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Forse non è la Fine – La prima puntata dopo l’ultima puntata di The Office

The Office
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Cosa succede dopo l’ultima puntata delle vostre serie tv preferite? ‘Forse non è la fine’ è la prima puntata (immaginaria) dopo l’ultima puntata delle vostre serie tv preferite. Oggi è il turno di The Office.

Dwight Schrute. Regional Manager, proprietario dell’edificio in cui vi trovate, gestore delle Schrute Farms. Marito e padre. Boom. Provate a fare di meglio, idioti!“. La telecamera segue Dwight all’interno dell’edificio, barcollando. “A circa un anno dalla mia instaurazione le vendite della filiale della Dunder Mifflin di Scranton sono aumentate del 12%. Da poco abbiamo siglato un importante accordo con l’azienda in rampa di lancio Ath-Leap. Sono forse un genio? Non sta me a giudicare, ma Sì. Sì, lo sono.”.

Mentre l’uomo sale le scale, l’inquadratura inizia sempre più a incurvarsi. Un pesante tonfo si accompagna a un gemito di dolore. “Clark, a volte sei così inutile che penso potrei assumerti come spaventapasseri!”. Il ragazzo in risposta sente un piccolo brivido salirgli su per la schiena ripensando all’inquietante fantoccio delle Schrute Farms tanto amato dal cugino del suo capo Mose. Mentre si rialza indolenzito, Clark fissa il suo capo e indica le telecamera. “È davvero necessario? Non sono un cameraman. E non stiamo girando un vero documentario!”.

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Vuoi imparare dal migliore, pivellino? Allora ascoltami bene: abbiamo lavorato per nove anni venendo costantemente ripresi. Io non ho mai approvato perché la sorveglianza della psicopolizia prima o poi ci farà finire in uno scenario alla 1984. Ma a queste persone serve un controllo. Ho visto Stanley dormire per ore al lavoro nonostante fosse costantemente davanti a una telecamera, cosa avrebbe fatto se non avesse avuto un incentivo a non farlo?” “Ma per un anno è andato tutto bene, non capisco perch…“.

No, tu non capisci. Per questo io sono al comando e tu solo un aspirante assistente del Regional Manager. E ora continua a fare il tuo lavoro!” Così il giovane paffuto chiama alcuni colleghi e li invita a procedere con la quotidiana intervista.

Lo sfondo è lo stesso di sempre. I colori tenui della sala conferenza sono estremamente familiari anche se la qualità audio-video della telecamera sembra lasciare un po’ a desiderare. A parlare è una giovane dai capelli rossi e un sorriso radioso. “Jim ci ha lasciato un compito quando se n’è andato: ha detto che non potevamo lasciare il pieno potere a Dwight senza metterlo alla prova di tanto in tanto, così una volta alla settimana peschiamo da questa boccia un biglietto.“. Afferma con fare compiaciuto Erin. “Ogni biglietto spiega lo scherzo della settimana e oggi l’onore spetta a Meredith!“.

Una donna dalla mascella prominente e uno sguardo sbarazzino allora si fa avanti sfregandosi le mani divertita, prima di inserire un braccio dentro al Mistico Vaso degli Scherzi. Mentre mescola e cerca la giusta inclinazione qualcuno le dice “Smettila di rovistare lì dentro e fa’ quel che devi!“. “Proprio quel che ho detto a quel tipo del bar l’altra sera, ahahah!“. Ride sguaiatamente la donna estraendo un biglietto.

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Il giorno dopo.

Dwight saluta Erin all’ingresso e fa un cenno ai suoi dipendenti, poi entra nel suo ufficio, pronto a revisionare i dati del mese passato. La scrivania ha un suo ordine, ma oltre ai plichi di documenti, sono altri gli oggetti che catturano l’attenzione: troviamo una bubble-head dai tratti familiari, fotografie di famiglia, un disegno di Pam… Sotto una tazza regalatagli dal mentore Michael si notano alcune lettere di un biglietto: “K+R” “Siete tutti invitati al…“. Il titolo del giornale locale di qualche giorno prima, buttato nel cestino sotto la scrivania recita: “Fuga di massa dal carcere cittadino, coinvolta la setta di Bratton“.

