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La classifica di tutti i film di Xavier Dolan, dal peggiore al migliore

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Regista, attore e sceneggiatore, Xavier Dolan è considerato l’enfant prodige del cinema canadese. Dall’esordio alla regia nel 2009 con J’ai tué ma mère, la carriera del giovanissimo cineasta non si è mai fermata. Figlio dell’attore canadese Manuel Tadros, Dolan entra prestissimo nel mondo dello spettacolo, recitando in alcuni film e serie tv e dedicandosi al doppiaggio. A soli diciannove anni decide di passare dietro la camera da presa. Il risultato è sconvolgente: con J’ai tué ma mère, diretto, scritto, prodotto e interpretato dal giovane canadese, il pubblico e la critica impazziscono. Questo, è solo l’inizio di una carriera scintillante destinata a splendere nel firmamento del cinema mondiale. In questo articolo vogliamo stilare una classifica degli 8 film di Xavier Dolan, dal peggiore (se così si può definire, perchè non c’è un film brutto fatto da Dolan) al migliore.

8) La mia vita con John F. Donovan

La mia vita con John F. Donovan (640×360)

Apriamo le danze con il primo film di Xavier Dolan made in USA. Rupert Turner ha otto anni e una passione smisurata per John F. Donovan(interpretato dalla star di Game of Thrones, Kit Harington), star della televisione americana e supereroe sul grande schermo. Fan irriducibile, avvia con lui una corrispondenza regolare che nasconde a tutti, anche alla madre, giovane donna in ambasce che prova a ricostruirsi una vita. Il segreto non sfugge però al bullo della scuola, che ruba le lettere di Rupert scatenando la sua ira e la reazione sproporzionata dei media. Ma Rupert è più forte di tutto, perfino del suo idolo di cui segue le tracce diventando un attore altrettanto affermato. Una star che si confessa al microfono di una giornalista scettica a cui racconta la sua vita con John F. Donovan. Un’opera intima e fragile sulla celebrità e sulla tossicità della fama.

7) È solo la fine del mondo

È solo la fine del mondo (640×360)

In settima posizione troviamo il sesto film di Xavier Dolan, premiato a Cannes con il Grand Prix nel 2016. È solo la fine del mondo – tratto dalla pièce Juste la fin du monde di Jean-Luc Lagarce – non si discosta dal testo teatrale ma lo rielabora in un’architettura tipicamente Dolaniana di immagini claustrofobiche, incollate al volto dei personaggi, ritratti in primissimi piani che debordano dallo schermo. La parola del testo originale, frammentata e complessa, non si tramuta semplicemente in linguaggio verbale ma assume una valenza sonora – con dialoghi urlati, ridondanti, ossessivi – e visiva – attraverso l’uso esclusivo del viso in lunghe sequenze di campi e controcampi.

6) Heartbeats

Heartbeats (640×360)

Continuiamo con il secondo film del regista in ordine cronologico: Les amours imaginaires, inglesizzato in Heartbeats. Francis – sempre Xavier Dolan – e Marie sono due ragazzi di Montréal, che vivono un’amicizia serena e appagante all’insegna della comune passione per il fashion. Il loro rapporto viene scombussolato dall’arrivo in città di Nicolas, attraente e ammaliante ragazzo di campagna che diviene ben presto l’oggetto del desiderio di entrambi. Francis e Marie vogliono da Nicolas qualcosa in più dell’amicizia, e danno quindi vita a una specie di sfida amorosa per guadagnare il tempo e le attenzioni del nuovo arrivato, che, dal canto suo, non si lascia mai completamente andare.

