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The Last Duel – Il coraggio di lottare per la verità

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ATTENZIONE: questo articolo contiene SPOILER su The Last Duel.

Il cast stellare è solo uno dei tanti motivi per cui The Last Duel merita di essere visto da chiunque. Il 14 ottobre 2021, il dramma storico diretto da Ridley Scott (regista di uno dei 10 migliori film del 2021) è stato distribuito nelle sale cinematografiche e dal 1° dicembre 2021 è anche disponibile per la visione in streaming su Disney +. Si tratta di una trasposizione cinematografica del romanzo storico di Eric Jager, intitolato L’ultimo duello. La storia vera di un crimine, uno scandalo e una prova per combattimento nella Francia medievale (2004). Jager, nel dare vita alla propria narrazione, ha scelto di focalizzarsi sul duello ordalico avvenuto realmente nel 1386, in Francia, tra i due cavalieri rivali Jean de Carrouges (nel film interpretato da Matt Damon) e Jacques Le Gris (a cui nella pellicola presta il volto Adam Driver).

Il motivo del ricorso al duello di Dio è la violenza sessuale perpetrata da Jacques Le Gris ai danni di Marguerite de Thibouville (in The Last Duel una bravissima Jodie Comer), giovane moglie di Jean de Carrouges. Attraverso un’interessante ricostruzione storica e una struttura tripartita capace di offrire diversi punti di vista, Ridley Scott sfrutta tutto il potenziale di una vicenda realmente accaduta e fa dell’immenso coraggio di una donna come Marguerite un esempio e un monito per tutti.

adam driver

The Last Duel è il racconto realistico e disarmante di una situazione che per troppo tempo è stata considerata la norma e che ancora oggi, fin troppo spesso, viene ritenuta tale.

Non conta il titolo della tua famiglia, quanto denaro possegga tuo padre o quante terre governi tuo marito. Nel 1386, in Francia (ma in tutta l’Europa e ovunque nel mondo), se sei una donna e subisci una violenza nessuno ti crederà, prenderà le tue parti e lotterà per te. A meno che, come Jean de Carrouges, non si metta al primo posto il proprio onore o a meno che tu, donna sola ma coraggiosa, non decida di gridare a gran voce ciò che l’uomo ti ha portato via con la forza. Eppure, anche in questo caso, devi essere pronta a sentirti trattare come un oggetto, come una proprietà, come un giocattolo rotto che non si può più aggiustare ed è diventato solo uno spreco di soldi e un danno per l’immagine.

Devi essere pronta a sentir raccontare come sono andate le cose da chi non ha la minima consapevolezza della violenza che ha compiuto, da chi ha il potere in mano ed è abituato a ottenere sempre ciò che desidera, da chi non ha la minima sensibilità e nonostante questo dice di amare, e lo fa giustificando le proprie azioni e scelte in nome di un Dio che non si cura minimamente di ciò che accade. Devi stringere i denti e accettare di venire difesa da un uomo che agli occhi degli altri e ai suoi appare fedele, leale, comprensivo, magnanimo e di buon cuore, e che invece nasconde il vero motivo della propria battaglia: lavare via l’onta che un altro ha posto sulla sua persona, toccando qualcosa che la società ha stabilito essere di sua proprietà.

Alle donne, fin da piccole, è sempre stato insegnato a rimanere in silenzio, a nascondere i propri dolori dietro abiti e doni, a soffocare le proprie lacrime davanti al calore di un fuoco. La maggior parte di loro, col tempo, ha finito per credere che le donne fossero nate per subire, per sopportare e permettere che qualcun altro prendesse le redini della loro vita. Contente di dare alla luce il figlio di un uomo violento, solo per mettere al mondo un erede, sentirsi parte del meccanismo sociale e svolgere il compito che altri avevano affidato loro. Ma che succede se una donna ha la lucidità e la consapevolezza necessarie per comprendere che nessuno ha il diritto di determinare il suo destino, a parte lei stessa? Marguerite ce lo mostra, e ci mette di fronte a una realtà raccapricciante.

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Marguerite trova in se stessa il coraggio necessario per denunciare la violenza subita, e affronta a testa alta le conseguenze del suo gesto rivoluzionario.

Sì, perché questa donna sceglie di far sentire la propria voce, sceglie di lottare contro una società patriarcale che ha costretto lei e tutte le altre donne che hanno subito violenza a decidere se mettere in pericolo la propria vita, accusando qualcuno di stupro, o avere salva la pelle, rimanendo ancora una volta in silenzio. E Marguerite rompe questo schema. Si scontra con le opinioni di tutti, viene additata come bugiarda, prostituta o adultera non solo da chi cerca di difendere il suo aggressore e la posizione sociale che egli occupa nella gerarchia medievale, ma anche da chi le sta intorno, la conosce e dovrebbe volere il suo bene. Marguerite si ritrova a lottare da sola, abbandonata anche dalle donne che riteneva fossero sue amiche, oppresse anch’esse (consapevolmente o inconsapevolmente) di una cultura e di una società patriarcali che continuano a mietere vittime ancora oggi.

Per quanto Jean decida di prendere le armi in nome di sua moglie, in realtà non è per lei che combatte davvero. Per troppo tempo siamo stati ingannati da immagini sbagliate, portati a pensare che dovere di un cavaliere fosse quello di “salvare la dama” da chi ha come unico scopo quello di farle del male. La prima parte di The Last Duel strizza l’occhio a questi falsi miti. Inizialmente appare così naturale che Jean prenda le difese di sua moglie. Ma Ridley Scott sfrutta l’immaginario comune per presentare al pubblico delle scene apparentemente veritiere, salvo poi mostrare il punto di vista di chi ha davvero vissuto quel momento e sa come sono andate realmente le cose.

Diversi punti di vista non significa diverse verità, perché la verità è una e una soltanto: la mancanza di consenso equivale a stupro. A niente valgono i commenti sull’avvenenza dell’aggressore avvenuti in una circostanza ben diversa. A nulla le scuse di un uomo violento secondo cui le proteste di una donna altro non sono che blande lamentele, dovute al senso di colpa all’idea peccaminosa di un tradimento nei confronti del marito.

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Questo film insiste sulla caparbietà e sulla testardaggine esasperante con cui l’uomo preferisce attribuire al volere di Dio ciò che invece dipende da molti altri fattori. Il duello ordalico non è che un metodo brutale attraverso cui il vincitore alimenta il proprio ego e poi, a prescindere o meno dalla propria colpevolezza, continua ad agire indisturbato, giustificato dalla società che ha deciso di etichettare la sua fortuna come volere divino. Marguerite lo sa bene, ma è l’unica possibilità che ha. Decide di lottare fino alla fine per la verità e non tacere mai più, ma è costretta ancora una volta a mettere la propria vita nelle mani di un uomo, nonostante la nascita di suo figlio le faccia vedere le cose anche da un’altra prospettiva.

Marguerite de Thibouville ha avuto fortuna, suo marito è stato in grado di sconfiggere un avversario forte e determinato, ma il suo non è davvero un lieto fine. L’iter attraverso cui il suo aggressore è stato punito e il percorso che lei ha dovuto affrontare affinché la sua voce venisse considerata più che un flebile sussurro sono stati ai limiti dell’inverosimile. Quella non può essere considerata vera giustizia, eppure era l’unica di cui potesse servirsi per rompere una volta per tutte la gabbia soffocante del silenzio nella quale le donne sono sempre state rinchiuse.

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