Nelle storie che ascoltiamo, leggiamo, guardiamo ci sono personaggi che, a seconda della bravura dell’autore, godono di un diverso livello di complessità. Con un’analisi un po’ semplicistica e senz’altro manichea, possiamo distinguerli in “buoni” e “cattivi”. Se il percorso narrativo del “buono” ci appare solitamente abbastanza lineare e comprensibile, capita più frequentemente che quello del “cattivo” sia ondivago. Quando il “cattivo”, poi, è particolarmente riuscito, ci troviamo spesso di fronte a una personalità prismatica, tanto vasta da contenere al suo interno contraddizioni spesso insanabili. In questi articoli, cercheremo di indagare le storie, gli indizi, i topoi dei “cattivi” più riusciti delle narrazioni seriali e cinematografiche. Oggi iniziamo con una cattiva che non è stata considerata tale per gran parte della storia che la vede tra i suoi protagonisti: Daenerys Targaryen.
Dobbiamo partire dalla parola chiave della nostra indagine: cattivo. Cosa significa “cattivo”? Le risposte potrebbero essere molteplici e differenti, ma è importante fare chiarezza per capire di cosa stiamo parlando. La parola “cattivo” deriva dal latino captivus, ovvero prigioniero, originariamente prigioniero di guerra che vive in stato di schiavitù.
Quindi un cattivo è un prigioniero, una persona non libera. Ma prigioniero di cosa? Di se stesso, delle condizioni esterne? Di un’ingiustizia? Di un trauma? Della sventura? Di cosa è prigioniera Daenerys Targaryen, distruttrice di catene?
“Molti uomini hanno cercato di uccidermi. Troppi per ricordarmeli. Sono stata venduta come una giumenta. Sono stata incatenata e tradita, violentata ed infangata. E sai cosa mi ha tenuto in piedi in tutti questi anni di esilio? La fede. Non in qualche dio. Non in miti e leggende. In me stessa. In Daenerys Targaryen. Il mondo non vedeva più un drago da secoli quando i miei tre figli sono nati. I Dothraki avevano paura del mare. Di qualunque mare. L’hanno solcato per me. Io sono nata per regnare i Sette Regni. E così farò.”
Daenerys Targaryen a Jon Snow
Forse è racchiuso tutto in questa citazione il senso dell’analisi che vorremmo portare avanti. Infatti, in questo stralcio di dialogo, Daenerys sintetizza due pilastri della lettura che si potrebbe dare del suo personaggio, cioè le violenze subite e la cieca fede in se stessa portata quasi all’idolatria: Daenerys Targaryen è destinata a sedere sul Trono di Spade.
D’altronde cosa possiamo aspettarci da un personaggio che, regnando solo per un giorno (dando comunque origine, dunque, alla seconda dinastia Targaryen), si fregia di tale titolo: Regina Daenerys, della Casa Targaryen, Prima del Suo Nome, Regina degli Andali, dei Rhoynar e dei Primi Uomini, Signora dei Sette Regni e Protettrice del Reame. E non dimentichiamoci che lei, prima di tutto, è madre dei Draghi.
Secondo la biografia di Daenerys, nella parte che ci viene solo raccontata e non mostrata nelle serie tv, lei nasce già con un fardello piuttosto pesante da portare. Viene concepita durante la ribellione che portò Robert Baratheon a usurpare il trono al padre di Daeneryes, Aerys II Targaryen. Per questa ragione, Rhaella, madre di Daenerys e il fratello maggiore Viserys fuggirono, trovando rifugio a Roccia del Drago. Sua madre muore dopo averla data alla luce e una terribile tempesta si abbatte sull’isola, valendole così il nome di Nata dalla Tempesta.
Già dall’inizio di Game of Thrones la storia di Daenerys è una storia di soprusi. Figlia dell’ultimo re della dinastia Targaryen, è in esilio con il fratello sull’isola di Pentos quando viene letteralmente venduta come sposa a Khal Drogo, capo dei Dothraki.
Daenerys, quindi, ancora molto giovane, fa la sua apparizione nella storia come merce di scambio: il fratello, infatti, vendendola a Drogo spera di potersi servire delle armate Dothraki per riconquistare i Sette Regni. Tuttavia, contestualmente a questo secondo enorme sopruso (il primo possiamo rinvenirlo nell’esilio cui è obbligata e nel drastico abbassamento della classe sociale d’appartenenza), le viene anche fatto un dono che determinerà gran parte (se non interamente) la sua sorte: tre uova pietrificate di drago, che, contro qualsiasi pronostico (i draghi sono spariti da trecento anni) si schiuderanno dando vita a Drogon, Rhaegal e Viserion, che ella considera suoi figli.
