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La seconda stagione di From è davvero tanto inferiore alla prima?

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Le seconde stagioni sono (quasi) universalmente riconosciute come il grande muro da scavalcare per qualsiasi serie tv che voglia durare a lungo. Perché? Perché una seconda stagione ha sia l’onore di rappresentare la buona riuscita dopo una scommessa iniziale (che è appunto quella incognita della prima stagione), sia l’onere di mantenere alto il livello qualitativo e la soglia dell’attenzione dello spettatore. Tanto da garantire un ulteriore rinnovo. Esiste una legge non scritta, infatti, per cui una volta superato lo scoglio della seconda stagione, la terza è solitamente la migliore di tutto lo show. Dimostrateci che non è così. Altro importante fattore da tenere a mente è che non sempre una seconda stagione viene prodotta e scritta a fronte di un piano premeditato e che, anzi, è spesso il risultato di un rinnovo inatteso. Ecco perché il destino di uno show si decide al secondo giro. E per “destino” non ci riferiamo tanto alla sua cancellazione o alla sua sopravvivenza ma al modo in cui verrà ricordato dal pubblico. Ci sono parecchie serie tv, anche recenti, che dopo una prima stagione mozzafiato si sono rivelate una quasi totale delusione con le loro seconde stagioni: The Witcher, Shadow & Bone, The Umbrella Academy. Show che sono stati stroncati da una ritorno poco convincente e che ha, inevitabilmente, influenzato il loro futuro e la ricezione da parte del pubblico. Rinnovo o meno.

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Altri illustri esempi del passato dimostrano, al contrario, come una seconda stagione possa diventare, con il tempo, il faro dell’intera narrazione – è il caso di Lost, AHS, The Marvelous Mrs. Maisel e sì ci azzardiamo a dire anche Game of Thrones. Oppure, per altre serie tv, il secondo round si è rivelato un ostacolo superato in maniera egregia per fare meglio la volta dopo. Pensiamo magari alla seconda stagione di Once Upon a Time che ci ha portato, però, sulle spiagge e lungo il sentiero dorato della terza. O ancora alla seconda tornata di episodi di Stranger Things, sottotono rispetto alla prima ma collante necessario per la meravigliosa terza e quarta.

Quale sarà stato dunque il destino della seconda stagione di From?

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Harold Perrineau (640×360)

ATTENZIONE! L’articolo che segue potrebbe contenere spoiler.

Reduce dallo straordinario quanto inaspettato successo della prima stagione, lo show distribuito in Italia da Paramount + è diventato, in pochissimo tempo, uno dei migliori programmi horror degli ultimi cinque anni. Suspense, mistero e terrore sono gli elementi principali gettati dentro questo calderone delle streghe. Mescolati insieme troviamo anche personaggi intriganti, backstories non banali e un Harold Perrinau nelle vesti di sceriffo protagonista. Reggere le aspettative, scatenate dopo il primo giro di giostra, è stato dunque un imperativo fondamentale della seconda stagione di From. Una stagione che, secondo la nostra modesta opinione, si è confermata all’altezza della precedente tra nuovi inquietanti interrogativi e un colpo di scena finale che ci ha lasciati affamati di nuovi episodi. Prima però di analizzare i lati positivi di questa seconda stagione, sarà meglio staccarsi di netto il proverbiale dente e parlare anche di quelli negativi.

Cosa non ha funzionato, quindi, in questi dieci nuovi episodi? Gli errori più gravi si notano nel reparto sceneggiatura. Se, infatti, la prima stagione non risultava quasi mai banale, stavolta si scade, spesso e volentieri, in luoghi comuni ormai triti e ritriti. Bulletti di quartiere che pensano di aver capito tutta la storia per poi rimanere con un paio di mosche in mano. Promesse di vendetta sbandierate ai quattro venti. Misericordia e pietà ma solo finché non ci va di mezzo un membro della famiglia. Ma quella che più di tutte, davvero, si sarebbe potuta evitare è l’assurdità che segue: gli stessi personaggi intrappolati da mesi, se non addirittura anni, all’interno di un non-luogo dove la notte si aggirano mostri famelici e i cavi elettrici non sono collegati a nulla, sono gli stessi personaggi che hanno difficoltà a credere che ci possa essere un uomo incatenato nella foresta.

