Sono nata negli anni Novanta, e questo significa che per me Riccardo Scamarcio è ancora sinonimo di Stefano “Step” Mancini. So benissimo che di tempo da Tre metri sopra il cielo ne è passato parecchio e che l’attore ha avuto l’occasione di affrontare ruoli ben più complessi e meglio interpretati di quello che gli ha dato la fama. Eppure, per me pensare a lui significa tuttora pensare alla storia adolescenziale tormentata tra Step e Babi, a Radio caos e a Gabriel come colonna sonora di un momento magico. E so di non essere sola in questo mio turbamento. Ma a 20 anni di distanza devo scendere a patti col fatto che Riccardo Scamarcio non possa più essere l’interprete del ruolo dell’adolescente problematico, ma piuttosto di quello del padre di famiglia. Ed è proprio ciò che fa in Svaniti nella notte.
Distribuito l’11 luglio su Netflix e già ben performante a livello internazionale – si tratta infatti di uno dei titoli non in lingua inglese attualmente più visti sulla piattaforma – Svaniti nella notte è ambientato in una Bari tra tradizione e contemporaneità. Il regista Renato De Maria, grande mente del poliziesco televisivo nostrano, torna sulla piattaforma dopo Rapiniamo il duce, un’esperienza a mio avviso più riuscita, complessa e interessante di quest’ultima. Lo fa con un thriller dai presupposti giusti, remake della pellicola argentina Séptimo del 2013, ma dalla realizzazione non altrettanto forte. Ecco, credo che dal titolo della recensione e da queste ultime frasi si capisca già bene dove voglio andare a parare. Ma prima di passare ai commenti forse è giusto fare un piccolo passo indietro.
Svaniti nella notte: la trama
Siamo in Puglia, più precisamente a Bari. Pietro, imprenditore indebitato fino al collo con un passato da accanito giocatore d’azzardo, si sta separando da Elena, psicoterapeuta americana un tempo dipendente dagli oppiacei, venuta a vivere in Italia per un amore ormai concluso. La storia parte con un parallelo tra i giorni felici della coppia, vissuti tra le onde del mare pugliese insieme ai figli Giovanni e Bianca, e un incontro preliminare con gli avvocati per discutere dell’affidamento dei bambini una volta avvenuta la separazione. Entrambi vogliono tenerli con sé, uno in Italia e l’altra negli Stati Uniti, ed entrambi hanno elementi da giocare l’uno contro l’altro. Eppure è palese che Pietro sia molto più restio a usarli di quanto non sia Elena.
Un giorno Pietro va a prendere i figli dalla sua ex per fargli trascorrere la notte da lui, dovendo lei partire per una meta che non ci è dato conoscere. La casa è un’antica masseria acquistata come investimento e mai ristrutturata, il classico posto nel nulla con porte e finestre sempre spalancate. Arrivati alla masseria, dove li aspetta un creditore di Pietro, i bambini vengono messi a letto mentre il padre pensa bene di fumarsi una canna guardando la partita in tv. Tutto sembra tranquillo, ma quando va a controllare che i figli stiano effettivamente dormendo Pietro si accorge che Bianca e Giovanni non ci sono. Sono, per l’appunto, svaniti nella notte. Al panico del padre, che comincia a cercarli ovunque, si unisce quello di Elena, che chiama per salutare i bambini proprio nel momento in cui Pietro si rende conto di esserseli persi.
Spoiler alert: qui finisce l’articolo per chi non vuole sapere ulteriori informazioni che potrebbero rovinare la prima visione di Svaniti nella notte
Dopo il rientro in tempi record di Elena e senza aver chiamato la polizia, i due ricevono una telefonata: i bambini sono stati rapiti e per riaverli indietro devono pagare un riscatto di 150.000 euro praticamente dall’oggi al domani. L’idea di Pietro è che il rapimento sia stato organizzato dai suoi creditori per avere indietro i soldi che vogliono. L’unico modo per procurarseli è rivolgersi a Nicola, vecchio amico di Pietro nel giro della malavita. Da questo momento in poi comincia per lui una lunga serie di peripezie che lo portano fino in Grecia e ritorno. Peripezie molto più legate alla casualità di eventi che si susseguono senza troppe connessioni che a difficoltà relative al rapimento dei suoi figli. Una cosa, questa, che non può passare inosservata a chi guarda il film con un po’ di spirito critico.