La pinzatrice ha finito i punti, così l’uomo apre la cassettiera dell’ufficio ed è allora che lo vede. Un perfetto ecosistema vive là dentro: un paio di pesci rossi, alghe e un’aragosta. Non manca nemmeno una statua Moai volta a ricreare il tipico scenario da acquario. “Molto divertente, Jim!” dice ad alta voce con tono seccato. Poi si sofferma pensoso sul crostaceo.

Dalla zona relax si alza un ottimo profumino. Dwight strappa una chela e dà un morso alla sua preda. “Succulenta!

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È un giorno come gli altri in quel di Scranton: una grigia e triste giornata di pioggia, ma agli impiegati della Dunder Mifflin non sembra importare poi molto. Tutti sono al proprio posto: chi a rispondere al telefono, chi a fare conti, chi a fingere di lavorare; facce note e meno, dai più giovani ai più anziani. All’interno del suo ufficio Dwight è pronto a mettersi all’opera: si stiracchia e inizia il suo lavoro. Tutto nella norma finché una chiamata del suo capo mette in discussione l’ordinario procedere della giornata.

Sala conferenze! muovetevi, gente!“. Non è certo una novità per i dipendenti passare la metà del proprio tempo all’interno di quella stanza, tra sgangherati corsi di formazione, brainstorming e feste che puntualmente finiscono nel delirio più totale.

Arrivano direttive da David Wallace. Pare che la Dunder Mifflin debba diventare più social per ampliare la rete di clienti. Ma io mi chiedo, cosa c’è di più socievole di un venditore di carta?“. Erin alza la mano “Social, vuol dire che dobbiamo crearci una pagina su Facebook, magari su Twitter“. “Esplica il concetto, rossa!“. Ma è qualcun altro a intervenire “È semplice web marketing, Dwight, creiamo una nostra pagina su questa rete sociale e la promuoviamo in maniera da tenerci in contatto coi clienti e mostrare chi siamo e cosa facciamo. Ne ho creata una per candidarmi al Senat…”.

Il resto dei colleghi non fa finire a Oscar nemmeno l’ultima frase che sbotta in una lamentela, come se non ne potesse più di sentirlo parlare di tale argomento.

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Dopo circa un’ora in cui i dipendenti tentano di spiegare al Regional Manager gli usi di Facebook, l’uomo si convince della necessità di aderire al progetto aziendale e decide di occuparsi della faccenda in prima persona.

Non ci vuole poi molto e dopo poco presenta la sua creazione. Accanto al nome Dunder Mifflin Scranton Branch. Nessuna foto profilo, nessuna copertina. Nella descrizione un semplice “Vendiamo carta“. Le polemiche si fanno sentire subito “Non puoi lasciarlo così! Sembra il profilo di un serial killer!“. Pur non essendo d’accordo e continuando a sostenere l’importanza dei fatti piuttosto che di fotografie inutili, l’uomo si arrende e decide di cambiare strategia. Tuttavia nemmeno l’immagine di un foglio di carta sembra accontentare i suoi sottoposti. “Ma noi vendiamo carta!

Discutono a lungo: meglio inserire il logo dell’azienda o una foto di gruppo? Dwight non ne può davvero più e si rintana nel suo studio. Urge il consiglio di un esperto. Per orgoglio non vorrebbe farlo, ma sa che a volte perfino l’allievo migliore necessita talvolta dell’aiuto del maestro. “Hey Michael!” Una chioma argentea e un sorriso a trentadue denti fanno capolinea sullo schermo del suo computer “Serve a te un maestro, giovane Skywalker?”. Al solo sentire la sua imitazione di Yoda, Dwight sorride. “David Wallace ci vuole su internet, Michael. Schiavi di un pollicione che fa l’ok“.

Non fare il primitivo!“, Così Michael inizia a tessere le lodi del social media, quasi (dico, quasi) migliore di Wikipedia. “Ben 26 like, Dwight, e la gente vuole sapere tutto quel che faccio! Vuol sentire la mia opinione su tutto!“. Mentre l’uomo parla e parla, Dwight apre il profilo del’ex capo e si prepara a visionare i suoi centinaia di post settimanali. Foto di Michael e Holly al matrimonio, foto coi bambini e col cane, e selfie, tanti selfie. Non mancano gli auguri di una buona giornata così come riflessioni profonde sulla vita come “Piove sul bagnato, ma a volte anche sull’asciutto!“, “resilienza” o “La vita è come una lunga scala scivolosa. Non cadere o ti spezzerai!“.

