Dal suo debutto (in Italia) nel 2017 sulla piattaforma Amazon Prime Video, la dramedy in due stagioni Fleabag ha avuto, tra i vari meriti, quello di presentare un personaggio femminile molto distante da quello a cui il piccolo e grande schermo ci avevano da sempre abituati. Creata e interpretata da Phoebe Waller-Bridge, Fleabag è l’antieroina provocatoria, cinica, bugiarda, autodistruttiva, reale, umana, nelle cui imperfezioni è risultato semplice per chiunque identificarsi. Ma non avevamo fatto ancora i conti con Claire.
Riassumendo la trama della fortunata serie vincitrice di due Golden Globe e quattro Emmy Awards, Fleabag è la storia della sua omonima protagonista, una giovane donna che si ritrova a gestire da sola la caffetteria aperta insieme alla sua migliore amica Boo (Jenny Rainsford), prima della tragica dipartita di quest’ultima. Segnata dunque dal lutto che non riesce a metabolizzare e dalle difficoltà economiche derivanti dal suo locale sempre troppo vuoto, Fleabag fa del sarcasmo la sua arma per difendersi dal dolore, allontanando chiunque tenti di infrangere le barriere che si è costruita attorno a sé. Tuttavia, a discapito delle apparenze, Fleabag non cerca neanche per un istante la compassione del pubblico, con il quale ha un intimo rapporto diretto e consapevole, infrangendo costantemente la quarta parete nel corso dei 12 episodi che compongono la serie. Su questo aspetto in particolare, Waller-Bridge si è espressa paragonandolo alla pressione di sentirsi osservati: se da un lato avere testimonianza delle proprie azioni è un modo per legittimarle (come sosteneva la filosofia di Berkeley “se un albero cade in una foresta e nessuno lo sente, non fa rumore”), dall’altro lato avere quel rapporto diretto con il pubblico osservante è ciò che la blocca dal guardarsi dentro. L’intimo rapporto che si crea tra la protagonista e lo spettatore è dettato quindi dalla solitudine che Fleabag prova, in particolare dopo aver perso la sua migliore amica, ma le sue scelte restano arbitrarie e slegate dal trauma, ed è questo aspetto a rendere la serie un prodotto unico: le azioni disfunzionali della donna non hanno bisogno di alcuna giustificazione di causa maggiore diverse dalla sua volontà. Tornando alla solitudine, che è a sua volta legata alla sua incapacità di accettare i suoi sentimenti, l’unico momento in cui riesce a spezzare questo circolo vizioso (rompendo metaforicamente il contatto visivo con il pubblico sul finale) è quando accoglie dentro di sé l’amore in entrambe le sue accezioni; quella negativa, ovvero nel dolore causato dall’amore, attraverso la sua relazione con Il Prete (Andrew Scott), e in quella positiva di amore che colma il vuoto interiore attraverso il riavvicinamento a sua sorella Claire (Sian Clifford).
Il Prete è la persona più simile a lei che incontra nella sua vita, nonché l’unico ad accorgersi del suo rapporto con lo spettatore; questo è perché Il Prete è a sua volta osservato in ogni sua azione, non dal pubblico di Fleabag ma da Dio, che opera attraverso il suo segugio (la volpe). La volpe rappresenta infatti ciò che simbolicamente viene descritto dal poeta Francis Thompson nella sua maggiore opera Il Segugio del Cielo, ovvero la presenza di Dio che assedia le anime col suo passo inseguitore, rendendo l’uomo irrequieto al punto da rifugiarsi nelle passioni terrene (“Pur conoscendo il suo amore inseguitore, / temevo fieramente /che, avendo Lui, non avessi null’altro“). Il Prete è spaventato dalla presenza della volpe (o, dalla relazione esclusiva con Dio) ma allo stesso tempo sa di doverla seguire rinunciando all’amore terreno che lo lega a Fleabag poiché, l’allontanamento, è l’unico vero modo in cui può riconnettersi con la sua anima, allo stesso modo in cui è solo abbandonando il pubblico che Fleabag può realmente sentirsi libera di guardarsi dentro, e di capire che l’unica vera mancanza che ha pesato per tutti quegli anni nella sua anima è quella di sua sorella, l’unica persona in grado di comprendere la perdita di sua madre e l’allontanamento di suo padre.
Quella con Claire è la sola vera storia d’amore presentata dalla serie (ve ne abbiamo parlato nel dettaglio qui), e Claire è l’unica persona in grado di comprenderla davvero e di sbloccarla dalla questioni interiori irrisolte; Fleabag si concede di amare (e amarsi) solo quando incontra davvero Claire, e Claire attraverso Fleabag ottiene a sua volta l’unica cosa di cui era sempre stata privata: la libertà. Il personaggio di Claire, infatti, è molto più complesso di quanto possa superficialmente apparire, ed è il tipo di personalità in cui è ancor più semplice ritrovarsi; Claire è la persona sulla quale tutta la famiglia fa affidamento, che sai non ti metterà mai in cattiva luce durante una cena, che rimette insieme i pezzi pur rimanendo nell’ombra perché è ciò che tutti si aspettano sempre da lei, lavora sodo e ha un lavoro stabile, ha un matrimonio (infelice) che tuttavia si fa andare bene così perché alle persone come Claire, a differenza di Fleabag, non è concesso sbagliare o ritrattare le proprie decisioni. Fleabag è brillante nel suo cinismo, affascinante nella sua ribellione, ma per quanto ci sforziamo di apparire perfette nella nostra totale fragilità interiore, la verità è che saremo sempre più simili a Claire, impegnate ad inseguire un modello di efficienza irraggiungibile per rimediare agli errori degli altri, sacrificando talvolta anche la nostra stessa libertà.
Fleabag e Claire si completano e sono complete solo nella loro unione poiché è guardando all’altra che comprendo cosa manca a se stesse.
Claire è l’amore che manca a Fleabag e Fleabag è la libertà che manca a Claire, costruendo pezzo dopo pezzo, passo dopo passo, il più bello e totalizzante quadro della complessità dell’animo umano.