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FlashForward ci ha lasciati con l’amaro in bocca

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Il 6 ottobre il pianeta è andato in black out e per due minuti e diciassette secondi tutto il mondo ha visto il futuro, recitava l’intro di questa promettente serie targata ABC.

I presupposti di FlashForward erano tra i migliori: nomi importanti alle spalle (Braga, Goyer e Guggenheim), un cast di tutto rispetto con volti perlopiù noti al pubblico (Joseph Fiennes su tutti, che ora ha trovato maggior fortuna in The Handmaid’s Tale, con il suo perverso personaggio) e una trama di base interessante.

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Un progetto ambizioso che, stando alle parole dei creatori, era stato pensato per durare dalle tre alle sette stagioni ma (purtroppo) è stato interrotto già dalla prima a causa degli ascolti. È opportuno analizzare la questione nel dettaglio: la prima puntata ha avuto la bellezza di 12.47 milioni di telespettatori, un esordio sicuramente incoraggiante, ma la serie non è stata in grado di fidelizzare il pubblico ed è scesa a 4.96 per la puntata finale. Quasi cinque milioni di telespettatori non sono un numero così basso, ma rispetto al pilot la serie ha registrato un calo intorno al 60% e un trend simile non può essere trascurato.

Oltre al fatto che il programma è partito da un 3.8 di rating nella fascia di ascoltatori di età 18-49 per l’episodio pilota, chiudendo con 1.4 per quello finale. Questa fascia di ascoltatori è cruciale per quanto riguarda gli introiti che una rete vuole realizzare tramite uno show e ovviamente un calo così drastico ha avuto un certo peso nel deciderne la cancellazione.

FlashForward vs V

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Un’altra questione importante riguardava il budget: la ABC aveva in produzione anche il remake di Visitors nello stesso periodo e mantenere insieme due serie Sci-Fi rappresentava un costo importante, i due show avevano indici di ascolto simili ma per V le spese di produzione (in primis location e cachet degli attori) erano sensibilmente più basse. Oltretutto la serie sugli alieni aveva un potenziale maggiore a livello di merchandising.

FlashForward andava in onda il giovedì sera dalle 20.00 alle 21:00, dovendosi scontrare con programmi affermati della NBC. In quella fascia oraria non c’erano grandi presupposti affinché potesse affermarsi uno show che conteneva violenza e temi di natura sessuale.

La serie sui Visitors d’altro canto ha avuto avversari più abbordabili e una fascia oraria più adatta al proprio contesto.

Detto ciò, sembra chiaro che nonostante una serie di situazioni avverse (compresa l’interruzione di tre mesi a metà show, non certo una mossa utile per fidelizzare il pubblico) la serie sul misterioso black out globale avesse ottenuto dei risultati piuttosto buoni, non ricevendo purtroppo la giusta fiducia da parte del network che invece rinnovò V per poi cancellarla l’anno seguente.

Save Flashforward

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Nel 2019 le serie tv possono avere una risonanza social notevole, basti pensare a Game of Thrones e alla famosa petizione lanciata dopo l’ottava stagione che ha raccolto la bellezza di 1.731.800 firme, la maggior parte nel giro di poche ore. Dieci anni fa le cose erano leggermente diverse, tuttavia ci fu un’iniziativa molto creativa su un sito chiamato “Save FlashForward” che portò persone in diverse parti dell’America e altre città europee a riprodurre quel famoso black out di due minuti e diciassette secondi, un modo simpatico di chiedere alla ABC di non chiudere lo show.

L’amaro in bocca

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La serie amava spaziare: ha il suo inizio intorno alle vicende personali e professionali dell’agente Mark Benford (Joseph Fiennes), ma ben presto allarga i propri orizzonti sulle motivazioni del black out, sui responsabili, e soprattutto sulle visioni che avevano avuto i vari protagonisti. Un continuo intricarsi di proiezioni mentali che generava un puzzle sempre più grande da risolvere per protagonisti e telespettatori, alimentato da un secondo black out (nell’ultima puntata, un cliffhanger continuo) che aveva anche delle differenze rispetto al primo.

Intrighi, cospirazioni, anelli che proteggono dai black out, tradimenti personali e professionali, spie… c’era tutto.

I personaggi erano ben strutturati e richiedevano una discreta interpretazione (a mio parere riuscita). Basti pensare all’agente Benford che si barcamena tra un complotto globale, problemi di alcolismo e una moglie sospettata di tradirlo con uno dei misteriosi responsabili.
Era uno show in cui ci si immergeva completamente, entrando in simbiosi con i vari protagonisti e condividendone l’angoscia per questo futuro incerto, come per il collega di Mark, Dimitri, che nel primo blackout non aveva visto nulla (gran brutto presagio che per sua fortuna non voleva necessariamente significare morte).

flop serie tv

Una serie che riusciva spesso a stupire, spiazzando lo spettatore con colpi di scena inattesi e fuorviandolo quanto bastava per tenerlo incollato allo schermo, facendo sì che arrivare in fondo a quei misteri fosse quasi la sua unica ragione di vita.

In conclusione ci sentiamo di dire che la chiusura di una serie tv sicuramente di valore, con dei presupposti più che buoni e un potenziale discreto per lo sviluppo della trama, ci lascia sicuramente con l’amaro in
bocca. In particolar modo se riflettiamo sui vari motivi che le hanno impedito di decollare. O semplicemente: forse non era la sua ora.

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