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Fleabag – Volpi, orgasmi e amori perfetti

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Esistono molti motivi per cui chiunque stia leggendo questo articolo dovrebbe correre a collegarsi ad Amazon Prime e guardare immediatamente le due stagioni di Fleabag. L’irriverente serie britannica ideata, prodotta e interpretata dalla sempre più in ascesa Phoebe Waller-Bridge (nuova pupilla dell’enorme azienda, con la quale ha firmato un accordo incredibile).

Le imprese alcolico-sessuali della protagonista sono il primo motivo per cui dovreste guardare la serie. Le sue puntuali e sarcastiche rotture della quarta parete, con le quali commenta la sua sregolatissima vita, ci fanno precipitare subito nel suo scapestrato ma irresistibile universo.

Fatto sì di tanto sesso occasionale, molto alcol e tanti errori, con cui Fleabag tenta di fare i conti, ma anche di tanta umana e autentica fragilità. Da cui ci riesce davvero impossibile non essere attratti.

L’altro motivo sicuramente è la seconda stagione di questa serie fenomenale. Che quest’anno, oltre a macinare premi e consensi (tipo i 3 Emmy ritirati dalla Waller-Bridge), propone di raccontarci un aspetto della protagonista che non avevamo ancora visionato. Quello sentimentale.

Il terzo motivo però è quello più importante. E cioè che, in questa seconda stagione, troviamo una delle storie d’amore più belle e originali proposte sul piccolo schermo negli ultimi anni.

Fleabag

L’amore proibito e corrisposto tra l’irrefrenabile protagonista londinese e il prete sexy è quanto di più tenero, sensuale e divertente possiate vedere quest’anno.

Al di là di quanto sia semplicemente irresistibile il politicamente scorretto parroco (interpretato dal sempre incredibile Andrew Scott che non smette dai tempi di Sherlock di regalarci personaggi indimenticabili), l’attrazione tra i due è qualcosa che ci travolge dallo schermo, lasciandoci teneramente inebetiti.

Perché poche volte abbiamo perso la testa per due personaggi così complessi, ben raccontati e assolutamente adorabili nelle loro più assurde stranezze. Che si parli di volpi, di nove orgasmi consecutivi o di outfit talari.

La chimica tra Fleabag e il prete sexy poi è qualcosa a cui difficilmente si resta indifferenti.

Così come alla purezza del sentimento che li unisce che riesce a commuoverci nel finale, anche se è qualcosa che non ci aspettavamo da una serie del genere.

Un sentimento capace di portare la scapestrata protagonista, impegnata nella sua continua lotta punitiva contro se stessa, alla tanto agognata crescita interiore e comprensione di sé a cui aspira.

fleabag

Impossibile non sperare in un lieto fine.

Eppure è proprio la mancanza di esso a rendere questa storia così indimenticabile. La tenerezza e l’irriverenza con cui i due si scontrano, cercano e desiderano, entrando in collisione nei modi più intensi, è un’emozione che ci accompagna fino alle ultime inquadrature della stagione. Dopotutto però eravamo stati avvertiti proprio dalla protagonista stessa, quando ci dice subito che questa “è una storia d’amore“. Cosa che non potrebbe essere più vera sotto vari aspetti.

A differenza della prima stagione, la nostra antieroina inizia a volersi più bene. Rinuncia a riempire il vuoto che sente con il solito sesso e inizia ad avvicinarsi di più agli altri.

Lo stesso rapporto con la sorella, dopo lo stallo di un anno causato dal cognato, riparte. Dimostrando un amore che nei primi sei episodi dello show non avevamo percepito quanto fosse profondo.

A chiudere questa serie alla perfezione ci pensano poi le malinconiche note di This Feeling degli Alabama Shakes, che ascoltiamo mentre salutiamo la protagonista con un po’ di tristezza addosso.

La stessa che ci prende quando realizziamo che nonostante il successo ottenuto, l’autrice non intende (per ora!) regalarci una terza stagione dello show. Nonostante uno stuolo di fan in astinenza la chieda a gran voce (anche solo per la speranza di risentire Andrew Scott sussurrare in confessionale “inginocchiati“), bisogna riconoscere che la fine di questa seconda stagione non potrebbe essere più splendida di così.

Soprattutto quando ci congediamo con la nostra amatissima scheggia impazzita con la consolazione che, nonostante il suo percorso con (e senza) il prete l’abbia aiutata a maturare, è rimasta comunque una str**za.

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