Ma facciamo un passo indietro, e vediamo il percorso che la porta a questa inedita forma di maternità. Rimasta incinta di Drogo, il loro figlio sarà lo stallone che monta il mondo raccontato dalle profezie Dothraki. Dopo aver ucciso Viserys, che ha profanato la città sacra, Drogo resta ferito in battaglia. Daenerys allora ordina a una donna di salvarlo, ma lei lo avvelena. La Khaleesi (regina, in lingua Dothraki) le ordina allora di resuscitarlo. Tuttavia, durante il rituale, Daenerys perde il figlio e uccide infatti l’involucro vuoto che è il corpo di Drogo tornato a vita nuova. Proprio in questo momento in cui la tragedia di Daenerys sembra essere all’apice, ella si trasforma in ciò che è e sarà nel corso di tutta la serie: madre e assassina. Daenerys sceglie la vendetta. Questo è importante perchè ci fornisce un importante indizio circa il carattere del personaggio. Ella ordina quindi di bruciare nella pira la donna che ha causato la morte di Drogo ed entra nel rogo con lei, tenendo nelle mani le tre uova di drago pietrificate che le erano state donate. Questo ulteriore evento traumatico le vale i titoli la non Bruciata e Madre di Draghi. In questo momento, tre Dothraki si uniscono a lei giurandole fedeltà, iniziando a formare il suo esercito e rendendola a tutti gli effetti Khaleesi.
Ecco che quindi Daenerys ci si presenta subito con una ferita e un dono. Vedremo che queste due componenti sono spesso gli ingredienti fondamentali alla creazione dei villain più feroci e riusciti della storia seriale e non solo. Siamo tuttavia solo all’inizio del suo percorso e degli eventi che andranno a nutrire la parte più irrisolta e oscura di Daenerys.
Un altro importante tassello nella costruzione di questo personaggio lo troviamo nella città di Qarth. I Tredici vogliono vedere i draghi in cambio dell’ospitalità nella loro città. Daenerys rifiuta, ma uno di loro si schiera dalla parte della nostra eroina con un patto di sangue e permette loro l’accesso oltre le mura. Qui Daenerys subirà un altro tradimento, che porterà al rapimento dei draghi e alla morte di una sua ancella. È stato il mercante che aveva assunto il ruolo di suo protettore a tradirla. Si troverà poi a dover fronteggiare una prova molto difficile. Per recuperare i suoi figli, infatti, entrerà nella Casa degli Eterni dove esperirà l’illusione dei suoi sogni futuri o abortiti: prima il Trono di Spade, poi Khal Drogo con in braccio il loro figlio mai nato. Daenerys, tuttavia, procede, tenendo saldo il suo proposito di salvare i draghi e, grazie alla loro forza di fuoco, riuscirà a sconfiggere il nemico e a lasciare la città.
Chiuso il capito di Qarth, ci troviamo nella Baia degli Schiavisti e qui dovremmo iniziare a scorgere con più chiarezza il temperamento e l’attitudine del personaggio che ci troviamo davanti. È proprio in questi luoghi che Daenerys costituirà il suo esercito e creerà i legami emotivamente più significativi, con Missandei prima e Daario Naharis poi.
Siamo ad Astapor, la più a sud tra le città-stato della Baia. In questo segmento narrativo, inizia a prendere vita il progetto politico – ideologico di Daenerys e al contempo quello bellico. Uno schiavista vuole vendere al miglior offerente i suoi ottomila Immacolati. La nostra khaleesi, quindi, propone uno scambio: gli Immacolati e di Missandei, la serva del comandante, in cambio di Drogon, uno dei suoi figli – draghi. Una volta conclusa la transazione, però, Daenerys comanda all’esercito di uccidere tutti i padroni e liberare gli schiavi. È la seconda volta che Daenerys agisce con una violenza spietata e in un’ottica punitiva.
Gli Immacolati, liberati dalla khaleesi, non l’abbandonano, diventando, di fatto, il suo esercito.
Ma è a Meereen che assistiamo a quello che, almeno secondo chi scrive, può rappresentare il vero e proprio turning point della storia di Daenerys. La Distruttrice delle Catene, infatti, conquisterà anche l’ultima roccaforte delle città schiaviste: Meereen, appunto. Tuttavia, una volta liberati gli schiavi, Daenerys crocifiggerà i padroni come loro avevano fatto con i bambini. Come delle macabre edicole, infatti, lungo la strada per raggiungere Meereen, avevamo visto i corpicini straziati, simbolo di una crudeltà indicibile. La scelta della Madre dei Draghi, però, dovrebbe porci quantomeno un interrogativo. Non è la prima volta che Daenerys ripaga la crudeltà con crudeltà, come abbiamo visto, ma allora, quale ci aspettiamo possa essere l’epilogo? Cosa ci dice questo del personaggio che acclamiamo come liberatrice? Quale il meccanismo che ne guida le scelte? Sarà Jorah, uno dei suoi compagni più importanti, a porre l’attenzione su questo punto: è saggio sterminare tutti i padroni? È questo il modo in cui vuole essere “regina”? La risposta è semplice: o accetteranno le sue regole o moriranno. All’interno dei meccanismi di potere che ci racconta la serie, questa modalità di ragionamento è comprensibile, ma Daenerys non solo non sta superando il suo “difetto fatale”, semmai lo sta accentuando in un climax di fame di potere (seppur declinato in chiave rivoluzionaria e di lotta alla schiavitù). E proprio Jorah, colui che poteva guidarla nel superamento degli ostacoli che campeggiano dentro di lei, si scoprirà traditore (un altro!) e verrà cacciato da Daenerys.
