Quando vidi per la prima volta il finale della sesta stagione di Friends non avevo mai amato. Ero dominato dall’irreale convinzione, anzi, dalla certezza che non avrei mai amato. Che sarei passato stancamente da una relazione all’altra, vivendo l’eccitante sensazione di novità per poi spegnermi nel grigiore dell’inevitabile monotonia. Quando vidi la 6×25 di Friends non credevo nell’amore. O quantomeno ero fortemente disilluso.
Per un cospicuo lasso di tempo della mia adolescenza e della prima maturità, Friends mi ha accompagnato nella quotidianità. La semplicità e l’immediatezza delle vicende di quel gruppo di ragazzi mi offrivano un rifugio dall’instabilità della vita e dal nichilismo dell’esistenza. Friends rappresentava l’illusione di poter credere che in un universo parallelo le cose alla fin fine sarebbero andate bene e che tutto si sarebbe ricomposto. La certezza di una stabilità finale.
Non importava cosa fosse accaduto durante la giornata, in quel momento, nell’istante in cui Ross, Monica, Chandler, Phoebe e Rachel spuntavano sullo schermo il mondo scompariva alle mie spalle e tutto diventava più semplice. Ma la vita non è semplice e Friends sarebbe rimasto solo un’illusione auto-indotta, una mera distrazione dalla realtà se non avesse restituito dell’altro.
Qualcosa che una semplice comedy non avrebbe mai potuto trasmettere.
Lo confesso, ho sempre avuto un debole per Monica. In lei vedevo riassunta la dolcezza di una ragazza unita alla fermezza dell’esser donna. Nelle sue nevrosi riconoscevo i miei tarli mentali e nelle sue preoccupazioni le mie angosce. Così come nella cinica ironia di Chandler non potevo che veder rispecchiato quello scudo protettivo dietro cui anch’io mi nascondevo. La sua irrefrenabile immaturità che si accavallava e trovava espressione nel bambinesco candore del rapporto con Joey era l’immaturità in cui per sempre avrei voluto vivere. Libero da responsabilità ed eternamente sottratto al peso della società.
Ma sentivo che in Chandler qualcosa stava cambiando. Che, nel corso della quinta stagione di Friends, il vecchio Chandler stava venendo meno. Ero contrariato, deluso, stizzito per il fatto che quella comedy mi tradisse così. Che permettesse che uno dei personaggi più riusciti alterasse la sua personalità. Che venisse a “ingentilirsi” nei modi. Continuai a pensarla così finché non mi confrontai con il finale della sesta stagione.
In quell’episodio, in quel finale scoprii il senso ultimo e disturbante di qualcosa che non conoscevo.
Lo ricorderete: Chandler aveva in mente di dichiararsi a Monica, di farle la proposta. E perché il tutto apparisse inaspettato cercava di depistare la sua dolce compagna professandosi fermamente contrario al matrimonio. Così il dubbio si instilla in Monica. Il dubbio che fa, amaramente, anch’esso parte dell’amore. Perché non esiste amore senza incertezza. Non esiste profondità di sentimento senza possibilità di dubitare. Perché dal dubbio e dal superamento di quel dubbio nasce la fiducia e l’una non sarebbe possibile senza l’altro. Sarebbe altrimenti inevitabile amare, una costrizione alla quale non potremmo sottrarci.
Ma amare significa scegliere di amare, avere fede, credere nella possibilità di un lieto fine e superare i dubbi della quotidianità. Monica si confronta con quelle incertezze. Con le angosce e le debolezze che non ci abbandonano mai. Neanche nei sentimenti. È combattuta tra l’immagine di un uomo che ama e la visione di un futuro che sembra venir meno. Un’immagine di famiglia che Chandler non sembra poterle donare. Torna da Richard, dalla persona che più di ogni altra aveva sentito di poter amare. In lui c’è l’immagine della stabilità, della sicurezza economica e della maturità. Della certezza di poter costruire un nucleo familiare.
