Tutti abbiamo vissuto quella spiacevole situazione raccontata brillantemente da Zerocalcare in Strappare lungo i bordi: chi non è mai stato ore a scorrere i film sulle piatteforme streaming e non trovare niente da vedere pur avendo a disposizione “tutto l’audiovisivo del mondo” e pensando “è possibile che son tutti film de m*rda”? Certo, la roba bella magari l’abbiamo già vista, altra siamo in ritardo e altra ancora la teniamo per il momento giusto – se arriverà. Vogliamo evitare, però, di finire nella fantascienza polacca del ‘900 in lingua originale, andare a letto frustrati con la nostra coscienza sottoforma di Armadillo che ci costringe a interrogarci su noi stessi dicendo: “Dai su, se su ottomila film non te ne va bene manco uno, forse sei te che non vai bene”. Proprio per questo nasce la seguente rubrica settimanale, in onda ogni lunedì e rivolta sia a chi la pellicola in questione non l’ha mai vista, sia a chi l’ha già visionata e vuole saperne di più: infatti, nella prima breve parte vi consigliamo un film; nella seconda invece ve lo recensiamo, analizziamo o ci concentreremo su un aspetto particolare. E questa settimana abbiamo scelto The Batman.
PRIMA PARTE: Perché, dunque, vedere The Batman? Ecco la risposta senza spoiler
Disponibile su Netflix (a noleggio su Amazon Prime Video e Apple TV+), in The Batman Bruce Wayne, che ha indossato il costume da pipistrello da soli due anni, combatte la dilagante corruzione a Gotham City potendo contare su pochissime persone. Quando un misterioso killer prende di mira l’élite della città lasciando enigmatici messaggi, Batman è costretto a indagare nel marcio di Gotham, a mettersi in discussione e rivedere il suo passato, a stringere alleanze più o meno scomode e a correre contro un tempo che sembra impazzito, appoggiato sempre dal suo fidato maggiordomo Alfred Pennyworth.
Matt Reeves riesce a prendere il meglio di film, serie, fumetti e videogiochi su Batman, mescolandoli insieme per creare il suo personale Cavaliere Oscuro. Davanti c’è un personaggio né maturo e né acerbo, guidato dalla vendetta e dal rancore ma speranzoso di trovare una luce nel grigio di Gotham. Si raccontano le sue origini, ma attraverso un’altra via, così da iniziare un nuovo universo e una nuova mitologia. Piena comunque dei memorabili personaggi di sempre, degli iconici antagonisti che tanto amiamo e di un protagonista che è un successo su ogni fronte. Robert Pattinson, attore già predisposto all’introspezione, è ottimo nel ruolo, prendendosi una grande rivincita sui detrattori. A lui si unisce un gran cast gestito perfettamente: da Zoe Kravitz a Colin Farrell, da Jeffrey Wright a John Turturro, passando per Andy Serkis e, soprattutto, un memorabile Paul Dano.
In un mix di noir, thriller, cinecomic e detective story, The Batman funziona in tutte le sue componenti. Ci regala un film maturo, cupo, avvincente, autoriale, complesso, con il realismo che danza divinamente a braccetto con il comparto visivo e il linguaggio fumettistico. E Gotham finalmente diviene una protagonista del racconto. Reeves ha dimostrato che sì, dopo Nolan, un nuovo e grande Cavaliere Oscuro è possibile e, dopo aver visto il film su Netflix, vi aspetta la nostra analisi.
SECONDA PARTE: L’analisi (con spoiler) di The Batman
Una delle prime impressioni che si ha dopo The Batman è di esser catapultati in un film che potrebbe aver realizzato David Fincher. Reeves, infatti, ancora il più possibile il protagonista alla realtà, consapevole del suo impatto nella cultura pop, elevando così l’opera da semplice cinecomic a nerissimo thriller poliziesco. Pensiamo a Seven, la cui trama ispira The Batman: in entrambe, un mondo corrotto e un gioco letale con un killer sono messi in contrapposizione con i pochi che, spinti dal senso di responsabilità e giustizia, vogliono fermarli. Se di Fight Club si respira la sua particolare tensione, al serial killer di Zodiac è ispirato l’Enigmista di Paul Dano. E tutto ciò non è un caso perché uno dei montatori del film è Tyler Nelson, che ha lavorato nei film di Fincher dal 2008 al 2014, in House of Cards e Mindhunter.
