Da Friends a Space Force, il mondo è cambiato. La voglia di ridere no
Old is gold, direbbe qualcuno. Perché quel che è vecchio vale oro, ieri come oggi. Questione di percezioni, ancora più che di valutazioni oggettivamente valide: il tempo tende spesso a levigare i difetti ed esaltare oltremisura i pregi, rafforzando l’idea che le belle cose di una volta siano sempre più preziose di quelle dei giorni nostri. Vale per tutti, vero o falso che sia. E un po’ per tutto, incluse le serie tv.
Sorprende, in parte: lasciatici alle spalle la golden age, il mondo seriale è cambiato. Si è evoluto, si è allargato, è letteralmente esploso. Riflesso nella bellezza di un quindicennio abbondante di produzioni qualitativamente eccelse che hanno donato al mondo delle serie tv una dignità artistica mai riconosciuta in precedenza, ha invaso le nostre vite con una marea di titoli.
Una distesa sterminata con migliaia di nuove serie che anno dopo anno hanno preso il sopravvento in ogni nostro schermo, accompagnandoci per sempre più tempo. Ovunque ci giriamo c’è una nuova serie da guardare, una nuova avventura nella quale immergerci, un nuovo personaggio da odiare o amare con la medesima intensità. Per piangere, avere paura, perdere il fiato o ridere. Ridere, già. Per rilassarci in un porto sicuro, con amici affidabili.
Ma chi sono questi amici? Con chi abbiamo voglia di passare venti minuti in relax dopo una giornata stressante o mentre pranziamo? Ignoti neo-arrivati dalla storia fresca da raccontare? No, o almeno non sempre. Chi cerchiamo più di ogni altro è l’amico storico. Il grande classico, il nome intramontabile. Perché passano gli anni, cambiano le serie tv, ma ci rifugiamo sempre nelle solite vecchie comedy. Oggi nello stesso modo in cui si faceva venti o trent’anni fa. Come mai?
La domanda nasce spontanea, e l’affermazione è solida: è possibile che nel mare magnum con migliaia di nuove serie tv ogni anno produzioni come Friends, How I Met Your Mother, Modern Family o The Big Bang Theory siano sempre in cima alle classifiche e non accennino a cedere il passo? Passino le ultime due, finite recentemente. E capiamo anche la seconda, arrivata al traguardo sì e no l’altro ieri.
Ma Friends? Perché una sitcom iniziata nell’ormai “remoto” 1994 e conclusa nell’altrettanto lontano 2004 (16 anni fa, un’infinità di tempo), massacrata ai giorni nostri da una critica più o meno lucida per una comicità ormai considerata da qualcuno “desueta” e spesso persino offensiva”, è comunque amatissima dal pubblico e settimana dopo settimana è ancora tra le più viste nel mondo in ogni fascia d’età?
Perché ci sono milioni di persone che pagano un abbonamento a Netflix o Amazon Prime Video per fare lo slalom tra i nuovi titoli e aprire sempre (e spesso solo) la schermata di una comedy proveniente da un’altra epoca, vista e rivista al punto da poter recitare ormai a memoria ogni battuta? Perché è bellissima, innegabilmente. Quanto sono bellissime Seinfeld, How I Met Your Mother, Tbe Office o poche altre. E perché l’effetto nostalgia, soprattutto tra i meno giovani, è sempre molto impattante.
Ma questo è sufficiente per motivare il fenomeno? No, non lo è. Perché i punti di forza dei vecchi leoni rappresentano allo stesso tempo i punti deboli dei nuovi rampolli della serialità, e soprattutto perché sono mutati gli obiettivi e le finalità creative. Anche se questo non significa necessariamente che le comedy d’ultima generazione siano nel complesso meno valide e degne d’attenzione delle serie storiche.
Entriamo nel dettaglio, partendo da due presupposti: ovviamente il discorso non vale per tutte le sitcom ora in onda, e ovviamente non riguarda il panorama seriale nella sua globalità. Ogni regola, d’altronde, ha la sua eccezione, e in questo caso l’eccezione ha un nome altisonante: Brooklyn Nine-Nine. Una serie leggerissima e divertente, capace negli anni di conquistare un pubblico sempre più importante, superare addirittura un’ingiustificabile cancellazione ed essere oggi la sitcom di riferimento, arrivando all’ottava stagione senza mostrare il benché minimo segno di stanchezza.
L’unica vera sitcom, un classico prima ancora di avere l’età per essere considerato tale. Stessa considerazione per il panorama globale evocato in precedenza, perché Brooklyn Nine-Nine non è certo l’unica vera sitcom in giro in questo momento. Ma è l’unica ad aver conquistato un pubblico di massa davvero imponente in tutto il mondo, andando oltre la cerchia più o meno ampia entro la quale sono racchiuse le altre perle del genere.
