Vai al contenuto
Home » Film

The Pale Blue Eye – I delitti di West Point: guardare nell’abisso

The Pale Blue Eye
Ma prima di continuare con la lettura abbiamo entusiasmanti novità da condividere con te. A breve sarà disponibile Hall of Series Plus, il nostro servizio in abbonamento che ti permetterà di accedere a moltissimi contenuti esclusivi e in anteprima.

Inserisci il tuo indirizzo email e clicca su ‘Avvisami’ per essere notificato quando Plus sarà disponibile.

* campo obbligatorio

“One of his eyes resembled that of a vulture — a pale blue eye, with a film over it”

Edgar Allan Poe, The Tell-Tale Heart, 1843

Uno dei suoi occhi assomigliava a quello d’un avoltojo – un occhio blu pallido, con sopra una macchia“.

The Pale Blue Eye – I delitti di West Point è un thriller investigativo diretto da Scott Cooper nel 2022 e sbarcato su Netflix il 6 gennaio 2023. Il film è tratto da un romanzo di Louis Bayard. L’articolo che state per leggere contiene spoiler. Siete stati avvertiti…

La sinossi di libro e film, rimescolando un po’ l’intreccio, è grossomodo la seguente.

Siamo nel 1830 nello Stato di New York quando, presso l’accademia militare di West Point, un cadetto viene trovato impiccato, gli è inoltre stato asportato il cuore. Per risolvere il mistero di questa morte brutale viene assoldato il detective Augustus Landor (Christian Bale). Edgar Allan Poe (Harry Melling, ovvero un quasi irriconoscibile Dudley Dursley della saga Harry Potter), presentatoci come un bizzarro e poetico cadetto, lo aiuterà nella risoluzione del caso. E proprio a Poe dobbiamo il titolo dell’opera, poichè “pale blue eye” è una citazione tratta dal suo racconto breve Il cuore rivelatore (come riportato in apertura dell’articolo).

È proprio nel confronto con questo testo di Poe che scorgiamo una possibile chiave di lettura, d’interpretazione dell’opera (d’ora in avanti tutte le citazioni che leggerete a destra saranno tratte da Il cuore rivelatore).

Quello che Landor scopre presto è che quello del cadetto è indiscutibilmente un omicidio. Trova inoltre un biglietto che invitava Fry (questo il nome della vittima) a recarsi nel luogo in cui è stato poi trovato il suo cadavere. Di lì a poco ne vengono trovati altri due, uno di mucca e una capra, a cui è stato asportato il cuore. Questi indizi fanno sospettare di qualche rituale di magia nera (come mostrerà loro un esperto in materia da cui si recano e che fornirà loro delle informazioni che si riveleranno fondamentali per la risoluzione del caso). I morti non sono però finiti qui. Un altro cadetto, Ballinger, avversario in amore di Poe, viene trovato impiccato, senza cuore nè genitali. Infine viene annunciata anche la scomparsa di un altro cadetto, Stoddard. I tre si conoscevano e frequentavano, ma qual è il filo conduttore? Chi si è occupato, anche un po’ distrattamente (infatti non aveva trovato il foglietto che invitava la prima vittima all’appuntamento con l’assassino) delle autopsie è il dottor Daniel Marquis (Toby Jones). Personaggio inizialmente quasi marginale, il dottore inizia ad avere un ruolo sempre più centrale nella vicenda. Infatti, Landor e Poe ne conoscono la famiglia, composta dalla moglie Julia (Gillian Anderson), la figlia Lea e il figlio Artemus.

Tra il giovane poeta e la figlia del dottore si svilupperà presto un sentimento di tenerezza e innamoramento. Poe si accorgerà presto però che un male oscuro (Lea è epilettica) di cui soffre la giovane, che cade in preda a tremende convulsioni. A mano a mano che procede la narrazione, la frequentazione tra i due investigatori e la famiglia Marquis si intensifica sempre più ed è proprio in una delle occasioni di convivialità che Landor scopre un libro sulla magia nera e un antenato molto scomodo. L’uomo inizia a mettere insieme i pezzi.

Tutta la narrazione è puntellata da flashback che rimandano Landor indietro nel tempo, in particolare a momenti condivisi con la figlia Mathilde, scappata di casa dopo aver subito un’aggressione che successivamente scopriremo essere una violenza sessuale. È proprio grazie a queste reminiscenze che prendiamo coscienza della profonda sofferenza che devasta letteralmente Landor.

Se stiamo bene ad ascoltare il nostro intuito ci sembra suggerire che la chiave di risoluzione risieda lì, in quei ricordi, in quel dolore viscerale e eterno…

Intuire, non capire, perché la narrazione di The Pale Blue Eye ci conduce per lande differenti, devia la nostra attenzione con la storia della magia nera. E così ci fa credere fino all’ultimo, quando Poe si sta per immolare per un nuovo rito capace di liberare la sua amata Lea dalla malattia che la attanaglia e Landor ferma la giovane, il fratello e la madre dal compiere l’ennesimo omicidio.

