Cosa succede dopo l’ultima puntata delle vostre serie tv preferite? ‘Forse non è la fine’ è la prima puntata (immaginaria) dopo l’ultima puntata delle vostre serie tv preferite. Oggi è il turno di How I Met Your Mother.
“Se hai la chimica ti manca solo una cosa: il tempismo“. Robin da quella finestra ripensava ora a questa frase. Le era sovvenuta, improvvisa e inaspettata come un lampo, senza che lo volesse. Nella sua mente scorrevano le immagini del passato: si rivide fragile e incerta in tutti quegli anni in cui si era chiesta se avesse fatto la cosa giusta a scegliere la carriera, a scegliere se stessa. Sì, era stata la decisione migliore e solo ora lo capiva appieno.
“Se hai la chimica ti manca solo una cosa: il tempismo“. Quella frase se l’era ripetuta mentalmente ancora e ancora, per anni. Era diventata un pensiero corrosivo, una goccia che batteva sempre sullo stesso punto. Costante, implacabile, insopportabile. Nel tempo, tornando e ritornandoci sopra, si era creato come un vuoto dentro di lei, una falla sempre più ampia. In quella falla l’acqua si infiltrava e scendeva ormai come sottile pioggia, silenziosa, impercettibile ma diffusa. Almeno fino a quel momento.
Almeno fino all’attimo, al momento eterno e insuperabile che stava vivendo. Vedere Ted con quel corno blu francese era la risposta che non sapeva di dover trovare. Adesso capiva che, certo, “Il tempismo è una brutta bestia” ma che ogni cosa, prima o poi, trova il suo posto. L’acqua non gocciolava più, quel tremendo ticchettio si era interrotto. Ora, non aveva più dubbi. Ora vedeva tutto con gli occhi della consapevolezza e quella beata onniscienza le dava un senso di serenità e felicità forse mai provato.
Era come se tutte le soddisfazioni che si era tolta, gli obiettivi raggiunti, il successo e l’appagamento fossero sempre stati avvolti da una patina, da una macchia, da una goccia d’acqua che continuava ostinatamente a battere nonostante tutto. Era diventata un’affermata giornalista ma la goccia cadeva. Aveva girato il mondo ma la goccia cadeva. Aveva ottenuto riconoscimenti internazionali ma, ancora, di nuovo, sempre, la goccia continuava a cadere.
E ora, semplicemente, il ticchettio dell’acqua non c’era più. Vedeva tutto in una luce e limpidezza nuove che non sapeva neanche potessero esistere. La sua era stata una vita fantastica e ora lo sapeva. Ora che stava per iniziare la seconda parte della sua esistenza. Sorrise e fece per correre giù dalle scale ma aperta la porta qualcosa la fermò.
Appena pochi metri più in basso, nel frattempo, un uomo con la faccia da ragazzino e la sfrontatezza tipica della gioventù guardava in alto. Il cuore batteva a mille e nella sua mente scorrevano le immagini di una donna che aveva conosciuto in un pub tanti e tanti anni prima. Il ragazzo sorrideva senza neanche accorgersene, a tratti rideva perfino. Non gli importava se la gente che passava potesse prenderlo per pazzo: in quel momento non era lì, era in un altro mondo, una realtà in cui poteva rivivere tutti i momenti più felici e sentirli nuovamente reali.
Quella beata visione fu bruscamente interrotta da un’immagine. O meglio, più che un’immagine era una sequenza di istantanee che scorrevano senza controllo: mostravano il ragazzo e la ragazza allontanarsi progressivamente, cercarsi senza più la possibilità di ritrovarsi. Sempre più distanti. Buio. Ted ora non rideva più, aveva abbassato la testa. “E se non funzionasse? E se non mi volesse? Come posso sapere che è la cosa giusta, come posso capirlo dopo tutto questo tempo? Forse sto solo vivendo nel passato, cercando di riportare in vita qualcosa che non esiste più. Ma… c’è quel ‘ma’. Non posso fare a meno di pensare a come sarebbe stato e a come potrebbe ancora essere. Lei è Robin! La MIA Robin!“.
