto gli elementi espliciti della vicenda sono presto detti: in un raptus alimentato dalla frustrazione sessuale Fred fa a pezzi Renée, viene processato e condannato a morte. Fin qui la realtà oggettiva. Ma, come il protagonista tiene a sottolineare, “Preferisco ricordare le cose a modo mio… Come le ricordo io, non necessariamente come sono avvenute“. La realtà quindi inizia a deformarsi.
Tutto ciò che vediamo si fa proiezione interiore, sublimata e alterata della realtà.
Partiamo dal sogno che Fred descrive appena dopo l’insoddisfacente atto sessuale con la moglie. Nell’incubo Fred cerca Renée e sembra non trovarla in nessun angolo della casa. Una chiara allusione alla lontananza emotiva tra i due coniugi. Alla fine la vede sul letto ma non è davvero lei: “Sembravi tu ma non eri tu“. In appena un frame Lynch riesce a descrivere il concetto freudiano di perturbante, qualcosa che è familiare ma ci appare in vesti non familiari. L’esempio per eccellenza del perturbante è proprio il sosia, un’immagine familiare di noi stessi ma che vediamo proiettata in qualcuno che non è noi.
Ma che cosa rappresenta questo perturbante per Fred? Al volto della moglie, nel sogno, si sostituisce la faccia di Mystery Man. È la sua prima apparizione. Una presenza inquietante che accompagnerà tutta la realtà deformata di Strade Perdute. Chi è davvero? Per capirlo dobbiamo ascoltare con attenzione quello che l’uomo dice a Fred durante una festa in piscina: “Ci siamo già incontrati, mi pare“. Il protagonista è scosso, chiede dove sia avvenuto l’incontro. “A casa tua, l’hai dimenticato? A essere più precisi sono lì in questo istante“.
Sembra assurdo. Lo è per la realtà oggettiva, non per quella inconscia nella quale ci troviamo proiettati.
Fred lo interroga su come abbia fatto a entrare in casa sua: “Mi hai invitato. Non è mia abitudine andare dove non sono stato invitato“. Mystery Man, insomma, è il simbolo stesso del perturbante, una natura mostruosa che si fa largo nella casa (cioè nell’intimità, la casa è il luogo più familiare, privato) di Fred. Rappresenta quell’irrefrenabile impulso che lo ha portato/porterà all’omicidio della moglie. È il suo impulso più bestiale, che ora in forma di Es, ora di Super-Io, vuole fargli riguadagnare la mascolinità. Una volta lasciato entrare dentro di sé, questo istinto furioso lo aiuta nello scopo nell’unico modo possibile: eliminando la causa della frustrazione sessuale. Uccidendo barbaramente Renée.
Mystery Man è rappresentato sempre, o quasi, con una telecamera in mano perché è una presenza che sa e vede tutto, che conosce nell’intimo Fred, che ha ben chiaro cosa voglia ed è disposto ad accontentarlo nel suo desiderio. Quando però gli mostra il video dell’omicidio il protagonista non regge. La gravità dell’atto compiuto è insopportabile, la sua mente va in frantumi. A questo punto, in una scena dal forte valore simbolico, una cascina in legno esplosa torna a ricomporsi, come riavvolgendo il tempo.
È la rappresentazione della mente di Fred che prova a ricomporsi. In che modo? Creandosi una nuova realtà.
Ecco allora che a Fred, nella cella, si sostituisce Pete che non essendo colpevole di alcun delitto viene rilasciato. La nuova personalità del protagonista è tutto ciò che l’uomo avrebbe sempre voluto essere. Rappresenta una proiezione delle sue aspirazioni, soprattutto sessuali. Pete è un amante focoso, desiderato da ogni donna ed è anche “L’orecchio più sensibile della città“, secondo quanto dice Mr. Eddy. Allude ovviamente alla sua capacità di notare ogni rumore sospetto nelle automobili (fa il meccanico in questa realtà) ma è chiaro che sia una sublimazione del desiderio di Fred di essere “l’orecchio più sensibile della città” come musicista.
In tale realtà onirica la moglie è bionda invece che mora, è lasciva, si chiama Alice ed è la donna del boss. Desidera tanto andare a letto con Pete e ne viene impedita da Mr. Eddy. Quando finalmente il rapporto si concretizza è naturalmente un’apoteosi di piacere (“Lo voglio rifare“, conclude lei). Il problema sessuale in questa realtà, l’impotenza, viene proiettato all’esterno, in un ostacolo che non è nella relazione marito-moglie o interno al protagonista ma nell’ostilità di uno stereotipato boss criminale.
Mr. Eddy in Strade perdute rappresenta quindi quello che nella realtà oggettiva è l’impotenza del protagonista.
Non a caso scopriamo che il suo vero nome è proprio Dick Laurent, palese allusione fallica. L’unica soluzione, anche nel mondo ricostruito a proprio piacimento da Fred, è allora una sola: eliminare l’ostacolo. Con l’aiuto di Mistery Man, cioè appunto del suo istinto più animalesco e orrorifico, che porge al protagonista il coltello, Mr. Eddy viene ucciso. Pete però è ormai tornato Fred, segno che la realtà fittizia si sta sgretolando. Il collasso dell’illusione rassicurante in cui si è rifugiato è evidente dai flash sempre più frequenti che lasciano intravedere a Fred/Pete ciò che ha fatto (l’omicidio), oltre che dalla foto che ritrae le due personalità della moglie (“Quella non sei tu? Ma sei tutte e due?“) e dai malori crescenti.
Alla fine, anche nel mondo ricostruito a proprio piacimento, l’inappagamento sessuale rimane. Proprio mentre Pete consuma un rapporto con Alice, alter-ego di Renée, la donna si allontana, lasciandolo insoddisfatto, castrando il desiderio sessuale e affermando: “Tu non mi avrai mai“. Di colpo l’illusione di Pete si sgretola e l’uomo torna a essere Fred.
Il sogno svanisce.
In un disperato tentativo finale, ancora in un mondo inconscio, Fred prova a fuggire alla polizia (un Super Io giudicante) ma è preso da forti convulsioni. Due sono le possibili letture in questo caso: o il mondo onirico sta per svanire del tutto e la realtà è pronta a riaffiorare oppure le convulsioni sono dovute a quello che parallelamente sta avvenendo nel mondo oggettivo: la scossa mortale sulla sedia elettrica.
È tutta qui la spiegazione psico-sessuale di Strade Perdute, una delle pellicole meno immediate ma anche più affascinanti di un regista, David Lynch, che non smette mai di turbarci attraverso la rappresentazione degli oscuri meandri del nostro inconscio.