Tutti abbiamo vissuto quella spiacevole situazione raccontata brillantemente da Zerocalcare in Strappare lungo i bordi: chi non è mai stato ore a scorrere i film sulle piatteforme streaming e non trovare niente da vedere pur avendo a disposizione “tutto l’audiovisivo del mondo” e pensando “è possibile che son tutti film de m*rda”? Certo, la roba bella magari l’abbiamo già vista, altra siamo in ritardo e altra ancora la teniamo per il momento giusto – se arriverà. Vogliamo evitare, però, di finire nella fantascienza polacca del ‘900 in lingua originale, andare a letto frustrati con la nostra coscienza sottoforma di Armadillo che ci costringe a interrogarci su noi stessi dicendo: “Dai su, se su ottomila film non te ne va bene manco uno, forse sei te che non vai bene”. Proprio per questo nasce la seguente rubrica settimanale, in onda ogni lunedì e rivolta sia a chi la pellicola in questione non l’ha mai vista, sia a chi l’ha già visionata e vuole saperne di più: infatti, nella prima breve parte vi consigliamo un film; nella seconda invece ve lo recensiamo, analizziamo o ci concentreremo su un aspetto particolare. E questa settimana abbiamo scelto The Lobster.
PRIMA PARTE: Perché, dunque, vedere The Lobster? Ecco la risposta senza spoiler.
Disponibile su NOW (a noleggio su Amazon Prime Video, Google Play e Apple Tv), The Lobster ci catapulta in un mondo distopico in cui i single, condotti in un hotel, avranno 45 giorni di tempo per trovare l’amore; quell’anima gemella con cui condividere l’esistenza e avere necessariamente qualcosa in comune, pena l’essere trasformati in un animale a propria scelta. Per questo, David cerca qualcuno miope come lui (anche perché questa caratteristica definiva il suo precedente matrimonio), per poi adattarsi a quello che trova in mancanza di candidate. Diviene cinico come la donna con cui si accompagna e che è nell’albergo da più di 100 giorni, dato che si possono guadagnare giorni extra cacciando i Solitari, ovvero i single che vivono nella foresta. Ed è proprio tra loro che, un giorno, David deciderà di nascondersi, per sfuggire a un destino già scritto e trovare un mondo migliore. Ma sarà davvero così?
Al suo primo film in lingua inglese, Yorgos Lanthimos decide di sviscerare, in meno di due ore e senza pietà, il sentimento per eccellenza, ovvero l’amore, facendone emergere verità e paradossi attraverso un disarmante sarcasmo e il suo gusto per il grottesco. The Lobster è, quindi, una bruciante satira della nostra realtà, tanto che Lanthimos pare essersi ispirato ai reality e, soprattutto, alle app di dating online, portando all’estremo le conseguenze di quel tipo di relazione. Toccando anche i concetti di solitudine e di libertà individuale a favore dei quella di coppia, usa i suoi personaggi apparentemente macchiettistici per mostrare l’amore moderno idealizzato, che pretende un’illusoria perfezione e una compatibilità razionale, aggettivo che non ha niente a che fare con la spontaneità di questo sentimento.
Grazie a una potente sceneggiatura, un’impattante fotografia e una semplice ma efficace struttura, Lanthimos si avvale di un cast di prim’ordine – tra cui Colin Farrell, Lea Seydoux, Rachel Weisz, Ben Whishaw e John C. Reilly – per realizzare un film su NOW spietato, feroce, sfacciato, disilluso, magari non per tutti ma che fa ridere e riflettere contemporaneamente ed è in grado di scavare negli angoli più remoti del nostro animo. E nella seconda parte del pezzo, andremo ad analizzare la profondità di The Lobster.
SECONDA PARTE: L’analisi (con spoiler) di The Lobster
L’amore è il tema universale per eccellenza e l’arte, da sempre, gli riserva un posto speciale nella sua produzione. Cinema compreso. Yorgos Lanthimos, però, va oltre la sua mera rappresentazione, usando il suo protagonista per svelarne la vera natura e il modo in cui la società ha manipolato questo sentimento e l’ha resto vuoto, senza senso. In The Lobster, infatti, l’amore non è spontaneo e irrazionale, ma la coppia si forma per convenzione sociale e deve dare prova di essere tale attraverso certificati e regole ferree da seguire. Un mondo distopico che sembrerebbe lontano dal nostro, ma è un’illusione che ci facciamo mentre guardiamo la pellicola. Non succede anche nella nostra società che i single vengono ritenuti tessere di un puzzle che devono ancora incastrarsi? Che devono incontrare la persona giusta per sentirsi davvero completi? Formando una coppia e, successivamente, una famiglia?
