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Friends 1×01 – Quando la storia delle Serie Tv è cambiata senza saperlo

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Ogni mercoledì e ogni sabato sera, sempre alle 22.30, vi portiamo con noi all’interno di alcuni tra i momenti più significativi della storia recente e passata delle Serie Tv con le nostre recensioni ‘a posteriori’ di alcune puntate. Oggi è il turno della 1×01 di Friends.

Attenzione: evitate la lettura se non volete imbattervi in spoiler sul pilot di Friends

Correva l’ormai lontano 22 settembre del 1994, e la tv non sapeva che quel giorno sarebbe partita una rivoluzione. Una nuova sit-com si affacciava per la prima volta all’orizzonte con la messa in onda del suo pilot, senza grandi promesse di gloria: discrete ambizioni sì, ma nulla più. L’NBC, infatti, da tempo specializzata nella valorizzazione di un genere in cui è sempre stata una regina pressoché indiscussa, decise di puntare su un nuovo titolo da affiancare alle già affermate Willy, il Principe di Bel-Air e, soprattutto, Mad About You e la celebratissima Seinfeld, allora protagonista assoluta della tv statunitense in un tempo in cui stava dando il meglio di sé. Una sit-com dal titolo semplice e dal concept altrettanto essenziale: Friends, e basta. Amici che parlano di amicizie, amori e problemi empaticamente quotidiani, seduti in una caffetteria mentre affrontano il passaggio generazionale che accompagna dalla post-adolescenza alla vita adulta. Venti-trentenni, sorprendentemente simili a noi. Capaci di infrangere fin da subito le barriere dello spazio e del tempo per riportarci a noi e alla nostra di vita, in un’altra epoca. In un altro mondo, non poi così differente dal nostro.

Non lo sapevano. Ci credevano ma non lo sapevano. E così come succede a gran parte di chi ha in qualche modo scritto una storia ascrivibile alla Storia, quella con la “S” maiuscola, Friends si è così schiusa a un pubblico universale: ben targetizzato per una fascia d’età affine a quella dei suoi protagonisti, ma allo stesso tempo in grado di parlare con chiunque con la medesima forza anche a distanza di trent’anni. Pur con più di una criticità storicizzabile all’interno di una cornice circoscritta, eppure incapace di perdere in alcun modo la propria forza. Al punto da aver così definito un manifesto generazionale dal grande valore e aver inglobato nell’essenza di un decennio, gli anni Novanta, i vagiti di una serialità che ancora oggi si poggia a quella rivoluzione e alle linee guida di un’enciclopedia semiseria dei rapporti umani in una fase tanto delicata e complessa della vita.

Torniamo allora a una sera qualunque di ventinove anni fa per riscoprire l’importanza storica di un pilot che ha rappresentato, a posteriori, un vero e proprio spartiacque della televisione mondiale.

“The First One” non fu accolto molto bene, in un primo momento: il pubblico rispose tiepidamente all’appuntamento e non accorse in massa, mentre la critica si divise non poco nell’approcciarsi ad analisi e profezie che si rilevarono poi essere piuttosto distanti dalla realtà. A tal riguardo, vi suggeriamo un bell’articolo che Vulture propose nel 2014, in occasione del ventennale, con un’interessante raccolta delle principali recensioni che Friends ricevette al tempo della messa in onda del piloti: la sit-com mostrò fin da subito, con una rapidità e un dinamismo mai scaduti nella frettolosità, di che pasta fosse fatta, ma non potette mostrarlo a critici più maturi dall’approccio spesso paternalistico, accecati da preconcetti incompatibili con la fresca visione della nuova sit-com. Non assunse valore solo in relazione a quello che ha combinato nei dieci anni seguenti: fu efficace, originale e innovativa fin dal primo momento, seppure non in totale rottura col passato. Se da un lato, infatti, il genere si poggiava ancora ampiamente sull’utilizzo di dinamiche familiari rassicuranti e confortevoli, peraltro mai scomparse dal panorama comico televisivo, dall’altra erano già presenti all’epoca diversi esempi di uno storytelling incentrato in tutto e per tutto sulla costruzione di nuclei familiari atipici.

Si pensi per esempio, a Cheers, la sit-com regina degli anni Ottanta, in cui il contesto di un bar in cui “tutti conoscono il tuo nome” si era convertito in una rete di protezione più che associabile a quello di una famiglia, e ancora di più a una sit-com piuttosto connessa alla stessa Friends: Three’s Company, conosciuta in Italia col titolo “Tre cuori in affitto”.

La sit-com, in onda tra il 1977 e il 1984, viene omaggiata da Friends fin dall’episodio successivo a quello oggi preso in esame, il secondo in assoluto della serie, e non è un caso: Tre cuori in affitto, infatti, era incentrato su tre coinquilini, tre amici che avevano dato un senso diverso, più forte e a suo modo romantico, all’idea di amicizia in tempi ben meno maturi rispetto a quelli in cui Friends ha avuto la fortuna di poter prosperare. E sfata un falso mito che accompagna da sempre tante analisi legate all’importanza storica della sit-com più importante di tutti i tempi: fu sì rivoluzionaria ma attraverso strumenti solo in parte inediti. E in buona misura incentrati su fattori già presenti in altri titoli. Pur senza scomodare le timide affinità con la già menzionata Seinfeld, portatrice di una forma cinica d’individualismo dissacrante che di accomodante ha ben poco, o con un’atipica coetanea della serie, l’altrettanto straordinaria Frasier, è evidente che la vera spinta innovatrice della creatura di Marta Kauffman e David Crane non sia da ricercare nella sovversiva creazione di un nucleo familiare sui generis, bensì in un fattore più sottile che emerge con una forza dirompente, seppure naturalmente ancora acerba, fin dal pilot: l’innata empatia che si innesca immediatamente tra i protagonisti di Friends, tale da aver portato a una connessione fortissima col pubblico. Un pubblico che finisce per irrompere in scena, quasi fosse parte in causa delle vicende.

