Abbiamo avuto modo di vedere e conoscere serie tv che in pochissimo tempo hanno totalmente stravolto il concetto di serialità televisiva. Per esempio, I Soprano, che hanno introdotto un livello di complessità psicologica raramente visto in televisione. Lost, che ha mostrato come le serie tv possono mescolare generi diversi e il pubblico può essere attivamente coinvolto nel decifrare i suoi enigmi e misteri. O ancora Breaking Bad, che ci ha mostrato come i protagonisti possono essere anche dei villain psicologicamente complessi, e non per forza degli eroi. Per questo motivo, quando abbiamo visto Fleabag farsi silenziosamente strada nel vasto panorama seriale, abbiamo capito che non sarebbe stata una serie tv come le altre. Fleabag (potete recuperarla qui su Amazon Prime Video) è riuscita a catturare l’attenzione di milioni di spettatori, diventando un brillante esempio di narrazione contemporanea.
Di certo, uno degli aspetti più audaci e discussi della serie è la decisione di Phoebe Waller-Bridge (protagonista della serie e creatrice della stessa) di concludere Fleabag dopo solo due stagioni, nonostante il successo travolgente. Questa scelta ha sorpreso molti fan della serie, in un’industria dove le serie di successo sono prolungate per tempi indefiniti, con il passare del tempo spesso tendono a diventare ripetitive e a perdere la loro freschezza e incisività. Chiudere così presto è stato percepito fin da subito come un grandissimo atto di coraggio e controcorrente. Per comprendere la scelta di Phoebe Waller-Bridge di interrompere così presto la serie, è necessario esplorare la natura narrativa e tematica di Fleabag, e il modo in cui ogni stagione rappresenta un arco narrativo compiuto (qui le 5 cose che abbiamo amato di più in questa serie tv).
La storia di Fleabag è universale
La prima stagione introduce Fleabag, una donna intrappolata nel dolore e nel senso di colpa. È sarcastica, caustica, e sembra mantenere il controllo su tutto, ma i momenti in cui si rivolge direttamente alla telecamera rivelano una profondità emotiva che non condivide con nessuno. Attraverso flashback e rivelazioni graduali, lo spettatore scopre il trauma che definisce la sua vita: la morte accidentale della sua migliore amica Boo, per un errore che Fleabag sente di aver causato. Un dolore che cresce e si espande, insinuandosi nella quotidianità e lasciando la protagonista in balia delle sue emozioni, sul punto di crollare inevitabilmente. Fleabag siamo noi, e questo è uno dei motivi per cui questa serie ci ha scossi e colpiti fin da subito. Questa prima stagione termina con una sorta di catarsi: il suo passato e il suo dolore vengono alla luce e, con essi, l’opportunità per la ragazza di un nuovo inizio.
La seconda stagione, invece, esplora un altro tipo di redenzione, questa volta attraverso l’amore e la spiritualità. L’introduzione di un nuovo personaggio, il “prete sexy” (interpretato da Andrew Scott), aggiunge una nuova dinamica emotiva e morale. La relazione che si instaura tra Fleabag e il “prete sexy” è allo stesso romantica, dolorosa e profondamente umana. Attraverso il prete, Fleabag impara ad accettare l’intimità e la vulnerabilità, ma anche a lasciar andare. L’epilogo della seconda stagione è poetico: Fleabag si congeda non solo dal prete ma anche dal pubblico, rompendo per l’ultima volta la quarta parete con uno sguardo diretto alla telecamera, rifiutandosi di voltarsi mentre si allontana. È un momento incredibilmente simbolico, che rappresenta la sua crescita personale e la decisione di proseguire e andare avanti.
Il coraggio di fermarsi
Phoebe Waller-Bridge ha dichiarato in più occasioni che il viaggio di Fleabag era completo dopo la seconda stagione. La sua decisione di concludere la serie nonostante la crescente popolarità è stata motivata dalla convinzione che forzare una terza stagione avrebbe rischiato di sminuire l’integrità narrativa. La seconda stagione si chiude con una sensazione di risoluzione, sia per il personaggio che per il pubblico. Fleabag è riuscita ad affrontare i suoi demoni, ha trovato una nuova forza interiore e, soprattutto, è riuscita ad accettarsi e a riconciliarsi con se stessa. Come ha dichiarato la stessa creatrice, raccontare una storia ha senso solo se ha un inizio, uno sviluppo e una fine. Forzare la narrazione di questa storia, sarebbe stato distruttivo per il personaggio e per quello che rappresenta.
La decisione di concludere Fleabag dopo due stagioni si distingue in un panorama televisivo dove la logica commerciale spesso prevale su quella creativa.
Molte serie tv di successo vengono trascinate oltre il loro naturale punto di chiusura, diluendo il loro impatto emotivo e narrativo. Phoebe Waller-Bridge ha dimostrato che l’integrità artistica e la consapevolezza dei limiti possono essere potenti strumenti di storytelling. Lasciando il pubblico desideroso di sapere e di volere di più, Fleabag ha consolidato la sua posizione come una delle migliori serie tv del decennio. Concludere la serie all’apice del suo successo le ha permesso di rimanere un’esperienza perfettamente confezionata, evitando la stanchezza narrativa. Il suo lascito è una testimonianza del potere di storie ben raccontate e dell’importanza di sapere quando fermarsi. Phoebe Waller-Bridge ha dato al pubblico due stagioni di perfezione emotiva, rendendo Fleabag un’opera d’arte televisiva che continuerà a ispirare per generazioni.