Il caso è chiuso. Gli assassini sono stati consumati per liberare Lea dal male che la abita tramite dei riti di magia nera. L’abisso in cui ci chiede di guardare Scott pare avere i contorni di un rito purificatore che serve a salvare una giovane ragazza da un male ingiusto.

Sì, egli s’è sforzato di fortificarsi con quelle ipotesi; ma tutto è stato vano.

Il cerchio è chiuso, eppure qualcosa non ci torna. Non sappiamo bene cosa, ma proprio non ci torna. Ed ecco che l’abisso ci si mostra per le sue vere sembianze. Ha sempre i contorni di una terribile ingiustizia subita (lo stupro che non ha lasciato più a Mathilde la possibilità di avere una vita serena, fino a condurre la giovane al gesto estremo – no, non è scappata come ci voleva far credere Landor – di rinunciare alla propria vita lanciandosi da un precipizio), ma il nero che lo colora sfuma nella vendetta di un padre che non potrà mai più vivere senza il ricordo della sofferenza di quell’unica figlia abusata, annichilita. Quel padre è Landor. Poe ha messo insieme i pezzi grazie all’aiuto di  Patsy (Charlotte Gainsbourg), amante di Landor, che gli ha raccontato tutta la storia. La vera storia di Mathilde Landor, stuprata da tre giovani cadetti (Fry, Ballinger e Stoddard) durante una festa e successivamente uccisasi. Landor, dunque, è l’assassino. La famiglia Marquis ha solo estratto i cuori con lo scopo di attuare dei riti che potessero salvare Lea.

Il primo punto in comune tra The Pale Blue Eye e Il cuore rivelatore è legato all’ambientazione gotica ottocentesca. Il secondo, che poi è quello che rappresenta l’elemento di maggiore fascino per chi apprezza il genere, è il taglio psicologico delle due opere. Ma quanto ci ha colpito maggiormente nel riuscito film di Cooper è qualcosa di diverso.

Si parla di narratore inaffidabile (o inattendibile) quando la narrazione ci appare incerta poichè chi ne fruisce non può, per differenti motivi, fidarsi totalmente di chi “racconta la storia”. Essa ci si presenta indeterminata, incerta, in quanto mistificata – parzialmente o totalmente – da chi ne è il portavoce. Per capirci meglio, tra gli esempi letterari che possiamo annoverare ci sono Il giovane Holden di Salinger, La coscienza di Zeno di Italo Svevo, American Psycho di Bret Easton Ellis e Il cuore rivelatore, appunto..

Questo racconto di Poe, infatti, non è altro che la spiegazione che un assassino intuibilmente pazzo fa del proprio omicidio.

Come l’idea m’entrasse dapprima nel cervello, m’è impossibile dirvelo; ma, una volta  concepita, non mi lasciò più, né giorno, né notte.?
Christian Bale è Augustus Landor in The Pale Blue Eye

La scena d’apertura di The Pale Blue Eye – I delitti di West Point ci mostra Landor che si lava le mani in un fiume (tutt’intorno solo bosco e neve). Basterebbe questa scena a comprendere una parte consistente del film (come credo sia accaduto agli spettatori più attenti ai dettagli), ma sembra troppo spudorata per poter essere davvero la soluzione al coinvolgente thriller a cui stiamo per assistere. Eppure, se si ha ben in mente il funzionamento del narratore inaffidabile, non ci pare più così strano, alla fine del film, che il nostro protagonista sia anche il colpevole – almeno parzialmente – dei reati su cui è chiamato a investigare. Allo stesso modo ci sembra assurdo quello che possiamo cogliere quando Poe si ritrova sotto gli occhi – e noi con lui – il bigliettino sul quale Landon gli dà appuntamento alla ghiacciaia con quella grafia così evidentemente simile a quella con cui è stato scritto il biglietto rinvenuto nella mano della prima vittima.

Come l’idea m’entrasse dapprima nel cervello, m’è impossibile dirvelo; ma, una volta  concepita, non mi lasciò più, né giorno, né notte.

Ed ecco che alcuni dettagli, buttati lì, vaghi, indefiniti, assumono un significato completamente diverso. Ed ecco che torniamo a Poe: il narratore inaffidabile. Il protagonista inaffidabile, dovremmo dire. 

Questo ci apre quantomeno una riflessione sulla fiducia che riponiamo in chi ci racconta una storia, su cosa sia la menzogna nella narrazione, su come sviluppiamo empatia verso alcuni personaggi escludendoli immediatamente da alcuni ruoli che riteniamo “scomodi”. In questo senso, The Pale Blue Eye non è solo un buon film ma è soprattutto un’operazione narrativamente ben riuscita.