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From 3×03 – Un passo indietro a livello narrativo (nonostante il solito finale pazzesco)

L'albero magico che caratterizza From 3, ricomparso nel terzo episodio
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Si torna sempre dove si è stati bene. O almeno, così si dice. From 3×03 rovescia però questo assunto e ci ricorda che, per quanto ci si possa illudere del contrario, si torna sempre anche dove si è stati male. Volenti o nolenti. Si torna sempre in quell’incubo a cielo aperto chiamato Fromville. Nelle recensioni delle scorse puntate avevamo parlato di come apparentemente le porte dei misteri cominciassero a schiudersi: certo, eravamo consapevoli del fatto che ci sarebbe voluto ancora del tempo, ma ci aspettavamo che la narrazione extra-Fromville, quella legata alla storyline di Tabitha, procedesse a passo lento verso qualche soluzione, verso qualche speranza concreta di dirimere il rompicapo. From 3×03 però ci riporta indietro, proprio quando qualcosa sembrava finalmente muoversi, e ci fa capire che noi spettatori siamo finiti nello stesso buco nero in cui abitano i personaggi della serie: ci illudiamo che qualcosa possa accadere, ci sono certe fasi della narrazione in cui qualcosa sembra effettivamente muoversi verso una qualche direzione, salvo poi tornare sempre e comunque al punto di partenza. Come se fossimo anche noi, assieme a Boyd e ai suoi malcapitati concittadini, finiti tutti quanti dentro un loop senza via d’uscita.

L’anno scorso avevo parlato di come From fosse l’erede di Lost, sottolineando però – tra le tante specifiche – come si trattasse di eredità concettuale, più che strutturale in tutto e per tutto. Perchè poi è ovvio che di differenze tra From e Lost – senza scomodare paragoni diretti – ce ne siano tantissime. Una di queste è senza dubbio l’approccio dei personaggi al mondo in cui vivono. Citando il mio stesso articolo di un anno fa, “in Lost c’era sempre e comunque speranza, e alla preoccupazione di non poter tornare alle proprie vite da parte di Jack e soci, si univa la meraviglia della scoperta. From invece è una serie che si impernia su una rassegnazione contagiosa eppure non definitivamente arrendevole per mero spirito di sopravvivenza, su una sorta di speranza passiva che sa di vera disperazione.” Ed è quello che succede anche in questa puntata, iniziata con Boyd pronto a suonare la carica per provare a invertire la tendenza della loro vita assieme ai mostri: il capo-branco di From si mette in testa di provare a ribaltare il tavolo, smetterla di difendersi e basta, catturarne uno e farlo parlare. Più che vera e propria volontà di potenza, però, più che come un atto attivamente rivoluzionario, suona come una forma disperatamente reattiva di provare a fare qualcosa di diverso, qualcosa che esca fuori dagli schemi prima di morirci definitivamente dentro, quegli schemi. Un momento di autodeterminazione, quello dello sceriffo, che potrebbe (dovrebbe) generare un po’ di speranza nel resto dei concittadini. E che invece viene accolto come un atto di disperata follia da parte di chi lo sta a sentire, decisamente più preoccupato di proteggere quel poco che ha. Accettando in modo sempre più evidente il silente compromesso coi mostri di vivere dentro un incubo, pur di vivere un giorno in più.

Perchè se sguazzi troppo tempo nel male, alla fine, hai pure paura ad uscirne.

