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Il film della settimana – The Last Duel

The Last Duel
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Tutti abbiamo vissuto quella spiacevole situazione raccontata brillantemente da Zerocalcare in Strappare lungo i bordi: chi non è mai stato ore a scorrere i film sulle piattaforme streaming e non trovare niente da vedere pur avendo a disposizione “tutto l’audiovisivo del mondo” e pensando “è possibile che son tutti film de m*rda”? Certo, la roba bella magari l’abbiamo già vista, altra siamo in ritardo e altra ancora la teniamo per il momento giusto – se arriverà. Vogliamo evitare, però, di finire nella fantascienza polacca del ‘900 in lingua originale, andare a letto frustrati con la nostra coscienza sottoforma di Armadillo che ci costringe a interrogarci su noi stessi dicendo: “Dai su, se su ottomila film non te ne va bene manco uno, forse sei te che non vai bene”. Proprio per questo nasce la seguente rubrica settimanale, in onda ogni lunedì e rivolta sia a chi la pellicola in questione non l’ha mai vista, sia a chi l’ha già visionata e vuole saperne di più: infatti, nella prima breve parte vi consigliamo un film; nella seconda invece ve lo recensiamo, analizziamo o ci concentreremo su un aspetto particolare. E questa settimana abbiamo scelto The Last Duel.

PRIMA PARTE: Perché, dunque, vedere The Last Duel? Ecco la risposta senza spoiler.

Con The Last Dueldisponibile su Disney + (a noleggio su Apple Tv e Chili, da acquistare su Amazon Prime Video) – Ridley Scott porta il pubblico in una storia realmente accaduta e ambientata nella Francia del 1386; lì dove si svolse l’ultimo Duello di Dio: consiste in due uomini che si affrontano in battaglia per risolvere una causa legale, con l’Onnipotente che favorirà e darà dunque la vittoria a colui che ha ragione. Scendono in campo due amici diventati nemici, ovvero Jacques Le Gris e Jean de Carrouges. Il primo deve difendersi dalle accuse di stupro perpetuate ai suoi danni dalla giovane moglie del secondo, Marguerite de Thibouville. Da quel momento la pellicola inizia a ricostruire i fatti, attraverso una struttura tripartita che mostra i punti di vista dei tre protagonisti, prima di giungere all’atteso, crudo e violento scontro finale.

Scott riesce a creare un’opera potentissima, al limite della perfezione dal punto di vista tecnico ed emotivo. Attinge al potenziale di un racconto reale, ci prepara all’atto finale al quale arriviamo solo quando ne possiamo capire davvero il significato, ricostruisce perfettamente un Medioevo brutale e senza mai romanzarlo, ci educa aprendoci gli occhi su quella mentalità arcaica che elevava lo scontro fisico a linguaggio universale e sfrutta splendidamente i nomi del cast a sua disposizione: eccellenti Matt Damon e Adam Driver nei panni rispettivamente di Jean e Jacques; meravigliosa Jodie Comer (la nostra Villanelle di Killing Eve) come Marguerite, che in molti tratti mette in ombra i suoi colleghi più blasonati, tanto che è inspiegabile la sua esclusione agli Oscar.

Grazie a Scott e a Comer, Maguerite diviene un potente esempio di donna che, con coraggio, ha sfidato il suo mondo dominato dalla legge degli uomini. Ecco che, nonostante sia ambientato nel Medioevo, The Last Duel è tremendamente attuale. Emerge, soprattutto, con i parallelismi tra le tre visioni, dove non è difficile ritracciare vicende che si scorgono tutt’oggi nella cronaca. Ciò è stato possibile grazie a una struttura narrativa inizialmente rischiosa, ma che si è rivelata vincente. E nella focalizzazione successiva vi spieghiamo il perché The Last Duel non poteva essere raccontato in un modo diverso da questo.

SECONDA PARTE: Analisi e spiegazione della struttura narrativa di The Last Duel

Era pericoloso per Scott usare la struttura tripartita in The Last Duel, perché poteva incorrere nel rischio di dilungare e rallentare troppo la trama, e, di conseguenza, annoiare o infastidire lo spettatore. Eppure si è rivelata la sua forza. Le tre versioni dello stesso racconto non solo aggiungono alla vicenda elementi nuovi che altrimenti perderemmo per strada, ma ci permette di entrare nella mente di quel dato protagonista, pensare con la sua testa, vedere con i suoi occhi, osservare come una parola o un gesto cambi in base alla percezione. E allora, la storia si modifica, tanto che nei primi due capitoli ci chiediamo quale sia davvero la verità.