Se Michael dice una cosa allora quella deve essere vera e Dwight lo accetta. “E come rendo tutto accattivante?“. “Cosa piace alla gente, mio giovane apprendista?“. “Barbabietole?“. “A tutta la gente, Dwight!“.

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Cosa piace alla gente?” chiede il capo. “Pattinare sui roller!” propone Erin. “Una parola: tequilaaa!” incalza Meredith. “Die Hard!” si associa Plop con una risata. “Pessimo, terribile e banale” risponde l’uomo. “Alla gente piacciono il sesso e i cuccioli!”. “Fermati finché sei in tempo, Dwight!“. Phyllis pare parecchio inquietata dalla piega che la conversazione sembra aver preso. Solo allora l’uomo capisce il possibile fraintendimento e spiega la sua strategia.

Dopo poco la sala viene riconvertita in studio fotografico: gli uomini sono in giacca e cravatta: Pete, Oscar, Clark, Devon (e perfino il rimpiazzo di Stanley) fanno il loro figurone. Poi ci sono le ragazze: Erin, Phyllis e Dakota cercano di sistemare Meredith e il suo abito da sera eccessivamente corto. Mose sorride con semplicità da dietro la grande macchina fotografica, mentre Angela entra dalla porta trasportando un cesto più grande di lei da cui provengono miagolii agitati.

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Hey scimmietta, grazie per essere venuta anche oggi!”. Dwight sorride alla moglie, ma la donna non sembra troppo in vena. “Ho lasciato Philip a tua sorella… Non è con pose da sgualdrinelle su internet che aumenterai le entrate dell’azienda.” Dice acidamente. Ma le basta aprire la cesta per ritrovare il sorriso. Ne emergono sette paia di grandi occhioni colorati: piccoli batuffoli morbidi che fanno subito sciogliere tutti i presenti:Bandit e i suoi cuccioli!“. Erin non resiste e ne prende uno in braccio parlandogli come fosse un bambino. Seguono tentativi maldestri di posizionare i gattini sopra a fogli di carta, all’interno di tazze e in braccio ai dipendenti, ma i piccoli non sembrano in vena di collaborare.

La situazione non pare volersi risolvere e si passa alle maniere forti, così Dwight si reca nel suo ufficio ed estrae da un armadio una bottiglia. “Estratto di erba gatta! Mezza goccia e li avrò ai miei piedi. Da quando vivo con Angela alla fattoria abbiamo così tanti gatti che…“. Esce dal suo ufficio e si riunisce agli altri, ma una volta ritornato nella camera, un omone alle sue spalle lo abbraccia fino ad alzarlo da terra, “Ti sei dimenticato del nostro pranzo insieme?” esclama Kevin.

Dwight vede tutto al rallentatore: l’asfissiante stretta di Kevin, la mano che perde di colpo la presa. Con estremo orrore da parte dell’uomo la boccetta cade a terra infrangendosi e spargendo ovunque il suo contenuto, soprattutto sui suoi vestiti. È l’inizio della fine: i gatti impazziscono e cominciano a gettarsi su di lui con sguardo folle.

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In pochi secondi, il delirio. Bandit si avventa su Kevin, che perdendo l’equilibrio si appoggia sul boccione d’acqua che a sua volta si ribalta e fa fuoriuscire tutto il suo contenuto. Questo finisce tra i piedi di Devon che crolla a terra portandosi dietro Erin e Pete. I gatti sono fuori controllo e le tazze cadono a terra infrangendosi poco prima che l’acqua arrivi alle prese elettriche della sala provocando un corto circuito che lascia i presenti in un buio totale, intervallato solo dai lampi del flash della macchina fotografica di Mose, tra isteriche urla di panico.

“Vuoi che continui a riprendere?”. “Spegni quella dannata videocamera”.

Più tardi, dopo aver passato ore a cercare tutti i gatti nascosti nell’ufficio e a sistemare il disastro, Dwight alza i telefono. “Hey, hey! Jimoty Jim, bello lo scherzo dell’acquario: ho particolarmente apprezzato l’aragosta. Senti, Pam ha ancora il dipinto del nostro edificio? Me ne mandi una foto?“.