Le risposte a queste domande sono spaventosamente affermative e The Lobster ci porta proprio a riflettere sulla direzione quasi apocalittica che sta prendendo la nostra società.
E la compatibilità è il primo grande tema affrontato da Lanthimos nel film su NOW.
Le relazioni amorose sono cambiate e, nella sua distopia, il regista ne fa emergere i grandi rischi di oggi, ovvero la superficialità e l’individualizzazione. Le dating app hanno contribuito a ciò, con il loro matchare le persone sulla base di pochi e superficiali elementi, quali foto, breve biografia o social. Succede lo stesso in The Lobster, in cui la coppia si forma solo se ha qualcosa in comune. Allora, l’hotel diviene un Tinder nella realtà, dove i single compilano una serie di dati e non possiedono oggetti personali, così da essere tutti sullo stesso piano. Sia nel film su NOW che nelle app, le conversazioni tra due conoscenti vertono sulle parole del profilo, risultando poco umane, alienanti, banali e vacue. E spesso, nelle chat non si va oltre la prima superficiale impressione, il che è collegato all’individualizzazione di una società in cui si tende all’isolamento, ad avere pochi contatti con l’esterno e le cui interazioni passano attraverso la tecnologia. Però comunque ci vuole in coppia. E The Lobster non è esattamente così?
A questo proposito, c’è da fare un approfondimento sul mondo di The Lobster.
Esistono due società opposte nel film su NOW. La prima, quella riconosciuta, vede l’esser single come un crimine, dà una data di scadenza all’amore, riduce tutto all’essere attraenti (fumare è proibito non perché fa male, ma per baciare meglio) e promuove la vita di coppia con discorsi retorici e pieni di cliché: esemplari di ciò sono la crema che David non può spalmarsi sulla schiena senza l’aiuto di un’altra persona, l’ammanettatura di una mano, la proibizione della masturbazione e slogan del tipo “Life is better in two”. Il single, così, perde ogni sua caratteristica – e infatti tutti sono vestiti allo stesso modo nell’hotel – e il suo ruolo nella società.
Nel secondo modello, quello della foresta, è invece vietata la vita di coppia. O meglio, rifiuta relazioni superficiali e che alla fine portano alla luce l’egoismo di chi preferisce un legame misero alla singletudine. E non è poi tanto diverso dal primo, possedendone uguali limitazioni e punizioni. Infatti, Lanthimos vuole dimostrare il fallimento dell’estremismo, perché inevitabilmente una delle fazioni cadrà negli errori dell’altra, dato che rappresentano due facce della stessa oppressiva medaglia. Non è accidentale che David si innamori tra i Solitari. Pur essendo un uomo di mezze misure in un mondo binario e senza sfumature di grigio, è il più rivoluzionario di tutti. Scappa dall’hotel per sfuggirne alla logica opprimente, si innamora quando non dovrebbe, abbandonandone poi entrambi i modelli.
Il problema, però, è che, per quanto possa apparire rivoluzionario, ha così assimilato le regole del suo mondo che si innamora del personaggio di Rachel Weisz perché è miope, come lui. Quando, però, scoperta la loro relazione, lei viene accecata dalla leader dei Solitari, David perde l’interesse per la Donna Miope e quest’ultima non lo vuole più. Perché, per loro, l’amore non riguarda l’emozione, ma l’essere simili in qualcosa, come l’avere una bella voce, il possedere la stessa laurea o soffrire entrambi dello stesso problema/condizione. Finché la caratteristica c’è, la relazione sopravvive; altrimenti, è destinata a finire. Ed ecco perché David vuole accecarsi nel finale criptico di The Lobster.
Ma prima del finale, è necessario fare un passo indietro.