Quei pensieri lo scuotevano ancora quando sentì una goccia poggiarsi dolcemente sui capelli ingrigiti dagli anni e dai dispiaceri. Quella goccia così gentile e nel contempo atrocemente malinconica gli fece alzare la testa. Guardò in alto, guardò il cielo e la goccia d’acqua gli corse sugli occhi e si consumò sulle labbra. Ted stava per tornare ad abbassare lo sguardo quando una finestra si aprì. Là c’era la donna più sconvolgente che avesse visto in vita sua. Non la più bella -non che non lo fosse, bella- ma era più di questo: era la donna che lo aveva fatto tristemente sospirare ogni volta, che gli suscitava una passione tanto travolgente e dolorosa da non avere eguali.
Lei sorrise e i pensieri di lui scomparvero. Scomparve l’amore romantico, scomparve l’amore perduto, sparì una vita felice e perfetta con la donna della sua vita. Davanti a quel sorriso esisteva solo quel momento. Alzò il braccio mostrando il simbolo di una passione eterna.
Robin stava per corrergli incontro ma qualcosa alla porta glielo impedì. Era Ted. Con uno scatto incredibile si era precipitato per le scale e l’aveva preceduta. Si guardarono mentre Ted ansimava pesantemente. “Me le ricordavo meno ripide queste scale“, disse, provando a prendere fiato, mentre Robin mescolava il pianto al sorriso. Si guardarono e non servì altro. Le parole si erano fatte superflue: entrambi sapevano e, ora, capivano. Il tempismo. Era il primo atto delle loro nuove vite.
Davanti a loro si aprì d’improvviso una visione comune, potevano vedere distintamente cosa li attendeva. Le dolci passeggiate nel parco, i viaggi in macchina, il calore di un film da vedere accoccolati. In una parola: la dolcezza. Quella che avevano perso e che non vedevano l’ora di ritrovare. In un instante anni di lontananza svanivano per ricomporre una chimica esplosiva. Ecco ora Ted che goffamente provava a sparare un colpo di pistola mentre Robin, sorridente, imbottiva di piombini una figura cartonata. Ecco le difficoltà nel crescere due adolescenti ma anche i momenti di affetto e l’orgoglio: il loro diploma, la partenza per il college, le lunghe telefonate, i problemi d’amore.
Questa lunga sequenza di scene si concludeva con loro due, con Ted e Robin, mano nella mano. Mani aggrinzite dal tempo ma cullate dalla dolcezza di un amore a cui ora qualche dio aveva finalmente concesso di esistere serenamente. Calava così il sipario e Ted con Robin tornavano al presente. A loro due, faccia a faccia, protesi in un dialogo silenzioso ma intimamente chiaro a entrambi.
Si strinsero le mani, le labbra si toccarono e per un momento Ted e Robin tornarono al primo bacio. A quella giovane incoscienza, a quelle emozioni violente e profondissime. Tornarono ragazzi in balia di un sentimento più grande di loro. Scesero le scale. Davanti a loro era un viale alberato: l’autunno era appena iniziato e le foglie si ingrigivano davanti ai primi freddi. Un vento penetrante fece lo slalom tra Robin e Ted. Un brivido percorse la schiena di lei, e lui fece per abbracciarla, come a proteggerla da un invisibile nemico.
Si accoccolarono l’uno tra le spalle dell’altro mentre proseguivano lungo la strada. Attorno a loro tutto sembrava fermo, come sospeso in un irreale presente, un attimo eterno e inscalfibile dal tempo. Avrebbero potuto vivere per sempre in quel momento. Ma d’improvviso una voce acuta ruppe la quiete e tutto si rimise in moto: le foglie tornavano a cadere, le macchine a strombazzare (ma, strano a credersi, più dolcemente del solito in quella caotica New York), la vita a muoversi.
Si ripetè di nuovo quel suono stridulo. Robin tese le orecchie, sussultò senza neanche sapere perché. Non era ancora sicura di cosa si trattasse. Si fermò e rimase in ascolto. Il suono si avvicinava ma restava ugualmente indistinto, confuso. All’orizzonte nient’altro che un manto di foglie lungo il silenzioso marciapiede. Ancora un acuto, ora era davvero vicino. Ma da dove veniva? Adesso anche Ted era interamente concentrato su quel suono sempre più prossimo eppure privo di corpo.
