Attenzione: evitate la lettura se non volete imbattervi in spoiler su Friends.
Quando finiamo il liceo abbiamo all’incirca 19 anni. In quei tre mesi estivi prima dell’inizio di una nuova fase della nostra vita ci troviamo a dover prendere un’importante decisione, quella che (dicono) cambierà per sempre la nostra esistenza. La domanda a cui da piccoli rispondevamo ingenuamente: “Cosa vuoi fare da grande?” incombe minacciosa non appena le porte di scuola si chiudono. Ma ormai non possiamo più rispondere appellandoci alla nostra fanciullezza perché c’è una risposta più concreta da dare.
Allora scegliamo una strada tra le due principali davanti a noi: iniziare a lavorare oppure intraprendere un percorso universitario. Investendo quella decisione del potere di definire ciò che saremo per sempre. Poi però quel decennio in cui tentiamo di costruire noi stessi passa in fretta e al suo termine, quando ti ritrovi sulla torta quei due numeri spaventosi ti rendi conto che forse la tua vita non è andata esattamente come immaginavi.
Quel compleanno porta con sé l’inevitabile confronto con noi stessi ma soprattutto con la società e se non sei in possesso di alcuni requisiti specifici diventi un intruso da guardare con sospetto.
Avere 30 anni oggi non è facile (se ne parla qui) poiché a nessuno interessano i tuoi sogni custoditi nel cassetto se non sei stato in grado di realizzarli. Nessuno vuole sapere la causa dei tuoi obiettivi mancati. Vedono solo ciò che appare davanti ai loro occhi, un Joey Tribbiani con scarsi successi alle spalle.
Carriera, figli e matrimonio. Queste le tre skills fondamentali che ogni trentenne sembra dover necessariamente possedere. Le infinite possibilità racchiuse in “cosa vuoi fare da grande?” lasciano spazio alla raggelante consistenza sprigionata da “Che lavoro fai?”.
Non appena le tue orecchie odono quelle parole la lingua comincia ad attorcigliarsi, la gola si secca e la salivazione è azzerata. Così quando quella domanda arriva, in imbarazzo con lo sguardo basso e voce tremolante sussurri:
– Ehm lavoro come cameriera.
Quasi a vergognarti di quella risposta, e non dovrebbe essere così per alcun motivo.
– Perché non sei voluta andare all’università?
A quel punto il fumo ti esce dalle orecchie e cominci anche ad innervosirti un pochino.
– No veramente sono laureata.
Il tuo interlocutore sgrana gli occhi e non contento continua ad infilare il dito nella piaga.
– Scusa ma quanti anni hai?
Così scandisci la tua bella cifra tonda immaginando già la risposta e difatti quello prevedibilmente se ne esce con: “Non li dimostri affatto“.
E no così non vale. Non solo mi metti in una condizione di grande vulnerabilità ma addirittura l’umiliazione data da questa banale espressione potevi risparmiarmela. Ma la tortura non finisce qui. Mancano due elementi fondamentali all’appello di cui ancora non ti ha chiesto nulla.
Numero 1. “Sei sposata?“
Chiazze di sudore cominciano ad intravedersi sotto le ascelle visto che ormai non sei più una venticinquenne super profumata e pettinata. Ormai ogni emozione il tuo corpo la fa vedere e tu non puoi più controllarla quindi tanto vale rispondere senza sviare.
“Veramente no”
Numero 2. “Alla tua età non vuoi avere dei figli?”
Come se a 30 anni fosse fissata una scadenza temporale per realizzare determinate cose. Cosa succede dopo i 30 non è più possibile? Si guastano le ovaie, non si celebrano più matrimoni o cosa?! Che colpa ne ho io se gli unici uomini incontrati nella mia vita non volevano impegnarsi ed erano dei bambinoni. Alcuni addirittura scappavano non appena venivano a conoscenza della mia età. Proprio perché sembro troppo giovane quando in realtà non lo sono affatto. E poi io sogno l’amore, mica posso accasarmi con il primo Berry che capita solo per aver paura di restare sola e farmi mantenere! Fuggirei dall’altare in tre secondi.
Ecco perché quelle due cifre sono diventate un incubo e lo sono già da prima di raggiungerle. A 29 anni ha inizio l’odissea. Nonostante manchi ancora un anno a quel traguardo tutti i tuoi parenti e amici cominciano: “Allora cosa facciamo al tuo compleanno?”, “Dai compi 30 anni non vuoi festeggiare?” “Facciamo una festa tutti insieme”.
La stesse cose per un anno intero. 365 giorni di queste domande ripetute a cadenza mensile. Anzi quando il fatidico giorno del tuo compleanno si avvicina il ritmo aumenta fino ad arrivare ad una volta ogni tre ore più o meno. Io ad una settimana dal mio trentesimo non ne potevo più. Iniziavo la giornata con: “Buongiorno Ari allora hai deciso cosa fare per il tuo compleanno?” e andavo a dormire con: “Ma allora non vuoi fare niente? Neanche una festicciola?”
Basta. Dovevo inventarmi qualcosa per sopravvivere. Così decisi di fissare delle regole. Presi il telefono e scrissi un messaggio unico da inviare sul gruppo dei miei amici.