Questo significa quindi che il genere sia superato? O che non ci siano più autori in giro capaci di strapparci una risata come facevano Marta Kauffman e David Crane ai tempi di Friends? No, decisamente no. Ma la prima considerazione è in parte vera. Perché è semplice confondere le sitcom con le comedy, e non sempre i due generi si sovrappongono nella stessa serie tv. E le comedy, da How I Met Your Mother in poi, hanno decisamente avuto la meglio. Cambiando le regole del gioco.
Le sitcom sono in qualche modo sopravvissute, hanno portato avanti il genere anche negli ultimi anni, ma ora sembrano essere in via d’estinzione a seguito di un ricambio che allo stato attuale non ha ancora dato veri eredi a The Big Bang Theory o Modern Family. Cambiano le esigenze, cambia il pubblico e persino uno stesso autore intraprende strade alternative. Basti pensare alla appena citata Kauffman, passata da Friends all’altrettanto geniale Grace and Frankie. Oppure a Greg Daniels, deus ex machina del The Office statunitense passato poi a produzioni diversissime come Upload e Space Force.
È un problema? No, se il risultato è Grace and Frankie. Ma anche Upload o quella perla indimenticabile di The Good Place. Perché le risate non mancano, per niente. E oltre alle risate c’è molto di più. Ma diventa tale se si parla invece di Space Force, emblema ed elemento chiave della nostra analisi. Per un motivo semplice: vorrebbe far ridere, ma non lo fa praticamente mai. Vorrebbe essere leggera, ma non lo è fino in fondo. Vorrebbe far riflettere, ma anche qua l’obiettivo non è centrato.
Succede quindi che una produzione ambiziosissima con dei giganti in gioco abbia fallito l’appuntamento col grande pubblico e a distanza di un mese abbondante dallo sbarco su Netflix sia ancora a rischio cancellazione dopo una sola stagione.
Succederà? Forse sì, forse no. E se si chiudesse qui la sua avventura, si trasformerebbe in qualche modo nel contraltare ideale di una delle sitcom più importanti di tutti i tempi: Seinfeld. Una serie che parlava dichiaratamente del nulla e in cui non succedeva quasi niente. Leggerissima, senza il benché minimo sottotesto o definizione introspettiva dei personaggi. Una serie terribile, se qualcuno si fermasse a questo. E invece è tutto il contrario, per la più banale delle motivazioni: fa morire dal ridere e ti riconcilia con la vita, anche a distanza di 30 anni.
Ecco quindi il punto, ed ecco perché Friends sarà sempre più vista di produzioni rivedibili come Space Force o anche straordinarie come Grace and Frankie: le comedy si stanno dimenticando di dover far ridere, prima di tutto.
Ci riescono anche oggi, e a seconda dei gusti dei singoli spettatori il volume delle risate è più o meno significativo, ma non è più indubbiamente l’unico obiettivo. Nel passaggio dalle sitcom pure alle comedy alla Friends e, soprattutto, a quelle che spesso sforano nel terreno promiscuo delle dramedy che necessitano di avere una trama orizzontale solida, sottotesti significativi e una definizione più forte di personaggi e dinamiche, si è persa tanta leggerezza. Con risultati alterni: se da una parte abbiamo due capisaldi del genere del calibro di Scrubs e How I Met Your Mother, capaci di divertire e far piangere con la medesima intensità, dall’altra abbiamo tanti, troppi prodotti che hanno ceduto il passo oltremisura alla paura di essere troppo leggeri. Ieri, e ancora di più oggi.
Risultato finale? Messi di fronte a un’infinità di scelte possibili, nella ricerca di un momento di vero relax ci rifugeremo sempre nelle vecchie certezze. Ci abbandoniamo ancora tra le braccia di quella stralunata di Phoebe, ci districhiamo nell’odissea sentimentale di Ross e Rachel, ridiamo di gusto per le assurdità di Joey e Monica o il cinismo disilluso di Chandler. Guardiamo Friends, insomma. Per l’ennesima volta. Per sentirci più leggeri e spegnere davvero il cervello. Un po’ come facciamo con Brooklyn Nine-Nine e poche altre, meravigliosamente poco impegnative senza mai essere in alcun modo frivole, superficiali e prive di alcun spunto di riflessione. Profonde, senza aver bisogno di scavare a fondo. Perché old is gold, è vero. Ma non tutto quel che è nuovo è meno bello. È solo diverso, nel bene e nel male.
Con la speranza che le sitcom ritrovino la centralità di un tempo e si affianchino alle comedy d’ultima generazione, noi speriamo in un’ulteriore evoluzione e in un’originale riscoperta del genere. E che ogni tanto, tra una riflessione e l’altra, si ritrovi la volontà di prendersi un po’ meno sul serio.
Ne avremmo un gran bisogno, non credete?
Antonio Casu