Da un lato l’immaturità di Chandler, dall’altro la figura paterna e rassicurante di Richard.
Monica si scopre combattuta tra l’attualità di un amore inaspettato e naturalissimo ma forse ancora acerbo e il desiderio di un futuro fatto di certezze concrete. Prima della casualità di un momento di debolezza vissuto a Londra, mai avrebbe creduto di poter trovare in Chandler qualcuno da amare. Perché quella maschera di cinismo e sarcasmo le restituiva un uomo molto distante dall’immagine di marito e padre. Ora quella visione dell’immaturo, instabile e inaffidabile Chandler torna a farsi prepotentemente largo. Il dubbio l’assale e la getta nella confusione.
Dalla sua, Chandler inconsciamente, con i suoi atteggiamenti, tenta di sabotarsi il futuro. Ripiomba per un’istante nel suo mai del tutto sopito infantilismo, seppur del tutto involontariamente. Gioca con i dubbi di Monica, li alimenta. Tira all’estremo la corda. Una parte di lui, forse, sibila al suo orecchio che non sarà all’altezza, che è meglio nascondersi dietro atteggiamenti clowneschi piuttosto che esporsi alla nudità del sentimento. Dietro certe sue frasi contro il matrimonio sembra potersi leggere una convinzione latente. Un’implicita legittimazione di quelle parole. Come se in un recesso segreto della sua personalità qualcosa spinga perché il vecchio Chandler abbia la meglio.
Tanto Monica quanto Chandler, più o meno coscientemente, vivono nel dubbio.
E quel dubbio si alimenta delle insicurezze e dell’affiorare dei difetti di entrambi. Ma qualcosa ha la meglio. Qualcosa si staglia al di sopra dei timori di Monica e della puerilità di Chandler. Quel qualcosa è, appunto, l’amore. In quell’immagine dell’autentico, vivido e naturalissimo amore c’è la vittoria della fede sul dubbio. Della speranza sul nichilismo. Dell’illogicità di un’emozione sulla razionalità del calcolo.
Uno di fronte all’altro, Monica e Chandler si confrontano con se stessi. Si mettono a nudo smantellando ogni costrutto sociale e luogo comune. Monica in ginocchio inizia la proposta di matrimonio che l’emozione le impedisce di portare a termine. Così Chandler si abbassa e continua e completa le parole di Monica. In quella scena si staglia l’amore più grande. L’amore che non ammette disparità. L’amore che “tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta”. Che ti fa abbassare per l’altro, rinunciare all’orgoglio e alle convenzioni. L’amore che ti arricchisce delle parole che non hai la forza di pronunciare. Che ti accompagna nelle debolezze e vince le paure.
In quell’istantanea di Chandler e Monica, indelebilmente impressa nella mia mente, c’era qualcosa di incredibilmente autentico.
Qualcosa capace di confrontarsi con il timore di una vita incerta e caotica. Per la prima volta Friends mi restituiva la consapevolezza di non poter vivere nel ventre protettivo di un mondo irreale. Per la prima volta una comedy ci chiamava alla vita. Ci chiedeva di confrontarci con noi stessi, con le nostre paure e difficoltà lottando per i nostri desideri.
Per molto tempo ancora non avrei potuto sperimentare quell’amore folle e disperato carpito nell’attimo di un’immagine. Ma da quel momento seppi con certezza che avrei lottato per quel sentimento quando l’avessi incontrato. E che mai più avrei preferito rifugiarmi nella comoda certezza di un mondo fittizio piuttosto che vivere la complessità e la bellezza insensata di una realtà fatta di gioie e dolori, fallimenti e vittorie. Ma anche e soprattutto, con un po’ di fortuna, di amore.
A te che ogni giorno mi aiuti a lottare contro le mie debolezze donandomi la forza di credere nell’amore.