La prospettiva in The Last Duel, dunque, cambia l’evidenza della realtà.

Bisogna sempre ricordarci che il film è un lungo processo ambientato nel Medioevo, un periodo in cui la giustizia difficilmente veniva applicata e la legge non si era ancora evoluta. Era un’epoca brutale, nelle pratiche e nelle credenze, perché un sospetto poteva diventare una prova e le donne giocavano un ruolo secondario all’interno della società, oggetti di cui il machismo della Cavalleria poteva servirsi a suo piacimento: infatti, se Jean avesse perso, ci avrebbe rimesso solo l’onore, ma a morire bruciata sul rogo sarebbe stata Marguerite.

La prima versione è proprio quella di Jean. È un soldato valoroso che ha salvato l’amico Jacques durante la battaglia di Limoges. Quando Jean incontra Marguerite per la prima volta, decide di sposarla nonostante il padre della ragazza sia etichettato come uomo senza onore. Certo, ha bisogno della dote per risanare le sue ricchezze, ma pare vero amore. Purtroppo, la terra più importante che avrebbe ottenuto col matrimonio viene concessa a Le Gris dal conte Pierre. Vediamo così il desiderio di giustizia di Jean, quando si reca dal re per ottenere quel feudo, cosa che poi non succede e, incrinando ulteriormente i rapporti col conte, lo fa cadere in disgrazia. De Carrouges accusa così Jacques di essersi approfittato della loro amicizia per ottenere i favori di Pierre. Seppur ci sia una breve riconciliazione, lo stupro di Marguerite porta Jean a sfidare a duello Le Gris, sapendo di non poter percorrere alcuna via legale a causa di Pierre.

The Last Duel

Nella sua visione, questo è un atto d’amore. Il rapporto con la moglie, infatti, è perfetto, con lui che, ad esempio, si prende cura di lei e la sostiene dopo la cruda violenza.

Per de Carrouges, Jacques è il colpevole di tutto ed è la sua prospettiva che viene presentata come seconda. C’è subito un ribaltamento poiché, secondo il suo punto di vista, è lui ad aver salvato Jean in battaglia. Cerca sempre di difenderlo dagli attacchi di Pierre, al quale non piace il rozzo soldato, e ne loda la fedeltà al re. Sembra quasi sia costretto ad accettare il feudo promesso all’amico, per compiacere il conte e non perderne i favori; cosa che lo porta a litigare con de Carrouges. Nella sua mente Jean è invidioso del successo di una persona di rango inferiore come Jacques, nato scudiero, non sopportandone la vita lussuosa. Ovviamente, non ha colpe nella caduta in disgrazia di Jean, attribuendone a lui tutto il demerito.

Alla cerimonia dove si riappacificano momentaneamente, conosce Marguerite, se ne innamora e pensa di essere ricambiato. Sviluppa un’ossessione così morbosa per la donna che, scoperto che è sola in casa, vi si introduce con l’inganno e le confessa il suo amore. Lei fa resistenza, ma Jacques è convinto che quelle siano parole di circostanza che deve dire per mantenere intatto l’onore. Allora la segue in camera, si approfitta di lei e le chiede di tenere il loro amore segreto. Infatti, la denuncia di Jean lo stupisce e lo indigna, dato che sostiene che il rapporto avuto con Marguerite è stato consenziente. Anzi, colpevolizza Jean per aver scavalcato Pierre ed essere andato a lamentarsi direttamente dal re. Convinto di essere nel giusto e per salvare l’onore, Le Gris accetta il Duello di Dio.

Già da queste due prospettive è interessante notare come, in The Last Duel, non tutte le modifiche siano purtroppo consce, ma dettate da ruoli, credenze, pregiudizi e imposizioni della società. Niente giustifica le loro azioni, ma non c’è davvero l’impressione che gli uomini stiano cercando di distorcere la verità, raccontandola come la percepiscono. E sì, se alcune sono palesi bugie (come il consenso di Marguerite), la maggior parte invece sono illusioni di due menti che si configurano come gli eroi positivi della loro storia. Attraverso queste distorsioni, si creano quei momenti enigmatici che troveranno una spiegazione solo nell’ultima versione, quella che Scott fa chiaramente capire essere La Verità.

