Portare l’horror al cinema, quello davvero buono per intenderci, non è cosa banale. Anche se ultimamente, soprattutto in questa seconda metà del 2024, sono usciti dei titoli davvero da 30 e lode che hanno decisamente ridato dignità al genere. Considerate, però, che ancora più difficile è portare l’horror nelle serie tv. Non è per nulla banale, infatti, adattare una storia del terrore in un formato che, per sua natura stessa, non è finito e limitato nel tempo. I casi più riusciti, di solito, sono infatti le miniserie. Produzioni di durata limitata che possono così concentrarsi interamente sulla storia e sui personaggi, approfondendo gli uni e gli altri in maniera coerente e senza sbavature. Il caso più evidente degli ultimi anni? “The Haunting of Hill House“, ca va sans dire. A Mike Flanagan va il merito e i nostri più sentiti ringraziamenti di fan, di aver reso l’horror quality material per la televisione. Ma andiamo avanti, perché è di From che parleremo oggi.
Come in letteratura ci aveva già pensato Stephen King, anche Mike Flanagan utilizza l’horror come mezzo e non come fine. Il suo focus rimane sempre e solo l’animo umano e come questo si adatti, modelli e trasformi di fronte al paranormale. Un paranormale che diventa, soprattutto, specchio degli orrori interiori e dei vizi e delle miserie dell’essere umano. From eredita questa importante lezione, ma non solo. C’è un altro caposaldo televisivo, stagionato ma ancora arzillo, con il quale non si può che mettere a confronto: “Lost”. E per chi non lo sapesse, i produttori sono gli stessi. Un motivo in più per cui dovreste decisamente recuperare From.
In From il mistero è alla base di tutto.
Una famiglia in vacanza è costretta a deviare dalla strada principale e si ritrova in una strana cittadina dove, di notte, escono dalla foresta delle terrificanti e voraci creature. La famiglia non è l’unica a essere finita in questo posto da incubo e nessuno dei sopravvissuti sa come andare via. Si, pensiamo esattamente la stessa cosa. From (e che potete recuperare sul catalogo Paramount+ qui) è effettivamente la commistione tra un’opera di Stephen King e la cara, vecchia Lost. C’è un po’ di tutto di entrambi: paura e orrore nel primo caso, mistero e ruoli femminili discutibili nel secondo.
Il più grande punto in comune rimane, senza ombra di dubbio, l’attenzione riservata ai personaggi. Dove sono finiti? Chi sono? Quali legami li uniscono? La vera narrazione di From ha inizio proprio nel momento in cui la comunità occupa la scena e la sceneggiatura. Nei dialoghi tra i personaggi e nella caratterizzazione dei singoli risiede il più grande punto di forza di una serie tv che, alla sua terza stagione, non può davvero permettersi di sbagliare.
Nel mondo di From, Donna si presenta come una figura che sembra dominare l’ambiente circostante, respingendo ogni segno di debolezza con la stessa determinazione di uno spaventapasseri che allontana i corvi.
Donna è una delle colonne portanti della comunità bloccata nella misteriosa cittadina di From. La sua leadership, spesso in netto contrasto con quella di Boyd, si fonda sull’idea della giustizia equa, del pragmatismo e del lavoro sociale. Il suo compito risulta, fin da subito quella di tenere insieme la casa coloniale, il secondo luogo in cui i sopravvissuti trovano rifugio. Il rifugio rappresenta un’alternativa a un sistema organizzato. Donna si erge a guida, una sorta di matriarca che non si piega di fronte alla paura e che non permette mai che la libertà degli abitanti della casa si tramuti in caos. Tuttavia, il suo modo di affrontare le difficoltà non lascia spazio al sentimentalismo. Spesso appare brutale, quasi insensibile, come se considerasse le emozioni una debolezza da evitare.
Eppure è davvero così? È possibile che sotto la scorza dura di Donna in From si nasconda una vulnerabilità altrettanto profonda?
L’apparente invulnerabilità di Donna solleva un quesito più che lecito sul personaggio. Donna combatte contro il mondo o contro se stessa? La sua determinazione a sembrare forte potrebbe essere un meccanismo di difesa, un modo per non lasciare che il terrore e il dolore la travolgano. Ed effettivamente è proprio quello che sta emergendo dalla terza stagione, di cui ci aveva già messo in guardia la sua interprete Elizabeth Saunders. La prima volta che conosciamo Donna ci rendiamo conto di trovarci di fronte a una figura decisamente meno “morbida” rispetto a Boyd. Per lei le zone di grigio esistono poco o nulla e il bisogno di regole precise e ferree determina la differenza tra la vita e la morte. Gli abitanti della casa coloniale possono discutere e litigare, ma non devono mai dimenticare il nemico più grande che abita nel fitto del bosco.
Vivere giorno per giorno.
Potrebbe riassumere così il mantra che Donna ha fatto suo, rendendolo anche il motto della casa coloniale. Di contro alle azioni di Boyd, focalizzato nel portare tutti quanti fuori dalla cittadina, Donna ha invece deciso di vivere con ciò che si ha accettando, persino, di rimanere lì per sempre. Sono entrami personaggi importantissimi ma in modi diversi. A lungo termine, sono le azioni di Boyd quelle che possiedono il peso maggiore e che influenzano il destino dei personaggi attorno a lui. Anche Donna desidera lasciare la cittadina ma non è concentrata sul domani tanto quanto lo è lo sceriffo. Per lei ciò che davvero conta è la comunità, nel qui e ora. La sua priorità è tenere tutti al sicuro e non permettere che le inimicizie e la rabbia possano intaccare la stabilità del gruppo.
Lo spaventapasseri: simbolo di forza o di vuoto?
Il paragone con lo spaventapasseri non è casuale. Come il simbolo che svetta nei campi per proteggere ciò che è vulnerabile, Donna si pone tra il pericolo e il suo gruppo. Tuttavia, proprio come lo spaventapasseri è spesso vuoto al suo interno, anche Donna potrebbe essere costretta a fare i conti con un vuoto emotivo che cerca di mascherare. Ogni volta che scaccia le paure o minimizza i sentimenti degli altri, sembra quasi che stia scacciando le sue stesse insicurezze. Nonostante ciò, alcuni momenti nella serie lasciano intravedere il suo lato umano. Ci sono crepe nella sua corazza, momenti in cui il dolore del passato o il senso di impotenza affiorano, suggerendo che Donna non è immune alle emozioni, ma le tiene a distanza per sopravvivere.
In fondo, forse, Donna non è lo spaventapasseri della debolezza, ma piuttosto una figura che la sfida costantemente, sia negli altri che in se stessa. In un mondo pieno di orrori, la sua apparente invulnerabilità è sia una benedizione che una maledizione, un promemoria che la vera forza non consiste nel nascondere le proprie fragilità, ma nel trovarvi dentro la capacità di resistere. Donna Raines rappresenta uno dei personaggi più stratificati di From (ufficialmente rinnovata per una quarta stagione!). Non è solo una leader, ma una donna che lotta con le sue paure, un faro di speranza per alcuni e una figura spaventosa per altri. In definitiva, la sua storia ci ricorda che anche chi sembra forte come una roccia può essere consumato dal vento delle proprie emozioni, e che accettare la propria vulnerabilità può essere la chiave per affrontare qualsiasi mostro, reale o metaforico.