Regole per il mio trentesimo compleanno:
- Quel giorno è un giorno normale. Solo voi sapete della mia nascita quindi dimenticatelo. Niente messaggi di auguri, buon compleanno, gif animate, fiori all’improvviso e piccioni viaggiatori.
- Niente feste a sorpresa.
- Niente torte di compleanno, pasticcini, cornetti e pizzette.
La mia lancetta anagrafica si sposta di un anno, non dobbiamo per forza ricordarlo. Punto e invio.
Secondo voi bastò a placare le belve?
Assolutamente no. Ottenni esattamente l’effetto contrario.
“Ma dai è un traguardo importante. Davvero non vuoi fare niente? E’ un modo per stare insieme.”
E troviamo un altro giorno per stare insieme, dobbiamo starci proprio al mio compleanno! Ricordo quello della mia migliore amica in cui eravamo solo ragazze. La serata era iniziata con un pigiama party a base di film, pop corn e maschere di bellezza al cetriolo e si era conclusa con noi ubriache sul divano a chiederci perché i nostri ex ci avessero piantato. Una scena degna di un episodio di Friends.
Volevo evitare di cadere di nuovo così in basso.
Ma non mi ascoltavano e intanto il giorno dell’apocalisse si avvicinava. Mi alzavo dal letto in preda agli isterismi correvo in bagno e come una pazza squilibrata controllavo allo specchio se fosse spuntata qualche ruga. Passavo in rassegna i miei capelli ad uno ad uno per vedere se ce ne fosse qualcuno bianco.
Ogni mattina ripetevo la mia “sana” routine fino a quel fatidico giorno.
Mi svegliai e passai in rassegna il mio corpo. Viso, capelli, sedere moscio, occhiaie tutto era al suo posto, sul telefono neanche un messaggio. Bene. Alla fine avevano deciso di rispettare il mio decalogo di Rachel Green.
E così soddisfatta della realizzazione del mio piano andai a lavoro. 8 lunghissime ore di cappuccini, aperitivi e brioche.
Le mie amiche si sposano, fanno figli ed io faccio il caffè e non è neanche per me!
Friends – Rachel Green
Per tutto il giorno non arrivarono fiori, palloncini o caramelle. Non ci furono torte all’improvviso o consegne regalo inaspettate. Tutto era tranquillo, forse troppo. Un po’ mi dispiaceva. Si ok non volevo grandi gesti però un messaggino piccino, era pur sempre il giorno del mio compleanno. Melodramma alla Ross Geller, volevo fare l’indifferente ma in fondo mi dava fastidio essere ignorata. E invece niente. Il telefono non squillò neanche una volta.
E alla fine mi resi conto che quel silenzio fu il regalo migliore che potessero farmi.
Avevo raggiunto i 30 anni forse non esattamente nel modo in cui immaginavo da piccola né nel modo in cui i miei genitori speravano. Non avevo un marito, un fidanzato, non avevo figli né una carriera avviata, non facevo il lavoro dei miei sogni ma non m’importava. Non erano quelli gli elementi da festeggiare.
Perché quando si festeggia un compleanno non è l’età ad essere importante ma la persona. E organizzare una festa non serve solo a ricordare al festeggiato la sua importanza ma anche a ringraziare gli amici della loro presenza nella tua vita.
Così ripensai ai miei, quei poverini a cui avevo proibito di farmi gli auguri. E mi resi conto che anche se avevano un lavoro, una famiglia e dei figli, le loro paure al raggiungimento di quel traguardo erano state le stesse.
“Gli altri dovevano invecchiare non io!”
Friends – Joey Tribbiani
Quindi tutti quegli elementi imposti dall’esterno non facevano la differenza nella realizzazione della felicità.
Così presi una decisione e mandai a tutti loro un messaggio:“Torta e caffè da me”.
E ci siamo ritrovati lì, sul divano di casa. Insieme. Senza celebrare un momento particolare né festeggiare un giorno speciale. Semplicemente insieme. Con una tazza di caffè in mano pronti ad accogliere quel momento scandito da due cifre ma che di definito fortunatamente non ha niente.
Perché avere 30 anni non vuol dire raggiungere una serie di requisiti imposti da non si sa chi ma vuol dire fermarsi e accettare ciò che si è stati fino a quel tempo. Andare oltre la semplice apparenza. Prendere ogni elemento di te comprenderlo, assorbirlo e utilizzarlo come strumento per cominciare un nuovo percorso. Perché non c’è mai un tempo limite per diventare se stessi.
Io comincio dai miei amici e loro cominciano da me. Con accanto il mio Chandler Bing, la persona in grado di attraversare la superficie percependo i traumi passati di ognuno dato che lui stesso li ha vissuti in prima persona. Affiancata dal mio Joey Tribbiani, colui in grado di risvegliare e animare il lato fanciullesco di cui non bisogna mai vergognarsi. La mia Monica Geller a farmi da grillo parlante e a mantenermi coscientemente con i piedi per terra mentre Phoebe Buffay inneggia alla spensieratezza. Concludendo con un pizzico di egocentrismo Ross Gelleriano e qualche capriccio di Rachel Green: questa è la ricetta perfetta dei trent’anni di oggi.
Affiancati da noi stessi e costruendoci pezzo dopo pezzo accogliamo i nostri trenta. Fieri delle nostre insicurezze ed orgogliosi delle nostre poche certezze. Questo vuol dire crescere insieme. Questo vuol dire essere Friends.