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From: sono i non-luoghi della mente a fare davvero paura

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Mi guardo intorno ed è buio. Le mura perdono la loro consistenza e un formicolio si aggrappa a un punto indefinito al centro del mio petto. Sento che si nutre di me, che scava una voragine infinita. Quella cosa indefinita piano corrode la mente, il corpo, tutto ciò che di felice galleggia in me. Non c’è una via d’uscita o una porta da aprire per respirare. Non c’è aria, non c’è speranza. Sono immobile con me stessa in un non-luogo che è difficile da analizzare. Poi basta un salto nel vuoto. Sono libera. Questa è la claustrofobica sensazione a cui mi riporta la visione di From, serie tv horror americana creata da John Griffin per Epix.

Siamo davvero sicuri che tutto ciò che vediamo non sia altro che una trasposizione allegorica ed artistica della malattia mentale, e di esperienze traumatiche del passato? La foresta di From appare sconfinata, gli alberi diventano madri gravide e improvvisate di ulteriori non luoghi, e anche i sogni prendono la brutta abitudine di non lasciarci scampo. Mi chiedo quale sia il confine che divide la realtà dalla follia. Fino a che punto un essere umano riesce a rimanere sano se rinchiuso in una gabbia senza sbarre?

Questo concetto emerge con più fervore nella seconda stagione di From, che personalmente ho apprezzato molto di più della prima.

From (640x360)
(From 640×360)

Nella prima stagione di From riusciamo a percepire un mero assaggio di filosofia, ma tutto diventa più concreto con il secondo atto. Se all’inizio vediamo un sapiente assemblaggio di dinamiche già viste, con la seconda stagione il prodotto inizia ad acquisire maggiore indipendenza, nonostate i topoi del genere siano lampanti e quasi poetici, come citazioni lasciate lì per essere ammirate. Da fan di Lost non posso fare altro che apprezzare, ma il vero coraggio è quello di saper andare oltre.

D’altronde, i mostri in From non corrono mica: si avvicinano sornioni con il sorriso stampato sul volto. Strisciano sul terreno di quel non luogo come i silenzi e i rancori. Strisciano come i segni della dipendenza di Marielle, o le cicatrici del trauma di Victor, strisciano come la volontà di Boyd di accorpare tutta la responsabilità sulle sue spalle, o come la fragile fiammella di speranza sul volto di Fatima. Ma la cosa più intrigante è che c’è ancora tanto da scoprire sui vari personaggi. Perché sono giunti al cospetto di quell’albero, accerchiati dal gracchiare dei corvi? Qual è la loro colpa? Ma, soprattutto, possiamo davvero parlare di colpe?

A questo punto non ci importa più sapere se la cittadina di From sia reale o immaginaria. Non importa, perché From ha già scavato solchi abbastanza profondi nella nostra mente.

E la cosa che spaventa di più non è la consapevolezza del non sapere nulla, ma di sentirsi come un topo con le zampe immerse nella colla. Non c’è scampo, eppure bisogna trovarlo. Bisogna continuare a lottare in bilico tra ragione e follia. Ed è solo allora che ci rendiamo davvero conto della verità: se c’è una cosa che abbiamo imparato con Jack Shephard e John Locke in Lost è che da soli non si va da nessuna parte. Nessuno si salva da solo, per citare impropriamente la Mazzantini. Questo vale anche per tutte le volte in cui ci ritroviamo rannicchiati in una caverna oscura della nostra mente. Quanto è difficile uscire dalla paralisi, c’è da diventar matti direbbe qualcuno.

Attraverso la serie tv di John Griffin comprendiamo che quel luogo mistico e spaventoso lo abbiamo vissuto in prima persona, lo abbiamo sperimentato nelle notti senza sogni, e in quelle senza sonno. Lo abbiamo sperimentato con le unghie che premono sul palmo della mano fino a sanguinare, nell’ennesimo pasto negato o in quell’abbuffata solitaria che non riusciamo a evitare, proprio come la nostra immagine distorta riflessa nello specchio. Perché tutto fa ancora più paura tra le ombre della notte, quando incontriamo qualcun altro e abbiamo la sensazione così concreta che aprendo le porte della nostra anima finiremo esanimi e svuotati di noi stessi. Allora ergiamo muraglie e talismani per tenere i mostri lontani dal nostro nido. Ma loro trovano sempre il modo.

Quanto è pericoloso alimentare quella foresta con le nostre fobie e con le nostre paralisi, il tutto mentre fingiamo di indossare il sorriso del quotidiano, come una brutta imitazione degli stessi mostri pronti a fare di noi il loro pasto prediletto. Ma da qualche parte c’è la soluzione: la piccola guida vestita di bianco che ci trascina sulla cima della torre e ci scaraventa fuori dal loop.

Ho letto spesso che From è una serie tv che fa davvero paura, eppure non ho avuto incubi di personaggi malefici pronti a scrutarmi dalla finestra, non ho sentito il ronzio di qualche insetto diabolico, o la viscida sensazione di essere in pericolo.

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From (640 x 360)

From mi ha solo fatto riflettere e mi ha riportata in quei non luoghi della mia vita che volevo affogassero nell’oblio.

From mi ha riportata a fare i conti con ricordi dolorosi che continuano a strisciare come vermi sotto pelle. Mi ha riportata in quel non luogo da cui volevo così tanto fuggire e, alla fine, sono fuggita per davvero. Ma si guarisce? Si esce davvero da quella cittadina piena di mostri quando pensiamo di averla, in realtà, sotto pelle?

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