Attenzione: evitate la lettura se non volete imbattervi in spoiler su Friends
‘The One With the Holiday Armadillo’ was fun! I mean, it was really fun. I hope to one day show my daughter that episode.
Divertente, davvero divertente. E spera un giorno di riguardare l’episodio con sua figlia. Parola di David Schwimmer, interprete per dieci stagioni di Ross Geller in Friends. A proposito di una delle puntate più ricordate della sitcom, una delle sue preferite. Una puntata natalizia, particolarissima. E profondissima, nella sua leggerezza. Stiamo parlando della decima della settima stagione, The One with the Holiday Armadillo (L’armadillo natalizio), in cui il suo personaggio si ritrova ad approfondire il rapporto col figlio Ben in un contesto gioioso e con un’esigenza pregnante, radicata dentro di lui: fargli scoprire e apprezzare le sue radici ebraiche attraverso la celebrazione della festa di Hanukkah. Niente di più complesso: il bambino, infatti, è ovviamente ultraconnesso col Natale, ignora l’esistenza della festività e non ha occhi per altri al di fuori di Santa Clause. Attende con impazienza l’arrivo di quell’omone barbuto di rosso vestito e Ross, determinato, cerca invece di attirare la sua attenzione e fargli apprezzare anche la cosiddetta “festa dei lumi”.
Come andò a finire, lo ricordano un po’ tutti: dopo aver dato vita a un irresistibile scenario comico con lui vestito da armadillo (i costumi da Babbo Natale erano finiti), Chandler vestito da Santa Clause (al quale Monica si mostra piuttosto interessata) e Joey vestito da Superman (perché sì), Ross riesce a catalizzare l’interesse di Ben, gli racconta la storia della festività ebraica, gli spiega perché sia tanto importante per il popolo al quale appartiene e conclude l’episodio con un’intensa scena in cui i protagonisti di Friends accendono una menorah. A distanza di ventidue anni dalla messa in onda, l’episodio è ancora attualissimo e non soffre in alcun modo per lo scorrere del tempo: l’improbabile costume indossato da Ross è sempre vendutissimo e beneficia oggi di una popolarità che per molti versi non aveva avuto manco nel 2000, riguardarlo almeno una volta all’anno non stanca mai ed è considerabile, da molti punti di vista, una delle migliori manifestazioni dell’immortale comicità di Friends, la sitcom delle sitcom. Una comicità mai frivola, seppur capace di non prendersi troppo sul serio. Intensa e capace di farsi carico di importanti responsabilità sul piano tematico, al momento giusto. Seriamente, mai seriosamente.
Ma perché parlare di questo episodio nel giorno della vigilia, a proposito di una serie tv che ha sempre dato il meglio di sé nelle puntate dedicate al Ringraziamento e ha faticato maggiormente nella valorizzazione del Natale? Perché The One with the Holiday Armadillo è una puntata natalizia nel profondo, senza essere in alcun modo natalizia attraverso i canoni ai quali siamo abituati. Come si è detto a proposito del pilot de I Simpson, le “fiabe” natalizie tendono a essere sempre piuttosto uguali a se stesse, rassicuranti, prevedibili, persino banali. E non è un problema, bensì un’esigenza: abbiamo bisogno di storie scritte così, in questo periodo dell’anno. Ma Friends ha saputo osare, non ci ha rassicurato con la solita storiella natalizia e ha vinto una sfida piuttosto complessa: ha parlato di una festività ebraica in un periodo storico in cui serie tv e film centellinavano ancora le rappresentazioni di esse. Quando lo facevano, oltretutto, lo facevano spesso in modi inappropriati, tradendosi all’interno di facili ed evitabili stereotipizzazioni. L’ha fatto senza monopolizzare l’attenzione sulla connotazione cristiana di questo periodo dell’anno, a differenza di quanto si faccia di solito nella stragrande maggioranza dei casi. Senza creare in alcun modo una contrapposizione culturale ma, al contrario, ricercando una sintesi che creasse un incontro, un abbraccio. Cosa c’è di più natalizio?
Le radici ebraiche di Ross vengono quindi fuori in un contesto che beneficia di una certa naturalezza e in cui la semplicità rappresenta un vero punto di forza, Ben si riscopre senza per questo rinunciare al suo Babbo Natale e il multiculturalismo interreligioso conquista uno spazio mediatico importantissimo e necessario all’interno di una sitcom che era già diventata il massimo riferimento del genere. Friends scrive così uno dei capitoli più gloriosi della sua gloriosa storia, anche se non mancarono (come sempre) le critiche nei confronti della gestione della puntata. Secondo qualcuno, invecchiato piuttosto male. Come evidenziato in un lungo articolo pubblicato alcuni anni fa sulla piattaforma Medium, alcuni puntarono il dito contro la presunta competizione innescata tra Natale e Hanukkah, mentre altri non apprezzarono la scelta musicale fatta per la conclusione della puntata (un brano tipicamente ebraico, ma non associato in senso stretto alla “festa dei lumi”), semplicistica come semplicistica sarebbe stata la rappresentazione degli “ebrei” nello show, oppure lo scarso minutaggio riservato al racconto della festa al grande pubblico: per alcuni, soprattutto in questo senso, si perse un’occasione.
Le critiche, nonostante tutto, erano piuttosto inevitabili perché il tema è fin troppo delicato e soggetto a molteplici sensibilità, ma al di là di ciò non si può non riconoscere a Friends il merito di aver offerto uno spazio del genere in un contesto del genere a un passaggio fondamentale della cultura ebraica, seppur fatto con grande essenzialità. Un omaggio non scontato di cui avevamo bisogno, fatto da una troupe composta in una buona misura da ebrei americani, e piuttosto avanguardista negli intenti. Con rarissimi seguiti anche negli anni successivi, più pronti a un approccio al Natale di questo tipo. Un episodio genuino e onesto, in alcun modo fuori contesto né offensivo, ma al contrario portatore di un messaggio fondamentale: il Natale non è una festività del quale qualcuno si dovrebbe appropriare, ma un momento d’unità in cui ognuno può rappresentare se stesso nella sua essenza. Attraverso la sua storia, la sua cultura e le sue radici, in armonia con quello che queste giornate possono significare per tutti.
Insomma, è un bene che l’armadillo natalizio di Friends sia ormai parte di noi, della nostra cultura, del nostro immaginario, dei nostri ricordi. Perché è uno di quegli episodi senza tempo, valido nel 2000 quanto possa esserlo nel 2022, in un anno in cui le barriere hanno creato un ulteriore solco tra le certezze che sembravamo aver acquisito e le ombre di una storia ciclica dalle troppe lezioni non apprese fino in fondo. Un anno in cui le divisioni hanno avuto la meglio sull’unità, e in cui anche la banale retorica può essere funzionale e riempirsi talvolta di contenuti fondamentali. Guardiamolo e riguardiamolo, allora. Senza aver paura di poter imparare qualcosa d’importante anche da una storia tanto semplice. E con la consapevolezza di chi la vivrà sempre in modo diverso, mentre i decenni scorreranno implacabili e invecchieremo tutti. Tutti, a eccezione di quel saggio armadillo.
Antonio Casu