5) Tom à la ferme

Tom à la ferme (640×360)

Xavier Dolan ha trascorso praticamente tutta la sua filmografia a esplorare i concetti di identità, orientamento sessuale e come questi influenzino il rapporto di una persona con il mondo in cui esiste e in cui si muove. Di tutti, il suo quarto film – Tom à la ferme – uscito nel 2013, è forse il più emblematico della sua poetica e, sebbene sia meno conosciuto di altri titoli come, ad esempio, Laurence Anyways o Mommy, è un’esperienza cinematografica che davvero non si dovrebbe perdere. Xavier Dolan mette in scena una storia piena di dolore e di sentimenti irrisolti. Il suo Tom Podowski si reca in una remota cittadina di campagna, nella fattoria natale di quello che era il suo ragazzo, Guillaume, ora morto. La sua famiglia lo ospita per il funerale e ci vuole poco a capire che lì, Tom, non è affatto il benvenuto. Da lì, inizia tutto.

4) Matthias & Maxime

Matthias & Maxime (640×360)

Al quarto posto troviamo l’ottavo film di Xavier Dolan. Matthias & Maxime è una pellicola che parla di amicizia e di amore, e che mette al centro della rappresentazione soprattutto la prima e il suo potere salvifico. La distinzione è qui delicata, e lavora sulla possibilità relativa al fatto che l’amicizia tra due bambini possa essere la premessa, o la promessa, di un amore adulto. Un film per certi versi commovente e intimo, che esplora l’anima dello stesso Dolan.

3) Laurence anyways

Laurence Anyways (640×360)

Terzo lungometraggio per Dolan il quale, attraverso una narrazione che copre un arco temporale di dieci anni, riesce a restituire una profonda riflessione che scardina le leggi di natura e i bigotti postulati religiosi dietro a cui si annidano radicati pregiudizi da debellare. Non un inno alla trasgressione, ma una sentita parabola sulla libera manifestazione della propria individualità. Grazie alla sensibilità di Dolan tutte le diversità si annullano, senza trascurare il carico di sofferenza che ogni scelta nella vita comporta. In definitiva, è anche una struggente love story contemporanea che spazza via gli usurati topoi del genere. Straordinario Melvil Poupaud, capace di rendere le innumerevoli sfaccettature del protagonista senza la minima forzatura. Impossibile non commuoversi nel finale.

2) J’ai tué ma mere

J’ai tué ma mere (640×360)

Si ferma a pochi centimetri dalla prima posizione il primo film che ha visto l’enfant prodige nordamericano con in mano una macchina da presa. Si tratta dell’esordio alla regia per Xavier Dolan, che evidenzia il chiaro talento del canadese dietro la macchina da presa, a soli 20 anni. La pellicola è stata scritta quando lui aveva soltanto 16 anni, basata su un percorso autobiografico. Si racconta la storia di Hubert, adolescente canadese che non ha mai avuto una figura paterna. L’uomo, divorziato dalla moglie, non si è mai realmente interessato della vita del figlio. Questi si ritrova a vivere con le pulsioni della sua età, privo di un modello maschile. Tiene segreta la sua omosessualità alla madre colpevolizzandola al tempo stesso, accusandola di non amarlo abbastanza.

1) Mommy

Mommy (640×360)

Non poteva che esserci Mommy alla prima posizione di questa nostra classifica. Un ritratto sofferto e profondo della fragilità umana, del nostro essere spesso carico di emozioni in contraddizione; contraddizioni che intercorrono nei rapporti che intessiamo ogni giorno e in quello che portiamo avanti dal giorno in cui siamo venuti al mondo. Il film racconta la storia di una giovane madre, vedova, particolarmente piena di vita, che si ritrova a dover gestire a tempo pieno suo figlio. Ne ottiene la custodia e non ha idea di come affrontare tutto il carico di emozioni che questi porta con sé. Si tratta infatti di un 15enne problematico, affetto da deficit dell’attenzione. Un duo cui manca qualcosa per trovare un proprio equilibrio e, tra mille discussioni e tentativi di far quadrare i conti, ecco giungere nelle loro vite Kyla, la nuova e stravagante ragazza del quartiere.

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