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FUBAR è una Citadel che si è presa molto meno sul serio. E ha fatto benissimo

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L’uscita dell’ultima puntata di Citadel è praticamente coincisa con il rilascio completo di FUBAR. Per un attimo, dunque, le due serie concorrenti si sono sovrapposte ma la prima aveva già segnato il suo destino mentre per la seconda il futuro era ancora tutto da scrivere (e per dovere di cronaca vi diciamo che FUBAR è stata confermata anche per la seconda stagione).
Entrambe le serie hanno raccontato una storia di spionaggio ma non hanno usato gli stessi ingredienti. A cominciare dalla coppia protagonista. In Citadel, infatti, i due protagonisti appartengono alla stessa generazione e instaurano un legame lavorativo che va oltre diventando amoroso creando così, seppur per breve tempo, una coppia. In FUBAR, invece, i due protagonisti appartengono a generazioni diverse, ignorano di esser colleghi e quando lo scoprono allo stesso tempo si rendono conto di avere un legame famigliare.
Anche l’ironia, elemento ormai imprescindibile nei thriller, utile ad allentare la tensione, è presente in entrambe. Con risultati estremamente differenti. In Citadel, infatti, le poche battute presenti sono esagerate, fuori contesto, danno ai personaggi quell’aura sprezzante e sarcastica che, più che alleggerire, tendono a fare innervosire lo spettatore. In FUBAR, invece, l’uso dell’ironia è una costante, anche nei momenti più drammatici ma non risulta mai fastidiosa, anzi: strappa più volte il sorriso a chi guarda rendendo la storia scorrevole e divertente.
In sostanza Citadel , nome di un’agenzia di spionaggio internazionale, e FUBAR, acronimo di F**ked Up Beyond All Recognition (or Repair), hanno due approcci diversi con due risultati opposti. La prima risulta a old style, dà l’impressione di esser già stata vista, con i soliti personaggi stereotipati. La seconda, invece, azzeccando i tempi giusti, è divertente, brillante, scorre in fretta e non annoia mai. Una, la prima, si prende troppo sul serio; l’altra, la seconda, non lo fa. Risultando alla fine vincitrice del duello tra Prime Video e Netflix, le rispettive piattaforme streaming produttrici.

Ironia, principalmente. Ma anche tanta, tanta autoironia. Perché FUBAR prende in giro soprattutto se stessa e ciò che dovrebbe rappresentare. Ed è per questo, probabilmente, che non è stata presa sul serio dal pubblico che l’ha, invece, snobbata o, comunque, non le ha tributato il successo che avrebbe meritato.
Dunque, siamo di fronte a un paradosso: non prendersi sul serio per esser presa sul serio. Un paradosso che, a leggere le recensioni dei professionisti, pare non sia stato compreso. Su Metacritic, infatti, la media dei giudizi della critica è un misero 4.8, mentre su Rotten raggiunge il 5 (su IMDB la valutazione è di 6,5 con oltre 20mila voti).
Per dovere di cronaca noi di Hall of Series abbiamo dato una recensione più che positiva della serie specificando che non si tratti comunque di un capolavoro. Perché FUBAR sa qual è il suo compito e lo fa in maniera egregia: intrattenere.

FUBAR
Emma Barbaro e Arnold Schwarzenegger 640×360

Intorno alla fine degli anni Novanta le serie televisive hanno iniziato a cambiare drasticamente. Gli autori hanno cercato di creare nuovi personaggi che uscissero dallo schema binario e riduttivo del buono/cattivo. Hanno sfruttato l’ambiguità dell’essere umano rendendo, di fatto, i personaggi principali non più degli eroi indiscutibili ma degli antieroi dalla dubbia moralità, capaci di fare di tutto per raggiungere il loro scopo.
Homeland, per fare un esempio che rientra nell’ambito delle spy stories, ha come protagonista Carrie Mathison, una donna che non si fa scrupoli di alcun genere per portare a termine la sua missione. Ma Carrie è soltanto un esempio tra i tanti che potremmo fare.
Nel campo delle spy stories si può dire che sia stato finalmente messo in naftalina il personaggio alla James Bond preferendo storie più intricate e meno spettacolari, più verosimili e meno impensabili.
Citadel riprende un po’ il genere eccessivamente spettacolare (d’alto canto pare sia stata un’espressa richiesta dei dirigenti di Prime Video) con personaggi patinati, seducenti, che uccidono mille nemici senza mai ricaricare un colpo. Anche FUBAR lo fa ma con l’aggiunta della presa in giro per evidenziare l’eccessiva spettacolarizzazione.
Come se la prima non si rendesse conto di aver esagerato. Anzi, con la convinzione di esser sulla buona strada si sentisse in dovere di poter amplificare ancora di più i suoi eccessi. Mentre la seconda strizzando l’occhio al pubblico attraverso le battute lo avvisasse che sì, abbiamo esagerato ma siamo i primi a non crederci.

