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Come sarebbe stata Fleabag se fosse stata prodotta dalla Rai

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Vi siete mai chiesti come sarebbe Fleabag se fosse stata prodotta dalla Rai? No? Strano. Eppure è una domanda che non riesco proprio a togliermi dalla testa ogni qual volta mi imbatto in una qualsiasi serie tv d’oltreoceano. E’ più forte di me. Non appena vedo una scena vagamente osé, sento una battuta spinta o mi imbatto in un argomento a scelta fra droga, sesso e aborto, insomma, tutto ciò che di più rivoluzionario si possa concepire nel modernissimo 2022, il mio pensiero vola subito alla televisione italiana. Ed ecco che improvvisamente mi trovo a domandarmi: chissà la Rai cosa farebbe. Ed è qui che, con lo sguardo rivolto altrove e la mente girovaga mi trovo a immaginare i fantastici mondi di Rai Fiction. Riuscite ad assaporarla la fiction Rai in due puntate in prima serata sulla vita di Walter White? Come si chiamerebbe? Non so ma qualcosa come ‘Questione di chimica’ penso potrebbe starci a pennello. Che poi non sarebbe neanche troppo rivoluzionario se ci pensate. In fondo basterebbe scambiare il capo della DEA con un Montalbano nel suo massimo splendore per renderlo fin da subito un riconoscibilissimo remake italiano.

Se è vero però che quando si parla di criminalità organizzata siamo sempre in acque nostrane, altra cosa è invece provare a immaginare un prodotto assolutamente rivoluzionario come Fleabag intrufolarsi nelle case degli italiani e soprattutto far breccia in quel target a cui la televisione nazional popolare è tanto cara. Insomma, una ragazza appena trentenne, con una dipendenza da sesso, senza amici, senza fidanzato, la più nubile delle nubili e in più con un pessimo rapporto con la sua famiglia. Nella seconda stagione se la fa addirittura con un prete. Come si può rendere tutto questo sconcerto su pellicola un prodotto Rai friendly?

Pensate soltanto a come potrebbe reagire un qualsiasi autore alla vista di un copione del genere, conscio che per renderlo accettabile agli schermi Rai dovrà praticamente rivoluzionare ogni aspetto della trama. Mani nei capelli – ma soprattutto al crocifisso – previa confessione, la trama di Fleabag verrebbe sbattuta in una ciotola e mescolata con vigore insieme a luoghi comuni sui ggggiovani con un occhio di riguardo alla nonna ultraottantenne che potrebbe imbattersi nella sua visione.

Ma partiamo dal principio: poche nozioni ma chiarissime. Prima di tutto, Fleabag si sarebbe chiamata Flaminia. Ragazza romana dai capelli rossicci, pungente fino a risultare saccente. Fastidiosa nel volersi a tutti i costi distinguere cercando di risultare anticonformista in ogni singola situazione. Pochi amici ma buoni, Flaminia, interpretata nella mia testa da una smagliante Serena Rossi fresca de La Sposa, vedrà il suo centro nevralgico gravitare intorno alla migliore amica Rebecca: una ragazza di Roma nord che nonostante l’apparenza è riuscita comunque a conquistare il duro cuore della gelida Flaminia. Insieme, le due amiche possiederanno un bar a tema biciclette frequentato da radical chic che Flaminia odierà ma di cui Rebecca si innamorerà con la velocità di un’iscrizione a Netflix in tempi di pandemia: istantanea, e con tanto di carta prepagata salvata immediatamente nelle impostazioni.

La matrigna di Flaminia sarà quanto di più simile a una delle matrigne delle fiabe di quando eravamo bambini: tirannica e insopportabile dalla punta dei piedi a quella dei capelli. Nessuna tridimensionalità le sarà concessa, ma solo livore esasperato da parte del pubblico che Nino Sarratore può giusto spicciarle casa. Villain all’ennesima potenza: eccessivamente cattiva, eccessivamente stucchevole. Per brevità potremmo semplicemente dire che Olivia Colman è tutta un’altra cosa. E il marito? Il padre di Fleabag me lo immagino come un Pippo Franco sottomesso alla belligeranza della moglie, con un trascendentale attaccamento ai soldi e una fissa fresca fresca per il padel. A tratti fantozziano, boomer della primissima ora, ogni qual volta Flaminia gli chiederà un prestito sarà solito risponderle ‘Ricordami cos’è che fai tu?’ scambiando il suo disinteresse per una malcelata disattenzione. La cosa farà ovviamente infuriare Flaminia che di punto in bianco salterà giù dalla sedia con il piede di guerra pronta a evadere e cercando affermazione nella sua rinuncia alla paghetta paterna, non prima però di aver fatto scorta di tupperware della cena appena consumata. Anarchici certo, ma siamo pur sempre italiani.

Cosa fanno davvero Flaminia e Rebecca è e rimarrà un mistero. Il bar c’è, ma perché queste stanno sempre a bersi spritz colorati sui rooftop della città eterna come se non dovessero mai pagare l’affitto?

Relegati invece a mero sfondo troveremo Chiara, la sorella di Flaminia e suo marito Marzio, le cui battute fuori luogo ci verranno raccontate come candida ironia. Tutto regolare, insomma.

E Hot Priest? Ragazzi, che domande! Ovviamente verrebbe interpretato da Lino Guanciale.

Fleabag

Spiegare il coinvolgimento mentale e fisico che intercorre tra hot priest e Fleabag sarebbe davvero troppo per essere anche solo valutato come materiale per una fiction italiana e se la televisione ci ha insegnato qualcosa è che quando non si sa che pesci pigliare l’unica via da prendere è quella della censura. (ironia alert)

Don Saverio sarà per Flaminia solo la calda spalla su cui far rapprendere le sue lacrime e il nobile orecchio a cui confidare la sua vita dissipata. Nessun flirt all’orizzonte, ma solo un vago e fallace innamoramento da parte di Flaminia che, dopo essere stata ascoltata per la prima volta in vita sua, non potrà che credere di aver trovato il partner a lei più congeniale. Una sbandata della durata di mezza puntata e poi ciao ciao, come direbbe La Rappresentante di Lista. Il resto della serie si alternerà poi suddividendo la scena tra le inconcludenti avventure di Flaminia e le caritatevoli opere di bene di Don Saverio. Ogni giorno ad orario aperitivo – orario scelto da Flaminia per evitare di finire contrariamente sbronza a suon di spritz – i due si incontreranno per raccontarsi le rispettive giornate da cui il prete saprà sempre estrarre una morale con cui chiudere in bellezza, o in bigottismo, la puntata.

Che dite, regge?

A pensarci bene non sarebbe neanche poi tanto male, insomma: abbiamo creduto a preti in bicicletta che portano morte e distruzione ovunque vadano (per dirla in sole dieci parole), commissari su commissari, e tutti gli ordini sacerdotali e militari esistenti: cosa sarà mai una donna con un prete per amico?