Harold Perrinau in una scena di From
Credits: MGM+ – From 3×03

E così a Boyd non rimane che suonare stancamente, per l’ennesima volta, quella fottuta campana mentre pensa a come fare per fare qualcosa, nonostante la sfiducia generale che ormai avviluppa gli abitanti della marcescente cittadina. In From 3×03 (disponibile su Paramount+) si conferma comunque la coralità della narrazione, ma soprattutto si conferma un crescente – e totalmente comprensibile – stato di follia che coinvolge ormai buona parte dei presenti. Che sia follia indotta da chi c’è dietro questo alienante esperimento o sottoscala del purgatorio che dir si voglia, o provocata dagli infiniti traumi che queste persone sopportano ormai da tempo immemore, poco importa. Jim prova a dribblare la chiamata del suo finto figlio, che lo inquieta ma non lo fa cadere del tutto, e alla fine decide anche di non rispondere più. Jade – il personaggio più mistico della serie assieme a Tabitha, e uno di quelli da cui più ci illudiamo di poter avere risposte e\o illuminazioni – vede la gente morta come ne Il Sesto Senso, e come sempre capita con lui non riusciamo a capire che tipo di peso dobbiamo dare alle sue visioni: all’apparenza, per ora, niente di concreto, ma dato il pathos conferito dagli sceneggiatori ai momenti in cui è presente e dato che più spesso degli altri viene isolato narrativamente, qualcosa sotto deve esserci. Anche Randall è alle prese con insetti fantasma mentre qualcosa di concreto sta succedendo a Fatima (avevamo parlato qui di tutte le teorie sulla sua oscura gravidanza), che stavolta viene colta in flagranza di reato mentre mangia le verdure marce da un’anziana signora che prima prova a rassicurarla senza successo e poi decide di farle i tarocchi, ma giusto il tempo di cominciare e un inquietante uccellaccio del malaugurio spacca i vetri della casa e si schianta contro il muro. Anche qua, forse, ne sapremo di più la prossima volta, ma magari in realtà no.

From 3×03 è stata una puntata dal ritmo più blando rispetto alle due precedenti, con pochi momenti cult veramente significanti a riempire l’episodio e che si è quasi deresponsabilizzata nella parte centrale lasciando tutto in mano al solito scoppiettante finale, come sempre condito da un cliffhanger che ci farebbe venire voglia di guardare subito la puntata successiva ma sappiamo bene che dovremo aspettare ancora una settimana. Un finale in cui Tabitha e il padre di Victor si stanno dirigendo in macchina verso l’albero che potrebbe contenere tutte – o almeno alcune – delle risposte che stanno e stiamo cercando, ma a cui non arriveranno mai perchè la donna decide di fermare l’operazione, provocando di fatto l’incidente che porterà lei, il padre di Victor e due malcapitati paramedici nuovamente dinnanzi a quel maledetto albero che blocca la strada. Si torna sempre dove si è stati male, e a quanto pare per Tabitha è arrivato il momento di tornare a Fromville. La sua gita nel mondo reale è già finita, almeno per il momento. E ci sono varie possibili spiegazioni dell’accaduto: potrebbe anche essere che come lei stessa sospetta, nel mondo reale non ci sia mai stata (se volete approfondire, ne abbiamo parlato qui).

Nonostante il consueto finale di puntata attraente ed entusiasmante in pieno stile From, va senza dubbio messo a referto un passo indietro a livello narrativo rispetto ai precedenti episodi. Eravamo molto affascinati dall’idea che la narrazione potesse proseguire sulla linea della duplice dimensione tracciata all’inizio di questa terza stagione, sospesa a metà tra la raccapricciante Fromville e il mondo reale (o qualsiasi cosa esso fosse): rinchiudere di nuovo tutto all’interno dell’orrenda cittadina, buttando la chiave, potrebbe comportare un serio rischio di appiattimento narrativo. La probabile riconciliazione tra Victor e suo padre ci farà piangere parecchio, lo sappiamo già, e al contempo la contemporanea presenza dei due a Fromville, con Tabitha e Boyd a fare da registi, potrebbe anche sbloccare dei tasselli finora invisibili che potrebbero portarci (e soprattutto, portarli) a qualche risoluzione. Questo è ciò che ci aspettiamo, ma rimaniamo dell’idea che riportare indietro Tabitha sia stata una scelta poco coraggiosa. Ha una sua poesia, certo, perchè ci ricorda che non si scappa così facilmente da mostri e incubi. Ma insomma, diciamoci la verità: ci siamo innamorati di From perchè rispetto ad altre serie del genere non è quasi mai caduta in meccanismi di prevedibilità. E la speranza è che questa discutibile scelta narrativa sia soltanto un male necessario per portare la serie ancora a un altro livello.

Vincenzo Galdieri