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Diario di un detrattore di Friends che ha cambiato idea

Friends
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Oggi ragazzi ho deciso di fare coming out: vi dirò che non solo non avevo mai visto Friends prima di poco tempo fa, ma lo ammettevo anche con un certo orgoglio. Ho sempre pensato a Friends come a una sit-com qualunque, girata anche un po’ male e fonte di eccessivo fervore. Poi l’anno scorso ho vissuto un periodo difficile durante il quale ho ricevuto diversi consigli. Qualcuno mi ha suggerito di praticare un nuovo sport, qualcuno di fare un viaggio a Lourdes, e qualcun altro di iniziare a vedere Friends. Di una cosa ero certa: avevo un gran bisogno di ridere, e così ho pensato di dare ascolto all’ultimo consiglio. Beh! Io il mio periodo difficile l’ho superato grazie alla volontà di uscirne ma di una cosa sono certa.

Ricorderò sempre quei mesi come quelli in cui ho curato la mia anima a colpi di tenacia ed episodi di Friends.

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Non avrei mai creduto di entrare a far parte di quel fandom che fino a poco tempo prima mi sembrava osannasse una serie tv con ragioni inconsistenti. Eppure, eccomi qui nei panni della fan pentita. Avete mai sentito parlare di quanto Friends sia una serie curativa per i momenti di sconforto? A me è stato detto più volte, e non credevo davvero a questa definizione fin quando non ho iniziato a vederla. Ho scoperto così che Friends ha davvero un potere curativo. L’ho analizzata a fondo per capirne le ragioni intrinseche (un modo alternativo per dire che sono già al terzo rewatch). In fondo di comedy molto divertenti ce ne sono tante. L’erede diretta How I Met Your Mother, The Big Bang Theory, Brooklyn Nine-Nine, per citare alcune delle migliori. Eppure Friends ha qualcosa di diverso, un magnetismo capace di catturarti nel profondo e farti sentire in una sorta di universo parallelo.

Friends sa tenerti compagnia come se trascorressi davvero il tempo della visione sul divano di Monica Geller.

Il fascino senza tempo di questa serie ha ammaliato un’intera generazione e riesce a farlo tutt’oggi con le nuove per ragioni ben precise. I ventenni e i trentenni degli anni ’90 si riconoscevano in quel gruppo perché rivedevano in essi le loro tribolazioni quotidiane con gli amici, con il lavoro, con l’amore. I ventenni e i trentenni di oggi, invece, rivedono in essi la nostalgia di un’epoca ormai andata ma che sono in grado di ricordare ancora chiaramente in quanto trascorsa appena ieri. I nostri fratelli maggiori riconoscevano nei protagonisti la confusione generazionale in atto in quegli anni. Noi invece grazie a Friends riassaporiamo i tempi in cui ascoltavamo audiocassette nel Walkman e incontravamo gli amici al bar senza massacrare di messaggi il gruppo di Whatsapp. Rivediamo il passaggio da un’era a un’altra. Da quella di Blockbuster a quella dei primi telefoni cellulari.

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Friends riesce a farci percepire il passaggio generazionale vissuto a cavallo del decennio nel quale è andata in onda attraverso piccoli ma significativi dettagli.

La moda, gli usi, la musica. Riconosciamo quel passaggio nel taglio di capelli portato da Monica e Rachel, nei pantaloni larghi a vita alta diventati poi stretti e a vita bassa. E quel sentimento nostalgico ci riporta a casa, alle nostre radici, al ricordo di tempi che magari non abbiamo neanche vissuto, o vissuto appena. Ci coccola nell’idealizzazione di rapporti umani che, con molta probabilità, neanche esistono. D’altronde Friends è nata in un’era in cui le serie tv facevano questo: idealizzavano realtà impossibili per trasportare lo spettatore in una dimensione parallela che gli facesse dimenticare per venti minuti la propria vita. Uno stile che oggigiorno non funzionerebbe proprio perché troppo “finto”. All’epoca si guardavano serie tv perché si voleva sta’ senza penzier.

E una serie come Friends funzionò vent’anni fa in quanto esperimento meglio riuscito di quello stile. E funziona ancora oggi in quanto lascito più significativo delle comedy di quei tempi.

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Chi ha visto BoJack Horseman ricorderà forse il momento in cui Diane spezza una lancia a favore di Horsin’ Around. “Da bambina mi sentivo sola a casa, ma per venti minuti al giorno potevo sognare di avere una famiglia come quella di Horsin’ Around, e così sentirmi meglio”. È un po’ ciò che proviamo noi guardando Friends. Non importa quanto soli e depressi ci sentiamo, quando guardiamo un episodio di questa serie, in quei venti minuti possiamo sognare cose meravigliose. Possiamo far finta che le amicizie siano indissolubili, che i torti vengano sempre perdonati, che ci sia sempre almeno una spalla su cui piangere. Possiamo sognare che i veri amori esistano e siano perfettamente equilibrati come quello di Monica e Chandler, o eterni come quello di Ross e Rachel. Per venti minuti possiamo far finta che anche una vita ordinaria possa essere epica quanto quella dei protagonisti.

Il grande potere di Friends risiede nell’abilità di non farci sentire soli, non fisicamente, ma come esseri umani.

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Il rapporto che lega i sei ragazzi di New York è raccontato in modo superbo nella sua mescolanza di semplice quotidianità e perfetto equilibrio delle loro personalità. Tanto da farci sentire inclusi, perché nell’affiatato gruppo di Friends c’è posto per tutti. Per un bello ma “pretty dumb” come Joey. Per una ragazzina viziata che sa crescere e cambiare come Rachel. Per un intellettuale pedante ma affidabile come Ross. Per una cellula impazzita come Phoebe. Per un’insopportabile ma sempre presente Monica. E per un tormentato ma divertente Chandler. Le stranezze nell’universo di Friends non sono solo le benvenute, ma sono viste come una ricchezza. Certo, magari ci si fa del sarcasmo su, ma sono accettate senza se e senza ma.

Friends ci insegna la tolleranza, la capacità di andare oltre, di amare qualcuno incondizionatamente e perdonare senza chiudersi nel proprio orgoglio.

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Sicuramente lo fa andando spesso oltre l’umana razionalità, ma è proprio quell’idealizzazione a regalarci per un attimo la speranza che i rapporti umani possano essere davvero così. Ci riscalda il cuore con la sensazione di farci sentire inclusi in un mondo parallelo.

È nella capacità di combattere con semplicità la nostra solitudine che risiede il famoso potere curativo di Friends.

Ed è un’aura che si estende andando oltre le semplici gag (che restano comunque divertentissime). Perché con Friends possiamo ridere a crepapelle durante il travaglio di Janice o la storia del viaggio a Barcellona di Joey, ma riusciamo a portarci dietro quel sorriso anche a fine puntata dopo i titoli di coda, come un rilascio graduale di serotonina. E credo di poter parlare a nome di qualunque fan della serie quando ringrazio dal profondo del cuore chiunque ci abbia regalato una storia tanto speciale con la propria penna. Chiunque tu sia voglio dirti solo una cosa:

“How you doin’?”