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From è l’erede di Lost

Harold Perrinau in una scena di From
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Calma, calma. Qui nessuno ha intenzione di oltraggiare una delle serie più geniali di tutti i tempi. Lost è Lost, e Lost rimane unica e inarrivabile. Lost non ha e non avrà probabilmente mai paragoni nel suo genere, ma quando si parla di eredità è un altro discorso. Ed è un discorso che merita di essere approfondito. Ci hanno provato in tanti, a emulare Lost in questi anni. Eppure l’errore sta proprio lì, nel tentativo di emulazione. Un tentativo di emulazione che ha portato a dei fallimenti conclamati o, nella migliore delle ipotesi, a dei buoni prodotti che sono incappati nella trappola di voler provare a somigliare in maniera eccessiva alla madre di tutte le serie mistery moderne, alla magnifica e magnificamente imperfetta creatura di J.J. Abrams, Damon Lindelof e Jeffrey Lieber. Se provi a somigliare troppo a Lost ricadi nella dimensione del paragone con uno dei capostipiti della serialità, un territorio dal quale è difficile riuscire a uscire vivi, vegeti e con una propria identità definita e universalmente riconosciuta. Se da Lost invece trai ispirazione modellandone alcuni elementi cardine per costruire una tua narrazione originale, e se al contempo riesci a fare un lavoro talmente sottile da riuscire a portare nuovamente il pubblico a rivivere un determinato tipo di sensazioni che solo con Lost ha provato, allora non sarai più soggetto alla dimensione del paragone. La dimensione di cui si dovrà parlare in quel caso sarà quella dell’eredità. E From, serie che è piombata nell’universo televisivo come un uragano di cui solo ora, a distanza di un anno dalla sua prima messa in onda, si comincia a sentire globalmente il frastuono, l’erede di Lost sembra poterlo essere per davvero.

Sarà per quella faccia un po’ così di Harold Perrinau che ci ha accolti in questa coltre tetra e misteriosa ricoprente la cittadina fantasma protagonista della vicenda, che abbiamo pensato subito a Lost. Sarà per quello ma no, non è solo per quello. Il fu Micheal, oggi Boyd, è un trait d’union visivo prima ancora che implicitamente concettuale di un certo impatto, ma da solo sarebbe bastato solo per farci vivere uno straniante deja-vù destinato a dissolversi presto senza tutto quello che From ha costruito attorno al suo protagonista.

È quello spasmodico bisogno che ci pulsa dentro, il bisogno di scoprire cosa ci sia sotto che ci riecheggia delle vibes lostiane che non provavamo da troppo tempo. In From, così come in Lost, un gruppo di sconosciuti si ritrova in un non luogo dal quale non ha idea di come uscire, ma in From c’è un problema ulteriore: i personaggi non sanno neanche come ci sono finiti, lì. Se in Lost il pretesto dell’aereo precipitato fa credere inizialmente ai protagonisti di essere semplicemente vittime di una sfortuna colossale, in From c’è invece un’immediata consapevolezza della situazione: persone diverse, che si trovavano in luoghi diversi nel momento in cui si sono imbattute nella cittadina maledetta dalla quale non si può uscire, capiscono subito di essere vittime di un incubo dal quale risulta quasi subito utopistico poter evadere. Ed è questa una delle più grandi differenze con Lost, uno dei punti in cui From prende una strada alternativa alla ripetizione-fotocopia dei pattern già vissuti nella serie di JJ Abrams assumendo immediatamente identità propria: in Lost c’era sempre e comunque speranza, e alla preoccupazione di non poter tornare alle proprie vite da parte di Jack e soci, si univa la meraviglia della scoperta. From invece è una serie che si impernia su una rassegnazione contagiosa eppure non definitivamente arrendevole per mero spirito di sopravvivenza, su una sorta di speranza passiva che sa di vera disperazione. E c’è una dimensione horror che Lost ha solo sfiorato in alcuni momenti, senza mai volerla rendere parte centrale della narrazione.

La paura che provavamo nei momenti più tensivi di Lost era una paura comunque in qualche modo eccitante, mentre in From la paura che proviamo è veramente paura allo stato brado. Una paura alla quale finiamo addirittura per abituarci ma che non smette mai di spaventarci, e i mostri – sicuramente di grande impatto – sono di fatto un pretesto per metterci davanti alla materializzazione delle nostre angosce più grandi.


From diventa così erede concettuale di Lost, più che strutturale. Per quanto l’approccio al mistero sia diverso – sicuramente molto meno entusiastico – la costruzione dei cliffhanger di fine puntata, per fare un esempio, è perfettamente e meravigliosamente lostiana. E se Lost è sicuramente la prima serie che ci viene in mente pensando a From, l’unica per cui si può parlare veramente di eredità grazie a una serie di sottili elementi narrativi che ci riportano idealmente all’interno di una versione più deprimente e disastrata dell’Isola, è altrettanto vero che Lost non è sicuramente l’unica serie da cui From ha tratto ispirazione. Perchè a ben vedere in From ci sono i personaggi sinistri e rassicuranti alla Twin PeaksVictor su tutti – e c’è anche qualcosa in termini di ambientazione (il Diner sembra un classico locale da Twin Peaks), c’è la cittadina dalla quale non si può uscire in stile Wayward Pines, c’è uno sprazzo di Dark coi suoi portali magici, di cui tra gli altri ne abbiamo visto uno che porta sotto la città e in cui vivono appunto i mostri (qualcuno ha detto Sottosopra di Stranger Things?), c’è la lotta ai mostri e il mantra di restare uniti per evitare che gli uomini diventino i peggiori mostri come in The Walking Dead, c’è la sparizione di una serie di persone che svaniscono nel nulla come in The Leftovers.

E il vero capolavoro è riuscire a prendere spunto da tutti, a estrapolare molti punti di forza da diverse serie di successo e farli propri, costruendo un concept che risulta essere infine perfettamente originale nel complesso nonostante i molteplici spunti. From ha inoltre altre caratteristiche che ci dicono a chiare lettere quanto questo prodotto abbia le stimmate delle grandi serie: dalla fotografia alla regia eccellente, passando per le musiche perfettamente coerenti con lo stile della serie e arrivando all’ambientazione cupa e opprimente. Arrivata alla fine della sua seconda stagione inoltre si vede limpido all’orizzonte un futuro ancora roseo: c’è ancora molto da dire, raccontare, scoprire. E c’è ancora molto da temere.

Perchè siamo finiti qui, perchè non possiamo uscire da qui, perchè ci sono i mostri e perchè si materializzano solo di notte, perchè i talismani li allontanano, perchè a tante altre cose: le domande a cui rispondere e i misteri di From sono infiniti, proprio come in Lost. E se anche poi non si dovessero risolvere tutti, non importa: Lost ci ha insegnato che l’importante è il viaggio. E il claustrofobico viaggio di From, che ne è la sua perfetta erede, ci sta facendo impazzire come non succedeva da tempo immemore. Come non succedeva, appunto, dai tempi di Lost.

Vincenzo Galdieri