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Olivia e Peter, un amore semplicemente scientifico

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Fringe non necessita di particolari presentazioni, anche se nel panorama televisivo attuale rappresenta ancora un gioiellino ingiustamente sottovalutato. Eppure basterebbero i tre nomi di punta del cast di questa serie tv FOX a farci cambiare idea: un incredibile John Noble nei panni dello stralunato e geniale Walter Bishop, Joshua Jackson come interprete del figlio Peter Bishop, e Anna Torv con la divisa dell’agente FBI Olivia Dunham. Ormai sono trascorsi 10 anni dall’ultima puntata della serie tv di J.J. Abrams, ma Fringe continua a rimbalzarmi nella testa nei momenti più assurdi della mia esistenza.

Infatti, in una delle tante pause da quel caos sconnesso che è la vita, fissando un muro bianco, mi sono ritrovata a pensare che la paura è un sentimento altamente sottovalutato: è un campanello d’allarme in situazioni preoccupanti, ma è anche un sentimento che ci solletica la mente prima di compiere un passo importante. Se siamo audaci abbastanza da spingerci oltre la linea di confine che delimita la nostra zona di comfort, troveremo una nuova versione di noi stessi, ma il risvolto della medaglia è sempre la sottile paura che ci impedisce di dormire a un passo dal cambiamento. Non è alla portata di tutti, ma è sicuramente alla portata di Olivia Dunham e Peter Bishop in Fringe. D’altronde, l’ardire di superare i limiti è il senso stesso di Fringe, serie tv che porta le firme di J.J. Abrams, Alex Kurtzman e Roberto Orci, e che può ormai definirsi la vera erede di X-Files, a tutti gli effetti regina del genere Sci Fi.

In questa serie, oltre le barriere dell’ordinario, si staglia la vita in tutte le sue innumerevoli sfaccettature, e la distanza tra scienza e sentimento si assottiglia sino a diventare quasi invisibile.

Come il classico preludio a un viaggio non convenzionale, guardiamo Fringe con la convinzione di vedere una semplice serie sul paranormale, e ci ritroviamo spettatori inconsci di una meravigliosa storia d’amore.

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Peter Bishop e Olivia Dunham – Fringe (640 x 360)

D’altronde l’amore è uno dei più grandi misteri dell’esistenza, è il calore atipico che ci avvolge e ci colora le guance. Non possiamo controllarlo, così come non possiamo controllare la vita. Allora non ci resta che godercela, alla costante ricerca di un nuovo confine da superare. In fin dei conti si tratta di una reazione chimica, è la scienza stessa che fa l’occhiolino ai sentimenti. È Olivia Dunham che trova l’altra metà della mela in un universo lontano senza neanche saperlo, ed è Peter Bishop con la sua costante sensazione di sentirsi fuori posto ovunque. Perché alla fine il mondo è solo un altro confine che Fringe si propone di superare. J.J. Abrams è consapevole di avere un catalogo sconfinato di follie a portata di cinepresa e ogni volta ne approfitta per trasportarci con sé nei deliri del suo genio.

Un genio che è scienza e romanzo, filosofia e vita. Olivia Dunham e Peter Bishop in Fringe sono la bellezza dello straordinario, la rivincita di chi conosce le regole e vuole crearne di nuove.

Fringe (640 x 360)

Fringe annoia gli statici e risveglia l’animo di chi non riesce a stare fermo, proprio come Olivia e Peter che si riconoscono nella loro diversità e la abbracciano anche quando entrano in collisione, o quando il dolore della perdita diventa un macigno troppo pesante per essere sollevato. La loro relazione sfida le leggi del tempo e dello spazio, sconvolge l’ordinario scrosciare degli eventi, finché anche la scienza si inchina al loro cospetto. In tutto questo, la cosa straordinaria è che la coppia continua a sembrarci perfettamente ordinaria, come la speranza concreta di poter trovare un amore della stessa portata anche tra le strade tortuose della nostra stessa esistenza.

Il loro è un amore perfettamente e semplicemente scientifico. Anche se di perfetto e di semplice non ha assolutamente niente, ed è questo che lo rende unico nel suo genere. Allora comprendiamo anche un po’ il senso della paura nelle sue diverse accezioni. Percepiamo la bellezza del riscoprirsi, e la consapevolezza di quanto possa far male quella voragine infinita che ci squarcia il petto quando perdiamo una persona importante. In quel momento, prima di mettere il piede fuori dal confine della quotidianità sappiamo che l’amore costerà rinunce, le stesse che scorgiamo tra le righe stilizzate di un tulipano su un foglio bianco, o tra le crepe inevitabili che vengono a formarsi tra due universi in collisione. A quel punto ricerchiamo quasi quel senso di spaventosa incoscienza, ci stuzzica e ci incuriosisce allo stesso tempo. D’altronde da Fringe abbiamo imparato che la vita è meglio viverla che guardarla da lontano come apatici osservatori.