Ma, oltre ai film sull’Uomo Pipistrello precedenti (in particolare quelli di Nolan), non è l’unica influenza presente nell’opera di Reeves.
La batmobile richiama Interceptor e gli inseguimenti in macchina l’universo di James Bond. Catwoman riecheggia la Trinity di Matrix nel vestiario e nelle abilità sovrumane e Batman ci resta subito impresso come è successo, seppur in modo diverso, ad esempio al Darth Vader di Star Wars. Il mondo di Bruce Wayne è simile all’Hell’s Kitchen del Daredevil seriale, mentre la villa dark e decadente può riecheggiare quella di Charles Foster Kane di Quarto potere. L’attenzione allo sguardo sia narrativamente che esteticamente, con uso frequente della soggettiva, richiama Il silenzio degli innocenti. E se pensiamo al Joker di Todd Phillips, si può trovare un percorso inverso. Infatti, entrambi i protagonisti alimentano il fuoco sociale ma Bruce, il più rabbioso e vendicativo, trova dentro di sé la soluzione per addomesticare le fiamme.
Parlando proprio di vendetta, è uno dei punti chiave di The Batman, tanto che lo stesso Cavaliere Oscuro si presenta a tutti, criminali e spettatori, dicendo “Io sono vendetta”. Questo sentimento, più che la giustizia, muove le azioni del protagonista, che si serve della paura come strumento a suo favore. Il suo stesso segnale è intimidatorio e minaccioso e non un qualcosa di rassicurante; infatti nessuno, eccetto Gordon, si fida di lui. Eppure, è dalla vendetta che inizia il percorso che lo porta ad abbracciare il suo senso di giustizia e, persino, la speranza. Ma per farlo deve compiere azioni punitive discutibili, ricorrere al rancore sopito e al sangue in una città che lo ostacola in ogni modo.
La psicologia del Cavaliere Oscuro in The Batman è, infatti, straordinariamente sfaccettata.
È un Batman dalla profonda umanità. Si sente sé stesso solo quando indossa il mantello e si toglie la maschera di Bruce Wayne, difficilissima da indossare per lui perché rappresenta una sorta di nemico, il più complesso da domare. In ciò ricorda il Batman di Christian Bale; non a caso l’unico a non indossare la maschera alla festa era proprio lui. Perché in realtà già l’aveva. Nel protagonista di The Batman, seppur trentenne, si trovano alcune caratteristiche adolescenziali, come la rabbia repressa da sfogare e rappresentata soprattutto dalle bugie della sua famiglia, dal male a Gotham e dalla non integrazione nella società cittadina.
A sottolineare ciò c’è la colonna sonora, soprattutto la significativa e struggente Something In The Way dei Nirvana. Batman, su dichiarazione di Reeves, è proprio ispirato a Kurt Cobain e all’idea di rockstar bella e dannata che abbiamo nel nostro immaginario comune. È dal tema musicale principale che prende vita il protagonista e ne racconta l’evoluzione e l’essenza. Inizia malinconicamente, diventa incalzante e sinistra nella parte centrale, per poi terminare in maniera solenne, angosciosa e solo apparentemente quieta. Il mix di generi, dunque, non è solo cinematografico ma anche musicale, riuscendo a fondersi con la narrazione e aggiungere significati a scene e personaggi. Anzi, ognuno di loro ha una propria canzone: ad esempio, il tema per l’Enigmista è disturbante, oscuro ma terribilmente affascinante.
Tornando a The Batman, a controbilanciare la rabbia del protagonista ci sono sia i dubbi morali di chi sta faticosamente cercando il suo posto e la sua identità, sia la grandissima e lucida intelligenza di colui che sulla carta fumettistica è da sempre “il miglior detective al mondo”. Inoltre, è sicuro dei propri mezzi e della propria fisicità. Si crea così un intenso dualismo interiore che racchiude fragilità e forza, sensibilità e determinazione, consapevolezza e smarrimento.
E allora, empatizzare con lui è facile come respirare.