Sappiamo che i single che rimarranno tali dopo 45 giorni verranno tramutati nell’animale che hanno scelto, sancendo il loro fallimento come esseri umani. Trasformazioni che, però, non vengono mai mostrate, sia per renderle più simboliche, sia per concentrarsi maggiormente sulle dinamiche umane. Inoltre, l’idea stessa del passaggio uomo-animale vuol rendere l’idea della deumanizzazione che accade quando le persone sono ridotti a numeri o costrette a oppressive regole sociali. Ma perché David vuole essere proprio un’aragosta? È una scelta insolita, rispetto a un cane o un cavallo, i più quotati. Lui stesso lo spiega nel film su NOW: oltre ad amare il mare, le aragoste vivono fino a cent’anni, hanno sangue blu e sono fertili fino alla morte. A un livello più sottile, rappresentano lui e quel concetto di compatibilità alla base di The Lobster (che, tradotto, è appunto L’aragosta): questi animali non hanno una buona vista, ciò che caratterizza David. Inoltre, seguendo la simbologia medievale, esse incarnano la Resurrezione, poiché le aragoste cambiano in continuazione la corazza; lo fa anche David, che abbandona un guscio vecchio per abbracciarne uno nuovo.
E la musica è fondamentale in The Lobster. I personaggi e le azioni che stanno per compiere sono scandite da un suono ben preciso e di solito noto all’ascoltatore, come nel teatro greco. Lanthimos fa lo stesso, scegliendo composizioni conosciute e senza avvalersi di una colonna sonora originale. Alla musica, poi, è solitamente accostato lo slowmotion, che si collega allo stato d’animo dei personaggi. In più, la danza, oltre a mostrare la contrapposizione dei due modelli (da sala per l’hotel, elettronica per i single), è usata da David e la Donna Miope per esprimersi.
Sempre a livello tecnico, viene creata distanza tra noi e i personaggi attraverso l’assenza di soggettive, la narrazione piatta, l’anonimità dei nomi (o l’assenza di essi), le inquadrature statiche, l’uso del grottesco e dell’ironia pungente.
Riprendendo il filo del discorso col finale, David e la Donna Miope sono fuggiti in città, una sorta di compromesso tra l’hotel e la foresta, ma che in realtà sottostà alle stesse leggi oppressive delle altre due ambientazioni di The Lobster. David sta per accecarsi, ma lo vediamo dubitare. Forse non è così innamorato se è indeciso. Si era solo convinto di esserlo. D’altro canto, l’accecamento significherebbe la vittoria della società dittatoriale. Quel dubbio, però, pur non essendo il suo lieto fine poiché la Donna Miope l’avrebbe lasciato se non fossero stati uguali, è il suo trionfo perché comprende che l’amore è altro, iniziando a seguire le sue regole.
Il film su NOW si chiude con questa domanda: lo farà? Nel mare delle mille teorie, le interpretazioni più plausibili sono tre.
Nella prima, David rinuncia ad accecarsi. Ad avvalorarla, c’è la teoria che la storia sia narrata dalla nuova partner di David, segno che l’uomo non sta più con la Donna Miope. E sarebbe in sintonia con l’essenza della pellicola su NOW, cioè che l’amore vero non esiste; è solo un cumulo di bugie, convenzioni e ipocrisia. La seconda, invece, porta avanti l’idea che la vita in coppia non sia la felicità e lo vediamo nella direttrice dell’hotel, che alla fine comprende l’infelicità del suo matrimonio. La stessa cosa varrebbe per David e anche la prima scena lo dimostra. Lì, una donna spara a due asini, ammazzandone solo uno. Sapendo della trasformazione da uomo ad animale, l’omicidio concretizza quell’impossibile e utopistico happy ending che si dovrebbe trovare nella coppia, in qualsiasi vita siamo. Infine, la terza racchiuderebbe le due precedenti, ponendo interrogativi su dove finisce il vero amore e inizia la convenzione, sull’esistenza o meno del primo, sulla natura di costruzione sociale della vita di coppia, sulla compatibilità e sul fatto se David debba per forza accecarsi o dire di averlo fatto, tanto lei non noterebbe la differenza.
Ed ecco che The Lobster diviene quell’intenso trattato sulla pressione sociale che ci spinge a trovare per forza il partner perfetto, amplificata dalla tecnologia. Interrogandosi sulle relazioni, si fa metafora di una società distopica, cinica e dittatoriale, che ha perso la fiducia nell’uomo e nei sentimenti. Senza eroi che possono salvarla. Soprattutto, riflette sul senso delle relazioni romantiche, non dandoci delle risposte ma ponendoci una delle secolari domande a cui non abbiamo ancora risposto: che cos’è davvero l’amore?