The Last Duel

Marguerite ci mostra un’altra prospettiva, ancora diversa, più femminile e incentrata sugli abusi subiti da Le Gris, suo marito e sua suocera. Si mostra gentile con Jacques non perché lo ama (dato che è attraente, ma inaffidabile, come dice lei stessa), ma perché cerca di aiutare Jean a ottenere nuovamente il favore perduto; del resto, un sorriso e una parola gentile sono molto più efficaci di una minaccia. Con lo stupro ai suoi danni, poi, crudo e difficile da guardare, avviene una brutale decostruzione del romantico cavaliere medievale, galante con le donne e dotato di una morale profonda, le cui gesta sono raccontate in poesie e canzoni arrivate ai giorni nostri. Attenendosi alla verità storica, Jacques fa cadere la maschera del suo mito rivelando una mascolinità tossica estremamente pericolosa e insensibile.

Anche Jean non viene risparmiato. Accecato dall’onore, non presta la minima attenzione alla moglie, ignorandola costantemente nonostante lei sia fedele (la dà, infatti, per scontata) e gestisca la casa nel migliore dei modi in sua assenza. Addirittura, dopo la violenza sessuale, de Carrouges l’ha quasi soffocata e non ha mostrato nessuna pietà nei suoi confronti, credendo sia stata lei a concedersi all’odiato rivale. Violentandola a sua volta perché non può accettare che l’ultimo uomo ad averla avuta sia stato Jacques.

Mentre Marguerite diviene sempre più sola in The Last Duel, allontanata anche da quelle donne che credeva sue amiche perché vittime oppresse di una cultura patriarcale, Jean prende le armi per difenderla. Ma è davvero così?

La risposta è negativa. Jean non combatte per lei; troppo tempo abbiamo vissuto con l’idea sbagliata del cavaliere che salva la principessa da chi vuole ferirla. La prima parte di The Last Duel riprende il precedente cliché, facendo apparire del tutto naturale il gesto di de Carrouges. Ma Scott, sfruttando l’immaginario comune e la sua tecnica narrativa, decostruisce anche questo stereotipo, mostrando attraverso gli occhi di chi ha vissuto quel momento la vera ragione che muove Jean: l’orgoglio. Entrambi vogliono giustizia, ma l’uomo è pronto a sacrificare tutto per ottenerla, mentre è Marguerite che rischia tutto, che ha un momento di esitazione di fronte alla morte, perché in grembo sta portando suo figlio.

È sua, dunque, la verità non tanto perché Scott la suggerisce, ma perché lei osserva la vicenda senza rabbia o rivalità, aggiungendo più dettagli umani alla trama.

E tutta questa preparazione è servita per arrivare alla scena del duello, sporco, realistico e sanguinario, dove abbiamo davvero la sensazione di trovarci in mezzo alla battaglia. Merito del montaggio, della precisione dei dettagli, della fotografia e del sonoro, capace di riprodurre lo scalpitio dei cavalli o la pesantezza delle armi a seconda della superficie in cui si combatte. Tre sono i round prima che i due sfidanti combattono a terra, esattamente come il numero delle prospettive del film; cifra che dunque apre le porte della verità. Ma prima non ci viene risparmiata la crudeltà di Jacques, che uccide il cavallo e lo scudiero di Jean senza motivo, che non vuole confessare nemmeno di fronte alla morte. Allora, “giustizia” viene fatta, con il finale di The Last Duel che si concentra su Marguerite e il suo bambino.

Come la scena dello stallone, quel cancello rimasto aperto ha permesso all’animale di entrare e ingravidare la cavalla, così Le Gris ha fatto con Marguerite (forse, perché non si conosce la paternità del figlio). E, come viene detto nel film, la puledra ha bisogno di essere libera per avere una gravidanza sana; lo stesso vale con Marguerite. Alla fine, dopo aver sfidato il mondo e seppur non ottenendo propriamente un lieto fine, è dove voleva essere.

Finalmente sola, finalmente libera.

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