Essere un’adolescente non è semplice. Essere un’adolescente che si ritrova a dover affrontare il lutto derivante dalla perdita della propria sorella lo è ancora meno. Forse dovrei essere più specifica: è devastante, ma è una storia che nella sua tragicità accade e che come tale può e deve avere il suo spazio nel racconto seriale e cinematografico. Per nostra fortuna, aggiungerei, perché il cinema e la serialità possono essere davvero salvifici. E proprio il percorso di un’adolescente, Agnes, nell’affrontare le diverse fasi di un lutto molto più grande di lei è al centro del racconto di En del av dig, nella sua traduzione italiana Una parte di te, pellicola svedese del regista Sigge Eklund distribuita su Netflix (qui tutte le serie in arrivo sulla piattaforma) a partire da venerdì 31 maggio.
Un film che probabilmente non farà incetta di premi internazionali, ma che riesce nell’ingrato compito di portare sullo schermo un tema forte in modo diretto e soprattutto realistico, senza troppi fronzoli o esagerazioni. Lasciando alla sofferenza della protagonista e alla sua difficile esperienza di vita tutto lo spazio che meritano.
Una parte di te: due sorelle e due destini
Julia e Agnes sono due sorelle che alla loro forte somiglianza fisica non affiancano un’altrettanto forte somiglianza caratteriale. Julia, la maggiore, è l’anima della festa, ha un fidanzato e una vita sociale piuttosto attiva. Ma la sua non è una vita tutta rose e fiori: ha problemi con l’alcol e nasconde difficoltà molto profonde. Difficoltà in parte sconosciute ad Agnes, la sorella più piccola verso la quale, come tale, c’è una sorta di protezione dalle informazioni più difficili da digerire. Agnes è molto diversa da Julia: è schiva, alle feste preferisce i film, ha poche amiche e guarda da lontano con ammirazione e un pizzico – forse anche un po’ di più – di invidia sua sorella e le sue relazioni. Soprattutto una, quella con Noel.
Conosciamo Julia e Agnes insieme fin dalla prima scena del film quando, con la tenerezza che solo una sorella maggiore sa avere, la prima convince la seconda a fare un provino per una parte nello spettacolo teatrale che Agnes, con la sua timidezza, fa fatica a trovare il coraggio di fare. Ci mettiamo poco però a capire che il loro rapporto non è fatto solo di questo ma anche dei problemi di Julia e di litigi familiari che fanno sentire Agnes poco considerata, quasi un’estranea nella sua stessa famiglia. È in questo contesto che, dopo l’ennesima festa durante la quale Julia ha bevuto troppo, la ragazza muore in un incidente mentre è alla guida dell’auto di Noel.
La morte di Julia è l’incidente scatenante che ci porta nel vivo di Una parte di te
Da questo momento in poi la trama, fino a qui relativa a entrambe le sorelle, si concentra su Agnes e soprattutto sul modo in cui affronta la perdita e la mancanza di Julia. Un processo, quello dell’accettazione del lutto, che è tutto fuorché semplice e che Agnes si ritrova ad affrontare spesso e volentieri da sola. Alla difficoltà di comunicare con sua madre, che pensa bene di andare a passare dei giorni dalla nonna lasciando sua figlia in casa da sola in un momento critico, si unisce quella di tirare fuori le proprie emozioni, i pensieri e le paure che si nascondono dentro di lei e che restando lì le rendono ancora più complicato affrontare la realtà nella quale si è tragicamente ritrovata.
La risposta di Agnes al dolore è una lenta ma costante trasformazione in quella sorella che tanto ammirava ma della quale conosceva solo alcuni lati. Comincia a frequentare i suoi amici, ad andare alle feste e a bere tanto quanto lei. Si avvicina a Noel, in una parte di trama che ci aspettavamo da ben prima che Julia morisse e che sì, è un po’ banale. Arriva addirittura a rivivere praticamente lo stesso litigio che sua madre e sua sorella avevano avuto poco prima della tragedia. Agnes cerca di superare la perdita di sua sorella diventando come lei. Ma questa proiezione non fa altro che allontanarla da una vera elaborazione, cosa che solo con la conoscenza della verità riuscirà a realizzare davvero.
L’importanza di avere gli strumenti giusti
Come anticipato fin dall’introduzione, Una parte di te probabilmente non è un capolavoro di cui si parlerà a lungo o che resterà negli annali. La trama difficilmente riesce a sorprendere, ci aspettiamo alcune delle cose che succedono fin dalle primissime scene e l’impressione è che in alcuni momenti il film sia nella sua struttura carente di qualcosa. Ma il fatto che la sceneggiatura avrebbe potuto dare qualcosa in più non toglie alla pellicola i suoi meriti, primo tra tutti quello di essere un interessante spunto di riflessione su un argomento del quale, in quest’accezione specifica, si parla poco.
Il lutto è un tema del quale il cinema e la serialità parlano, per fortuna in alcuni casi anche molto bene. A tal proposito vi lascio qui due esempi che meritano, quello di The Bear e della meravigliosa Fleabag. Sicuramente se ne parla meno di quanto non si faccia di amore e di amicizia, ma questa è un’altra storia. Ma il lutto affrontato con la giovane età e l’esperienza spesso ancora acerba di una persona adolescente è qualcosa di cui si parla meno. Una parte di te lo fa, forse in modo imperfetto ma sicuramente funzionale e realistico. Riesce in quello che secondo me dovrebbe essere l’obiettivo primario di un prodotto drammatico di questo tipo: stimolare nello spettatore una riflessione.
La riflessione in questione non sta tanto nella morte che, per quanto le circostanze possano determinarne una maggiore o minore tragicità, resta tale.
La riflessione sta piuttosto in quelle che sono le conseguenze dell’evento nelle vite di chi resta. Più nello specifico, sta in quanto avere gli strumenti giusti per affrontare la morte possa fare la differenza. Per Agnes questi strumenti non sempre sono disponibili. L’amicizia di chi vuole starle accanto e aiutarla nell’elaborazione fa i conti con l’assenza di una famiglia alla quale aggrapparsi per riuscire ad affrontare il dolore insieme a chi lo condivide. Il teatro, strumento in grado di tirare fuori le emozioni più profonde, si scontra con la paura di mostrarle agli altri.
Agnes si ritrova dunque in una sorta di limbo che si trasforma sempre di più in un buco nero. Un buco nero nel quale a ogni scelta sbagliata fa seguito una scelta ancora più sbagliata. Un buco nero che solo la trasparenza della piena consapevolezza può cominciare a squarciare.
Il fatto è che nessuno sa quale sia il modo migliore per affrontare la perdita.
Anzi, la triste verità è che forse un modo univoco nemmeno esiste. Esistono i tentativi più o meno riusciti, quelli che ci fanno guardare altrove e quelli che ci fanno capire che forse siamo sulla strada giusta. Esistono le ricadute nel dolore quando pensiamo di esserne ormai fuori, ed esiste la paura di affrontare di petto ciò che la vita riserva a chi resta. Ma per fortuna esiste anche il momento in cui ci rendiamo conto che questa scelta sta dando i suoi frutti. Anche le scelte sbagliate esistono, quelle che senza nemmeno rendercene conto pian piano ci consumano, e che dopo ci rendono ancora più difficile la risalita.
Ma risalire si può, ricominciando a guardare la sofferenza in faccia, senza il timore di viverla profondamente finché non comincia a fare meno male. Per quanto difficile, farlo a volte è l’unico modo per tornare a essere noi stessi. Certo, cambiati dall’esperienza che abbiamo vissuto, ma non nella nostra essenza. Ancora noi, ma rinati.