I due personaggi che svolgono il ruolo di consiglieri più fidati e possibili salvatori della Khaleesi da se stessa e dai suoi impeti crudeli e dispotici, sono Jorah e Tyrion. Sono loro che più volte la invitano a riflettere sulle proprie scelte spietate, a proporle soluzioni differenti, più mediate, ma raramente Daenerys segue i loro suggerimenti. Quando quest’ultima vuole uccidere i padroni, una volta tornata a Meeren, Tyrion cerca di farla rinsavire ricordandole la follia del padre (non a caso ricordato come il Re Folle). Quando si analizza un personaggio non si può prescindere dal suo background e l’ultima regina Targaryen è geneticamente portata alla follia. Considerando anche le pratiche incestuose su cui tipiche della sua dinastia, non è difficile pensare che questo germe di pazzia sia anche in Daenerys.
Nelle ultime due stagioni, quelle in cui Daenerys sarà in parte impegnata nella guerra contro gli Estranei e nella vicenda amorosa che la lega a Jon Snow, la sua fame di potere e di riconoscimento è palesata in diverse occasioni. Jon stesso viene invitato ripetutamente a inginocchiarsi davanti a lei e a riconoscerla come unica regina. Una sorte ben peggior tocca a Lord Tarly e suo figlio che, proprio essersi rifiutati di inchinarsi, nonostante Tyrion inviti Daenerys alla pietà, verranno bruciati vivi. Non le importa nulla di piacere a Sansa, quello che conta è che la riconosca come regina.
L’arco narrativo di Daenerys riceve altri pesanti scossoni: due dei suoi figli-draghi vengono uccisi, Viserion, dal Re della Notte, Rhaegal dai dardi della Flotta di Ferro capitanata da Euron Greyjoy. Come se non bastasse, Missandei viene decapitata davanti ai suoi occhi per decisione di Cersei che non voleva arrendersi. L’ultimo tassello capace di completare il puzzle del carattere che stiamo analizzando è Jon Snow. Quest’ultimo, infatti, non è solo l’uomo di cui si innamora, ma – come Daenerys scoprirà nel corso della narrazione – anche suo nipote e quindi il legittimo erede al Trono di Spade. Questo la rende improvvisamente seconda in linea di successione. Questa è la cosa che conta maggiormente per lei, tant’è che obbliga Jon a tenere segreta la sua identità. Sarà invece Varys, molto preoccupato per il comportamento della regina, a comunicare nei Sette Regni la vera identità di Jon Snow e a tentare di avvelenarla, proprio per questo lei lo brucerà.
Come, d’altra parte, farà, ormai in preda ad una furia folle, ad Approdo del Re, ardendo vivi moltissimi innocenti: uomini, donne, bambini. Nel suo discorso di insediamento dice di voler liberare tutto il mondo conosciuto dai vecchi tiranni, ma lei chi è, se non un tiranno nuovo?
Quando Daenerys si avvicina finalmente al Trono di Spade, come aveva prefigurato la sua visione nella Casa degli Eterni a Qarth, viene raggiunta da Jon. Lei gli propone di governare insieme, ma Jon le domanda come si comporterà con chi ha intenzione di opporsi a lei e lei lo mette di fronte alla sua irremovibile e dittatoriale visione: non avranno altra scelta, dovranno obbiderle. Questo discorso non dovrebbe stupirci particolarmente, è perfettamente in linea con quanto ha sempre rivendicato e dimostrato Daenerys. Sarà Jon a fermarla: mentre i due si abbandonano a un bacio appassionato, lui la pugnala. Drogon raccoglierà il corpo e lo porterà via per sempre.
Molti critici e fan hanno contestato il cambio repentino del personaggio di Daenerys, sostenendo che la crudeltà mostrata in precedenza era sempre manifestata nei confronti di personaggi negativi, ma riteniamo che concetti come buono o cattivo, giusto o sbagliato siano personali, assolutamente soggettivi. Semplicemente, gli spettatori hanno smesso di “condividere” le sue valutazioni, ma nulla nel suo comportamento risulta fuori dallo schema che si è ben sviluppato e arricchito nel corso delle otto stagioni di Game of Thrones.
Concludiamo dicendo che, tra gli epiteti riservati a Daenerys, forse quello che più ne è rappresentativo è anche il più antitetico con la realtà interiore e l’arco di narrazione del personaggio analizzato: una distruttrice di catene che, tuttavia, non è riuscita a liberarsi delle proprie.
Elisa Belotti