Succede praticamente di tutto. Prima Nicola chiede al suo vecchio amico un favore in cambio dei soldi di cui ha bisogno. La cosa però è più che normale, dato che Pietro non si è certo rivolto a un’associazione benefica. Poi la barca che usa per svolgere la sua missione va in avaria, cosa che lo costringe prima a chiamare la Guardia Costiera, poi a fare i salti mortali per tornare in tempo a casa. Dopo ancora, dulcis in fundo, giunto a riscuotere il suo denaro Pietro si trova davanti un festino a base di sesso e droga, nonché un vecchio amico sotto l’effetto di qualche sostanza e con una forte crisi identitaria. Ah, anche con la voglia di giocare a una sorta di roulette russa. E quindi mi chiedo: perché buttare sul piatto tutti questi elementi quando il protagonista non ha ancora neanche lontanamente affrontato i rapitori dei suoi figli?
La risposta fa presto ad arrivare, e in realtà ce l’abbiamo sotto il naso da tempo.
L’intento di Pietro è chiaro: farebbe qualsiasi cosa per riportare i suoi figli a casa. Ma la forza di volontà e il senso di colpa all’idea che tutto sia legato ai suoi debiti non gli permettono di guardare oltre. Soprattutto, non gli permettono di capire che la pista da lui considerata potrebbe non essere l’unica. Ma noi non siamo Pietro. Svaniti nella notte vuole essere uno di quei thriller sorprendenti che sul finale cambiano allo spettatore la visione delle cose, facendolo scontrare con una realtà diversa da quella della quale era convinto fino a un minuto prima. La verità però è che, così come il titolo, anche la trama lascia ben poco all’immaginazione. E sono fin troppi gli elementi che dal primo momento ci fanno capire che le cose potrebbero stare diversamente.
Elena rientra da un viaggio con la facilità di chi a destinazione non è mai arrivato. Nel corso di quella che dovrebbe essere la notte più brutta della sua vita lei smette di rispondere al telefono. Insomma (spoilerone) non ci sorprendiamo nel momento in cui ci rendiamo conto di quanto lei sia dentro alla questione fino al collo. Il come ve lo risparmio, di spoiler ne ho fatti già troppi, ma sappiate che nella spiegazione finale i buchi di trama non mancano. Anzi, sono grandi almeno tanto quanto la masseria di Pietro.
Morale della favola? Il tanto agognato effetto sorpresa non arriva mai.
Una cosa che mi sorprende però c’è: come ha fatto Svaniti nella notte ad accumulare decine di milioni di spettatori in tutto il mondo? Il film manca di credibilità, elemento fondamentale per far sì che un thriller riesca davvero a stimolare la curiosità ma anche l’ansia nel pubblico. Questa mancanza è stata identificata da buona parte della critica come un elemento a netto sfavore della buona riuscita del film. Ma se su diverse riviste e piattaforme non è stato lodato, Svaniti nella notte è comunque riuscito a conquistare ampie fette di pubblico mondiale. Sarà per la performance di Riccardo Scamarcio, che comunque non si può dire essere lo stesso dei tempi di Step? O forse è perché dalle piattaforme ci aspettiamo film che ci facciano compagnia, niente a che vedere con i grandi cult cinematografici del genere.
Fatto sta che il thriller fatto bene, sia a livello seriale che cinematografico, esiste ma non ha molto da condividere con Svaniti nella notte. E forse questo è un tentativo fallito almeno tanto quanto quello di Elena di fregare suo marito.