Ciò è possibile soprattutto grazie a Robert Pattinson che, per chi non se n’era accorto, non è solo quello di Twilight. Se il forse inarrivabile Bale era “il perfetto equilibrio tra luce e tenebra”, Pattinson ha una grandissima presenza scenica in costume, un’espressività caratteristica che lo rendono credibile e autoritario, oltre che una grande predisposizione all’introspezione e alla profondità. Lo stesso Reeves credette in lui fin dall’inizio, al punto da non sapere che fare se Pattinson avesse rifiutato – stava, infatti, girando Tenet in quel periodo – e dichiarando: “di aver cominciato a scrivere il film con in mente soltanto Robert”.
Così, The Batman ha preso forma sul corpo e sul talento di Pattinson e Reeves ha vinto quella che poteva essere una scommessa rischiosa.
Importante, come in ogni film sul Cavaliere Oscuro, è il rapporto tra genitori e figli. Sia Bruce che l’Enigmista sono orfani, ma il primo è l’erede di una famiglia filantropa e miliardaria e il secondo, invece, non ha alcun privilegio. Inoltre, Selina Kyle è orfana di madre e figlia di Carmine Falcone. Sono le colpe dei padri che ricadono sui figli, i cui fantasmi metaforici aleggiano sulle loro teste. Soprattutto su quella di un Bruce che sembra quasi un novello Amleto, riflettendo nei pochi monologhi sul proprio malessere interiore. Fondamentale è la figura di Alfred, meno maggiordomo e più padre, anche se ne rifiuta gli aiuti paterni e lo allontana. Per poco, perché poi si riavvicina a lui non potendo accettare di perderlo, in un momento emozionante dove Pattinson, paradossalmente ma magnificamente, recita in sottrazione.
Nonostante abbiano diversi screen time, nessun personaggio è inutile o messo lì tanto per fare. Su tutti spicca l’Enigmista di un incredibile Paul Dano, lontano dalle canoniche rappresentazioni del villain. Mentre Pattinson agisce in sottrazione, Dano carica il suo personaggio di un’azzeccata drammatizzazione esagerata. Lo rende geniale, terrificante e folle nel suo piano di smascherare il marcio di Gotham, in un crescendo di violenza che mostra come la verità sia per lui mezzo di ricatto e riscatto. Ed è all’Arkham Asylum che esterna l’invidia verso Bruce e quel piano per distruggere l’intera città, ma rende anche Batman un simbolo di speranza.
Non è il solo iconico villain a esser presente in The Batman. C’è il Pinguino di un irriconoscibile Colin Farrell, il crudele Carmine Falcone di un ottimo John Turturro. Soprattutto, c’è il vero villain: Gotham City.
Indomabile e impossibile da governare, più di quanto abbiamo visto nei film su Batman precedenti (compresi la conclusione della trilogia nolaniana e Joker), Gotham non è lo sfondo delle vicende, ma un essere oscuro, cupo, collettivo e marcio, costantemente battuta da un pioggia ritmica e interminabile, che interferisce con i personaggi, come se dovesse lavare via il peccato originale da ogni angolo della città. È così che Fincher rappresentò la sua cittadina in Seven e non si può non notare l’influenza di Michael Mann, capace di elevare le metropoli a personaggi principali dei suoi thriller. Ma la Gotham di Reeves ha pure un passato, una storia antica e, in quel nero profondo, sono presenti delle esplosioni di colore che rappresentano la speranza del cambiamento. In lei e in Bruce, che sceglie finalmente di essere speranza e non vendetta.
Ecco che The Batman riesce a essere tutto quello che volevamo. È convincente, oscuro, toccante, epico, autoriale, che ha rimaneggiato i prodotti su questo eroe per creare un film originale, nuovo. Soprattutto, potrebbe essere l’inizio di un universo cinematografico sul Cavaliere Oscuro. Ci sono i presupposi, la voglia e diversi progetti avviati. Ad esempio ci sono la serie su Pinguino, probabilmente una sulla polizia con protagonista James Gordon e l’attesissimo sequel del film. Lì dove speriamo di rivedere quel Barry Keoghan intravisto nel finale. Che sia l’iconico Joker? Probabilmente si. Noi, non vediamo l’ora di scoprirlo.