Di fronte a questa mancanza di coerenza, sfortunatamente comune in narrazioni a tinte horror e/o fantasy, non può che farci alzare gli occhi al cielo sospirando stancamente. Non è infatti plausibile che, alla luce di tutti gli agghiaccianti avvenimenti nella città fantasma, sia così impensabile credere che qualcosa di molto più oscuro e spaventoso risieda in agguato nel folto del bosco.

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Tabitha (640×427)

Purtroppo, non possiamo dirci del tutto soddisfatti nemmeno dell’evoluzione di certe figure femminili. Le donne di From non hanno ricevuto esattamente un trattamento di favore in questa seconda stagione. Esclusa Donna, infatti, nessuna delle protagoniste è stata scritta con la stessa cura e attenzione riservata alla maggior parte dei personaggi maschili, scadendo, anche in questo caso, molto spesso nello stereotipo. Donne isteriche, impaurite, problematiche che potrebbero davvero dare molto di più ma subiscono una scrittura che non rende loro onore.

Infine, l’ultimo punto negativo è più una paura futura. Al momento, infatti, From sta giocando molto bene le sue carte catturando l’attenzione dello spettatore puntata dopo puntata con domande e cliffhanger ben assestati. Il problema del mettere così tanta carne sul fuoco, però, è che il rischio di bruciarsi lasciando buchi di trama sparsi diventi ancora più grande. Solo il tempo però potrà dirci se From sarà stato in grado di gestire la sua trama corposa.

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Sara e Boyd (640×426)

Proprio in relazione alla trama corposa è finalmente giunto il momento di parlare dei lati positivi di questa seconda stagione che no, non è affatto peggiore della prima, solo diversa. Se la prima stagione, come ogni prima stagione che si rispetti, aveva l’obiettivo primario di presentare i personaggi principali e la trama, già con con questi nuovi dieci episodi i propositi si sono dimostrati decisamente più ambiziosi. Mentre sono stati introdotti gradualmente nuovi personaggi secondari, quelli principali vengono approfonditi sempre di più. Abbiamo modo di comprendere meglio le motivazioni, i desideri e i sogni dei nostri protagonisti. Siamo lontani anni luce dall’esplorazione coinvolgente delle vite dei sopravvissuti del volo Oceanic 815, ma siamo senza dubbio di fronte a uno show che tiene in gran conto l’approfondimento psicologico. Approfondimento assente dalla stragrande maggioranza delle serie tv moderne, più concentrate sull’azione e il colpo di scena che sull’emozione e la psicologia.

Pur focalizzandosi molto sull’aspetto personale, From non perde certo il proprio focus sull’ambientazione e i suoi misteri. Al pericolo dei mostri notturni si aggiungono nuovi e spaventosi terrori, una minaccia senza nome e paure sepolte nel folto della foresta. Il carillon, Martin e le cicale hanno costituito materiale da incubo sufficiente per i mesi a venire. Insomma From non ha paura di osare e spingersi oltre i limiti che lui stesso si è posto inizialmente.

La paura fa davvero novanta con la serie tv creata da John Griffin. Tra riferimenti a Nightmare, all’universo lovercraftiano e a The Village, From si è confermato uno show che cura fin nei minimi dettagli la storia che vuole raccontare facendo appello alle nostre paure più profonde e ai lati oscuri dell’animo umano. Sopra ogni altro, il vero pregio di questa serie tv è anche ciò che la distingue da un panorama televisivo monotono e uguale: la lentezza. Proprio così. From si prende i suoi tempi fregandosene dei ritmi serrati della serialità moderna. La storia procede con calma, i personaggi vengono esplorati per gradi. In questo suo procedere adagio, From è forse la vera erede moderna di Lost.

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