“Prendimi!”, urlò d’improvviso un piumino rosso acceso, sbucato da un vicolo buio a pochi passi dai nostri due protagonisti. Ted e Robin trasalirono, colti di sorpresa. Davanti a loro, sotto quel piumino abbacinante, si intravedeva un visino furbo e sorridente. Era una bambina di circa dieci anni, dai capelli d’oro e dagli occhi chiarissimi. Robin, perplessa e immotivatamente preoccupata, si mise a fissarla. Quegli occhi l’avevano colpita in un modo particolare, ci vedeva qualcosa di estremamente familiare, nel contempo triste e dolce.
“Ellie, aspetta che… arriva!“, con un balzo qualcuno sbucò da quel vicolo invisibile. Ted e Robin scattarono di nuovo. “Teeeed? Robin?!“. Non potevano credere ai loro occhi. “Barney! Che ci fai qui!“, esordì Mosby. “Io ci vivo qui, a differenza tua! Robin…“, e fece come un inchino davanti a lei. Robin si abbassò a fissare la ragazzina che aveva davanti a sé. “Lei è Ellie“, chiarì Barney. “Erano anni che non la vedavate…“, disse quasi a muovere un rimbrotto. “È bellissima, Barney! Ciao, Ellie!“, proferì Ted mentre la piccola si nascondeva tra le braccia paterne.
“Ti assomiglia tanto“, disse seria Robin. “Già“, replicò caustico e vagamente malinconico Barney. “La sto crescendo io, anche se sarebbe meglio dire che è lei che sta crescendo me, non è vero piccola peste?“. Ellie si sciolse in un sorriso. “E voi che ci fate qui?“. Ted e Robin si guardarono un po’ imbarazzati, incerti su cosa davvero stessero facendo lì. Non ci fu bisogno di rispondere, però. “L’ho sempre saputo. Era destino, è sempre stato giusto così, fin dall’inizio! È leggendario! Leggendario!“. Barney era entusiasta, anche troppo entusiasta, tanto da apparire esasperato nei modi.
“Dovremmo uscire qualche volta“, concluse. “Hai proprio ragione, sono secoli che non ci vediamo“. Ted abbassò lo sguardo mentre pronunciava queste parole. “Lo faremo, Ted, lo faremo!“. Ellie strattonò la giacca del padre. “Andiamo al parco, papà?“. Barney la guardò con degli occhi che Robin aveva visto in lui soltanto in un’altra circostanza. “Adesso devo scappare, ragazzi. Ma vi telefonerò! E non accetterò un no come risposta!“. Quell’uomo si allontava ora a grandi passi mentre Ellie era tornata a ridere e correre. Robin si voltò a guardare la scena ed è a lei che Stinson riservò un’ultima occhiata che quasi le trafisse il cuore.
Lei si fece pensierosa. Alzò lo sguardo verso Ted e i due si guardarono, ancora una volta senza proferire parola. Ted la strinse forte e Robin sentì di essere capita. D’improvviso non provava più il bisogno di nascondersi, di giustificarsi e dare spiegazioni. Ted era lì per lei e la comprendeva come mai nessuno al mondo era stato in grado di fare. Sorrise di felicità e i pensieri scivolarono via dalla sua mente tornata libera e leggera.
“Ted? C’è una cosa che volevo chiederti“, “Dimmi, Robin“. Lei sorrise, con aria furba. “Dove diavolo hai trovato un altro corno blu francese?“. Lui la guardò e ricambiò il sorriso d’intesa. “La domanda giusta è come ho fatto a seminare il cameriere, avrà avuto a malapena vent’anni! Ok, non è vero era un cameriere attempato e mi ha quasi raggiunto. A mia discolpa era davvero in gran forma“. Robin rise.
– “È sempre stato questo, in fondo“. – “Cosa intendi?“. – “La semplicità con cui mi fai ridere ogni volta, anche adesso, a distanza di anni“. Si guardarono intensamente. “È sempre stata la tua maggiore dote“. “MAGGIORE DOTE!“, dissero all’unisono. Risero ancora e si avviarono sul viale, verso quella vita che tanto avevano atteso e che ora cominciavano a intravedere.