Arnold Schwarzenegger, protagonista della serie Netflix, in occasione della sua presentazione ha voluto dare al pubblico e ai suoi fan, un’avvertenza: “FUBAR non va presa troppo seriamente perché c’è il rischio di fraintenderla. Va presa per quello che è: puro e semplice intrattenimento“.
Del resto lo showrunner Nick Santora ha avuto modo di dire: “FUBAR è un omaggio ai film degli anni Novanta, quelli pieni d’azione e di battute iconiche, dette per sdrammatizzare la situazione. Un po’ Die Hard, un po’ True Lies, la serie fa ridere mentre i cattivi vengono spazzati via“.
Proprio True Lies potrebbe essere il punto di riferimento per comprendere meglio la serie in onda sulla piattaforma streaming americana. Il film di James Cameron del 1994 fu un successo strepitoso che a distanza di quasi vent’anni risulta ancora un caposaldo del genere. Un film nel quale la violenza esagerata diventa quasi fumettistica per via dell’umorismo costante perdendo, in un certo senso, di credibilità.

Arnold Schwarzenegger 640×360

Una credibilità che la serie di Nick Santora sembrerebbe non voler avere nonostante gli argomenti trattati che vanno ben oltre la semplice spy story. All’interno delle otto puntate, infatti, viene analizzato il rapporto intergenerazionale tra la spia senior e quella junior, quello tra padre e figlia e quello tra marito e moglie. Viene posto l’accento sulla menzogna, parte integrante della vita di una spia, e su come questa influenzi negativamente la vita di chi la dice e di chi l’ascolta. Viene evidenziata la difficoltà di scindere l’amicizia dal lavoro e di come spesso dai colleghi si esiga un comportamento più da amico che da professionista rischiando di rovinare entrambi i rapporti.
Insomma, FUBAR mette parecchia carne al fuoco ma tra una sparatoria e l’altra è in grado di gestire molto bene la cottura degli argomenti utilizzando, tra l’altro, una notevole quantità di citazioni dalla carriera di Arnold Schwarzenegger (Predator, I gemelli, Un poliziotto alle elementari, Terminator, Last Action Hero e il già citato True Lies) nonché le sue origini austriache.

Si ride ma lo si fa con cognizione di causa, seguendo un filo logico, mai a casaccio. Soprattutto mai senza un rimando successivo. Come nelle sedute con lo psicologo della CIA, in particolar modo quelle con i pupazzetti rappresentanti Luke (Arnold Schwarzenegger) e la figlia Emma (Monica Barbaro). In questa scena, che è stata girata diverse volte perché i due attori non riuscivano a restare seri, vediamo un padre e una figlia mostrarsi attraverso gli occhi dell’altro. Emma infatti, agitando il pupazzetto del padre fa la voce grossa e impartisce ordini da padre-padrone . Luke invece, agitando quello della figlia, è sguaiato e presuntuoso.
I due devono interrompere la seduta per una emergenza, con grande sollievo di entrambi, ma si portano dietro gli effetti che il gioco di ruolo ha loro scatenato dentro e che saranno utili per metter fine alla missione e trovare una riconciliazione finale.

FUBAR
Emma Barbaro e Arnold Schwarzenegger 640×360

Intrattenere. Far passare il tempo in maniera gradevole, tenere compagnia in modo piacevole. Una parola chiave dal significato chiaro, inequivocabile. Parola che molto spesso tendiamo a usare per etichettare un genere, le comedy, a dispetto di tutte le altre. Come se soltanto ridendo si accedesse al diritto di essere intrattenuti.
Gli show che guardiamo possono regalarci momenti indimenticabili, emozioni forti e quando lo fanno hanno raggiunto lo scopo prefissato. Ma possono anche semplicemente compiere il loro compito distraendo lo spettatore dalla sua quotidianità regalandogli spensieratezza.
FUBAR da questo punto di vista è perfetta perché assolve in pieno quello che dovrebbe fare una serie televisiva. Non ha la pretesa di sconvolgere le nostre vite ma lascia quel semino che non le permetterà di venir dimenticata una volta vista.
A patto che non la si prenda troppo sul serio. Esattamente come ha fatto lei per prima prendendosi in giro dalla prima all’ultima puntata.