Sembra persino banale affermarlo oggi, in un futuro in cui abbiamo un’idea definita del fortunato destino di Friends, ma non lo è: fin dal pilot, nel misero spazio di venti minuti “aggrediti” da autori e cast con la voracità di chi aveva bisogno di dare fin dal primo momento il meglio di sé per nutrire la speranza di arrivare lontana, Friends è già la vera Friends. Dopo tre minuti, tre soli minuti, si ha già un’idea chiara di chi abbiamo di fronte: i protagonisti, componenti di una famiglia che trova in sé il porto sicuro che le loro famiglie originarie non avevano saputo offrire, sono già immersi anima e corpo nel cuore di una narrazione in medias res, ideale per attraversare la quotidianità attraverso due punti di rottura radicali – il divorzio di Ross e il matrimonio mancato di Rachel – e stabilire da subito le caratteristiche centrali di ognuno dei personaggi, scritti con una capacità totale di dare ogni riferimento al pubblico e innescare con esso un rapporto diretto che tracima nell’immedesimazione e nel desiderio viscerale di esser lì con loro. Semplicemente, perché ognuno di loro è in qualche modo uno di noi. Friends, allora, regala da subito battute importanti, fragorose risate senza tempi morti, una grande relazione sentimentale che segnerà, nel bene e nel male, la narrazione romantica dell’amore nella serialità comica, e la messa in luce del talento cristallino di un cast di semisconosciuti che sembrano essersi approcciati all’opportunità della vita con apparente naturalezza e una capacità di coesione rarissimamente vista nel cast di una serie tv.

Friends trova qui la sua forza. Una forza storica che arriva fino a noi, al nostro modo di essere oggi e di approcciarci alla serialità televisiva: ha parlato a una generazione oscillante tra i venti e i trent’anni con un linguaggio semplice, pulito, essenziale eppure fortemente identificativo, in cui è semplice ritrovarsi. Così come è semplice ritrovarsi nelle prove affrontate nel tempo da Monica, Chandler, Ross, Rachel, Joey e Phoebe, nel loro vissuto e nei rispettivi punti d’arrivo, figli di percorsi lineari che universalizzano concetti che vanno ben oltre lo scorrere dei decenni, all’interno di una cornice precaria che si sublima oggi in un mondo ancora più difficile per chi trent’anni li sta vivendo in questi anni. Nessun’altra c’era fin lì riuscita, e pochissime altre ci sono riuscite in seguito: poche hanno ritrovato la freschezza di Friends, una leggerezza che non rinuncia mai a un’implicita profondità mai fine a sé, e una capacità lucida di analisi generazionale che sembra aver assecondato l’alchimia creatasi tra chiunque abbia lavorato alla creazione di una delle opere televisive più significative di sempre.

Alla luce di tutto ciò, quel lontano 22 settembre del 1994 sembra essere oggi molto meno lontano. Un po’ più vicini a noi, newyorkesi d’acquisizione che sappiamo empatizzare e rifugiarci nelle logiche esistenziali di una generazione che aveva trent’anni trent’anni fa e che si racchiude quindi nell’età dei nostri genitori. Eccola quindi, l’importanza storica di Friends. Ecco perché Friends è diventata Friends. Perché è parte di noi e del nostro vissuto, al di là di qualunque legame nostalgico possa essersi instaurato o meno nel tempo. Ma no, forse no: forse il tempo non esiste davvero. Seppure rappresenti gli anni Novanta quanto pochissime altre creature possano venire in mente, Friends è ancora Friends persino oggi, in un’era che sembra rispondere a dinamiche tutte sue in rottura totale col passato. E basta una frase del pilot, una sola frase, per averne la conferma definitiva. Manco fosse un’aliena appena sbarcata sulla Terra, Rachel viene istruita da Monica a proposito della vita che vivrà da quel momento in poi con una massima che avrebbero potuto scrivere pure l’altro ieri: “Benvenuta nel mondo reale: fa schifo, lo adorerai”. Provate a darle torto, amici costretti a un’esistenza precaria senza più riferimenti di sorta: per fortuna, però, c’è anche Friends, nel 2023 quanto nel 1994. La versione più ottimistica e accogliente di un mondo reale sempre più soffocante: una rivoluzione, silente, che dopo aver cambiato la televisione ha finito per cambiare pure noi. Per una volta, in meglio.

Antonio Casu

La puntata 1×01 di Friends verrà raccontata, approfondita e analizzata anche giovedì sera 20 luglio 2023 alle 21.00 sul nostro canale Twitch: ci trovate sotto il nome hallofseries_com. Vi aspettiamo!